Il Piano B di Tsipras e Varoufakis

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-03-06

Il premier greco chiede un incontro all’Eurogruppo per non farsi strozzare. Ma se ne parlerà soltanto lunedì. Intanto il ministro parla può attingere ai depositi dei enti pubblici per rimborsare i prestiti dei creditori internazionali

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Alexis Tsipras ha chiesto un incontro al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker per parlare di un piano B. È l’indiscrezione che rimbalza tra Financial Times e Suddeutsche Zeitung a proposito delle intenzioni del governo greco per risolvere il problema della liquidità delle banche, già enucleato ieri da Yanis Varoufakis, che aveva parlato ieri di un non meglio specificato piano alternativo se la Grecia non ricevesse a marzo la tranche del prestito europeo. E nel frattempo l’esecutivo avrebbe chiesto ai fondi pensionistici e altre istituzioni pubbliche di mettere a disposizioni i propri capitali.

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L’infografica del Sole 24 Ore sul salvataggio della Grecia nel 2009

IL PIANO B DI TSIPRAS E VAROUFAKIS
Per questo il premier della Grecia ha chiamato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker per chiedergli un incontro la settimana prossima, secondo quanto ha raccontato una fonte del governo ellenico, citata da France Presse, all’indomani del consiglio direttivo della Bce che non ha aumentato in maniera rilevante il limite alle liquidità di emergenza che rende disponibili alle banche del Paese. Questo strumento della Bce, che si chiama ELA, indirettamente può essere utilizzato dal governo per finanziarsi, nella misura in cui si accorda con le banche greche per far comprare loro emissioni pubbliche (specialmente a breve scadenza) da utilizzare poi come garanzie (collaterali) per ottenere i rifinanziamenti della Bce. Secondo alcune ricostruzioni di stampa Tsipras sperava che la Bce avrebbe ampliato questo canale, dato che Atene si trova a corto di liquidità per onorare diversi pagamenti che scadono a marzo, tra cui titoli di Stato a breve scadenza e una tranche di aiuti del Fondo monetario internazionale. Non avendo ottenuto l’aiuto sperato – la Bce si è limitata ad alzare la soglia dell’Ela di mezzo miliardo, secondo il financial Times – ha deciso di rivolgersi a Juncker. E secondo il Sueddeutsche Zeitung avrebbe voluto un incontro già oggi, che tuttavia non è stato possibile ottenere.
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Cosa succede alla Grecia se esce dall’euro (La Repubblica, 10 febbraio 2015)

UN RITARDO POSSIBILE?
Varoufakis non ha dato però alcun dettaglio su come conta di uscirne nel caso in cui i finanziamenti europei dovessero ritardare. Un portavoce del ministero delle Finanze non ha voluto rispondere a chi chiedeva quando i soldi finiranno mentre circolano voci sul possibile utilizzo in extremis delle riserve nazionali. Anche i mercati mostrano segni di nervosismo se è vera la notizia diffusa dai media greci che per ‘coprire’ l’asta di ieri di titoli di Stato a 6 mesi da 1,4 miliardi di euro è stato necessario un intervento di emergenza della Banca centrale greca che avrebbe acquistato titoli per 700-800 milioni di euro. Il tasso del bond decennale ellenico è risalito al 9% e lo spread con il Bund viaggia sugli 880 punti base, mentre la Bce ha deciso oggi di aumentare di 500 milioni i prestiti di emergenza alle banche elleniche portando il totale a quasi 70 miliardi. Ma Francoforte tiene fermi i paletti e avverte che la Bce “non può finanziare uno Stato” e che quindi la Grecia non può far affidamento sulla Bce per elevare a oltre 15 miliardi il tetto sulle sue emissioni a breve termine, come richiesto da Atene per prendere una boccata d’ossigeno.
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Il debito di Atene (Corriere della Sera, 3 febbraio 2015)

UN’ALTRA STRADA PER IL PIANO B

Ma per Tsipras e Varoufakis c’è un’altra strada percorribile. La Grecia può attingere ai depositi dei enti pubblici per rimborsare i prestiti dei creditori internazionali dopo che la Bce ieri ha aumentato di 500 milioni di euro l’ELA, la linea di liquidità di emergenza alle banche greche, secondo un’opzione citata da Kathimerini, che non precisa la fonte dell’informazione, spiegando che finora le banche elleniche non hanno utilizzato 2,5 miliardi dell’Ela e così ora, grazie alla decisione della Bce, il governo greco può anche attingere circa 3 miliardi dai fondi di previdenza sociale e altri enti pubblici depositati presso le banche nazionali. In passato Atene ha già attinto 250 milioni dal fondo agricolo e altri 114 dalla Commissione Poste e telecomunicazioni. Intanto il prodotto interno lordo greco nel quarto trimestre del 2014 è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente. Lo segnala oggi Eurostat, rivedendo al ribasso le sue stime pubblicate a febbraio, quando si stimava un calo del Pil ellenico dello 0,2%. Si tratta dell’unico trimestre negativo nel 2014 per la Grecia, e coincide con il clima di incertezza determinato dalla previsione di elezioni parlamentari, vinte poi da Syriza a gennaio. Nei primi tre trimestri dell’anno, l’economia greca è cresciuta su base trimestrale rispettivamente dello 0,7% nel primo, del 0,3% nel secondo e dello 0,7% nel terzo. Eurostat ha rivisto al ribasso anche il dato del Pil greco nel quarto trimestre 2014 su base annua, che cresce ora dell’1,3% invece che dell’1,7%.
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I numeri della vittoria di Tsipras alle elezioni in Grecia (Corriere della Sera, 26 gennaio 2015)

IL QE NON SALVA LA GRECIA
Lunedì prossimo intanto Francoforte incomincerà a rastrellare titoli, in gran parte di Stato, ad un ritmo di 60 miliardi di euro al mese almeno fino alla fine di settembre 2016 per far risalire l’inflazione nell’Eurozona vicino all’obiettivo del 2% e rilanciare la crescita in una regione definita nei mesi scorsi come “la più grande minaccia per la ripresa mondiale”. Attraverso il Public Sector Purchase Programme (Pspp), questo il nome tecnico del piano, l’Istituto guidato da Mario Draghi comprerà oltre 1.000 miliardi di euro di titoli (1.140), compresi bond sovrani con rendimento negativo, ma non al di sotto del tasso Bce sui depositi che al momento è pari a -0,20%. Inoltre se una banca centrale nazionale non è in grado di acquistare abbastanza titoli per soddisfare la propria dotazione, Francoforte permetterà acquisti alternativi. Questi acquisti sostitutivi dovrebbero quindi permettere all’Istituto centrale di raggiungere l’obiettivo dei 60 miliardi di acquisti al mese. Tuttavia la Bce non comprerà più del 25% di ogni emissione, per evitare di avere un ruolo predominante e quindi un diritto di veto nel caso di ristrutturazione di un debito sovrano, ed inoltre gli acquisti di titoli dello stesso Paese si fermeranno al 33% per salvaguardare il funzionamento del mercato e arginare i rischi che la stessa Bce diventi il principale creditore nell’Eurozona. Questa montagna di acquisti non avverrà sul mercato primario, ossia partecipando ad aste di collocamento, ma solo sul mercato secondario per non violare il divieto di finanziamento monetario. E Francoforte acquisterà solo titoli che hanno una scadenza tra due e 30 anni e con un rating di ‘investment grade’. Quindi tagliata fuori la Grecia fino a quando non verrà ripristinata la deroga sui bond ellenici.

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