Pezzotto: cosa è il decoder IPTV e perché costa così poco

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-11

Ieri le Iene hanno mandato in onda un servizio sugli abbonamenti IPTV illegali che consentono di accedere via Internet a migliaia di canali e contenuti a pagamento. Costano poco e tutti gli vogliono, anche a costo di rischiare una multa salata. Ma dietro i pezzotti non ci sono i classici Robin Hood che rubano ai ricchi network televisivi per dare ai poveri telespettatori

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Ieri sera le Iene hanno mandato in onda un servizio sul “pezzotto” ovvero sui cosiddetti decoder pezzottati. Si tratta di decoder che consentono di accedere in maniera illegale ai servizi a pagamento (pay per view, on demand etc) forniti agli abbonati dei maggiori network televisivi italiani. Giusto per citarne alcuni Sky, Mediaset Premium, DAZN ma anche servizi stranieri come ad esempio Netflix.

Cos’è il pezzotto e perché costa così poco

La differenza con le schede pirata per la tv satellitare (in circolazione fin dai tempi remoti di Tele+) è che ad essere piratato è il segnale IPTV (Internet Protocol Television), quello utilizzato ad esempio per poter guardare SkyGo, DAZN o Netflix appunto. La scatoletta o “pezzotto” consente proprio di intercettare quel segnale. O meglio dà la possibilità agli utenti che pagano l’abbonamento illegale di poter usufruire dei servizi a pagamento ad un prezzo molto conveniente. Il pezzotto infatti non è gratis, per avere il codice si paga un canone mensile (o annuale) che però in rapporto alla quantità pressoché sterminata dell’offerta garantita con questo sistema diventa del tutto irrisorio.

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Nel servizio delle Iene viene spiegato che serve un “gancio” per potersi far installare a casa il pezzotto. Insomma tutto funziona tramite il passaparola. In realtà il business degli IPTV illegali – che in Italia ha quasi due milioni di utentiè in gran parte alla luce del sole. Almeno per gli utenti finali. Non serve poi molto, la connessione ad Internet è un buon inizio, la capacità di cercare su Google le parole chiave sono fondamentali ed è utile sapersi muovere sui vari siti di commercio online come Ebay o Aliexpress dove si può vedere che il fenomeno ha una diffusione ben al di là dei confini italiani visto che in tutto il mondo c’è chi cerca (e chi offre) la possibilità di accedere illegalmente ai contenuti televisivi a pagamento.

Quanti usano il pezzotto in Italia

Il giro d’affari è enorme, basti pensare che Sky ha circa cinque milioni di abbonati veri e che gli altri due milioni che guardano illegalmente i contenuti generano mancati guadagni per 700 milioni di euro l’anno. Qualcuno dirà, come hanno detto gli installatori del pezzotto del servizio delle Iene che in fondo loro stanno solo rubando ai ricchi per dare ai poveri. Il pezzotto viene presentato così come uno strumento di “rivalsa” nei confronti del potere dei grandi network televisivi che “affamano” il popolo. Non è così. In primo luogo perché questi novelli Robin Hood della televisione non lo fanno che per un motivo: il guadagno. Quindi non esiste alcun ideale di liberazione della cultura o dell’accesso all’intrattenimento calcistico.

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Non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che dietro ai pezzotti ci sia il classico tipo che “si arrangia” e che ha messo su un server illegale in garage, giusto per sbarcare il lunario. Dietro gli IPTV illegali c’è principalmente un soggetto: la criminalità organizzata, nella fattispecie la Camorra. Lo dimostra ad esempio l’esito dell’Operazione “Match Off 3.0” condotta lo scorso anno a Scampia e che ha scoperto l’esistenza tre centrali di trasmissione di programmi televisivi, gestite da un soggetto residente in Svizzera ma di fatto domiciliato a Scampia. L’arrestato aveva creato un sistema per la decodifica e la trasmissione dei segnali di Sky e Mediaset via Web. Altri 89 server illegali collegati a una rete di nove portali che offriva a pagamento contenuti on demand erano stati scoperti dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Cagliari nel giugno del 2017. Nel settembre del 2017 un’altra centrale con 84 decoder era stata scoperta a Scafati, in provincia di Salerno.

Cosa c’è dietro i pezzotti?

Un singolo privato cittadino non ha le risorse finanziare per operare e noleggiare le Content Delivery Network (CDN) necessarie per la distribuzione dei contenuti piratati e il cui canone di affitto può arrivare anche a centinaia di migliaia di euro annui. Senza contare che a monte è necessario sottoscrivere un discreto numero di abbonamenti legali per poter poi avere la possibilità di ritrasmettere il segnale. Quello che è emerso da un’inchiesta che si è conclusa nel maggio del 2018 con l’arresto di cinque persone (due residenti in Campania) è che le realtà criminali si consorziano per poter gestire ed operare le cosiddette “centrali sorgenti” ovvero i punti dell’infrastruttura di distribuzione dove veniva operata la decrittazione dei segnali criptati IPTV.

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Una delle centrali sorgenti individuate dalla GdF nel maggio 2018 [Fonte]
Nelle centrali il segnale estratto grazie agli abbonamenti acquistati legalmente al fine di accedere ai contenuti vengono decrittati e poi ritrasmessi via Internet ai possessori del pezzotto. Grazie al servizio offerto da un pacchetto di gestionali denominato Xtream Codes che consente lo streaming dei contenuti IPTV gli abbonamenti vengono poi venduti tramite intermediari ai clienti finali.

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È proprio perché il pezzotto ha alle spalle un’organizzazione criminale complessa che è possibile offrire al cliente migliaia di canali di operatori televisivi italiani ed esteri. Durante quell’operazione (denominata Spin Off) sono stati smantellati server gestiti da italiani (di origine napoletana) che operavano a Napoli, Barcellona e Basilea. I cinque indagati sono anche sospettati di riciclaggio di denaro derivanti dai proventi dell’attività illecita. Quelli che sono comparsi nel servizio delle Iene e che sono andati a installare il pezzotto erano semplicemente gli intermediari o loro dipendenti che si occupano della vendita. Ma dietro ci sono organizzazioni ben più complesse che si occupano non solo della distribuzione dei contenuti piratati o della loro decrittazione ma anche della raccolta del denaro in modo da “pulirlo”ad esempio investendo in criptovalute. I pezzotti nascondono un business milionario, e quando di mezzo ci sono tanti soldi non si può essere così ingenui da non pensare che la criminalità organizzata stia a guardare e lasci la gestione della cosa a pochi individui che operano “in proprio”.

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A margine ci sono i napoletani, compresi gli “installatori” delle Iene, che si offendono perché nel servizio viene data la colpa ai napoletani. Se da un lato è pacifico che tra chi usufruisce del servizio non ci sono solo napoletani dall’altro è innegabile come fino ad ora le centrali IPTV illegali siano state scoperte a Napoli o in Campania. Ma in questo il razzismo non c’entra nulla perché nessuno se la prende con gli abitanti di Napoli ma con chi gestisce il business dei pezzotti (termine notoriamente di origine valdostana).

 

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