Così Popolare di Vicenza e Veneto Banca chiedono 5 miliardi allo Stato

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-03-18

BPVI E VB il sostegno finanziario straordinario dello Stato per riuscire a salvarsi. Un contributo alla riduzione degli aiuti di Stato potrebbe venire dal fondo Atlante

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La Banca Popolare di Vincenza e Veneto Banca (BPVI) hanno chiesto il sostegno finanziario straordinario dello Stato per riuscire a salvarsi. BPVI, infatti, ha comunicato al ministero dell’Economia e delle Finanze, Banca d’Italia e Banca Centrale Europea l’intenzione di accedere alla ricapitalizzazione precauzionale. Il Piano industriale 2017-2021 dell’Istituto di credito prevede il progetto di fusione con il Gruppo Veneto Banca e un intervento di “rafforzamento patrimoniale – evidenzia la Popolare di Vincenza – da realizzare nel 2017”.

Così BPVI e Veneto Banca chiedono 5 miliardi allo Stato

E proprio nell’ambito delle modalità di reperimento dei capitali necessari ad implementare la ricapitalizzazione la Popolare di Vicenza “ha comunicato – prosegue la nota dell’istituto di credito – l’intenzione di accedere al sostegno finanziario straordinario e temporaneo da parte dello Stato”. Già nei giorni scorsi BPVI e Veneto Banca avevano riunito i rispettivi Cda per approvare la risposta da inviare alla Bce, che aveva chiesto ai due istituti come intendessero finanziare i propri fabbisogni di capitale sulla base di piani industriali stand alone e non di quello congiunto legato al progetto di fusione. Nelle lettere, spedite singolarmente, sarebbe stato ribadito che i due istituti ritengono di avere i requisiti per accedere alla ricapitalizzazione precauzionale.

banche venete BPVI
La crisi delle banche venete (Corriere della Sera, 18 marzo 2017)

Per le banche, inoltre, i fabbisogni di capitale – stimati in circa 5 miliardi di euro – devono essere valutati sulla base del progetto di fusione sottoposto alla Bce, considerato un passaggio imprescindibile per il loro rilancio. Un contributo alla riduzione degli aiuti di Stato potrebbe venire dal fondo Atlante, socio al 99% di entrambe le banche, che non ha ancora preso una posizione in merito alla nuova ricapitalizzazione. Ma l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, non sembra tanto ottimista: “Atlante è pronta a comprare sofferenze, francamente mi sembra che più di quello che ha fatto non possa fare. Credo ci sia ancora un percorso da portare avanti tra Bce, commissione europea e ministero dell’Economia, e credo che si tratti di un dossier sul quale ci deve essere un’attenzione alta”. Nell’articolo a firma di Katy Mandurino oggi pubblicato sul Sole 24 Ore si spiega:

Si può presumere, dunque, che lo Stato entri nel capitale a maggioranza. La situazione resta ingarbugliata: ora si dovrà attendere il via libera della Commissione europea e della Bce sulla richiesta di aiuti di Stato e conseguentemente sul progetto di fusione, che sembra allontanarsi. Sempre giovedì, un altro segnale ha insospettito in questo senso: le dimissioni dal cda della Popolare di Vicenza del consigliere Francesco Micheli, ex presidente del Casl, l’organismo sindacale dell’Abi, che secondo voci era entrato lo scorso luglio nel board della BpVi per poi, dopo la fusione, assumere posizioni apicali.
Un ulteriore segnale negativo è giunto ieri sul fronte delle valutazioni internazionali: l’agenzia Fitch ha modificato i rating della Banca Popolare di Vicenza portando quello a lungo termine da “B-“ a “CCC” (che vuol dire “significativo rischio di credito”) e il breve termine da “B” a “C”. Per entrambi i rating l’outlook è stato rivisto da negativo a Rating Watch Evolving (Rwe). Contestualmente il Viability Rating è stato modificato da “b-“ a “cc”. I rating del debito subordinato e quello dell’obbligazione con garanzia statale sono stati confermati rispettivamente a “CC” e “BBB+”. Pesa sul giudizio dell’agenzia incertezza sul futuro delle due banche e, nell’immediato, l’esito dell’operazione transattiva che prevede rimborsi per i piccoli soci.

A ieri, dichiara la Popolare di Vicenza, «si sono registrate 65.505 manifestazioni di interesse (pari al 68,8% delle azioni oggetto del perimetro) a fronte delle quali sono stati già sottoscritti 52.865 accordi transattivi (pari al 49,6% delle azioni in perimetro). Dal fronte trevigiano di Montebelluna fanno sapere invece che al momento «è stato contattato oltre il 96% del totale azioni in perimetro: i soci che hanno aderito sono circa il 66%, essi rappresentano circa il 54% delle azioni».

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