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Il permesso di soggiorno rilasciato per l’emergenza COVID-19

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-08-12

Determinante è stato il giudizio sul sistema sanitario pakistano che, e qui i giudici citano fonti internazionali, per effetto di una diffusa privatizzazione che ha consolidato un orientamento commerciale alle cure mediche «i servizi sanitari per i poveri sono diventati scarsi»

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Il tribunale di Napoli, Sezione specializzata in materia di immigrazione, in un provvedimento dello scorso 25 giugno ha autorizzato il rilascio di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie nei confronti di un cittadino pakistano da tempo in Italia. Spiega il Sole 24 Ore che a fronte di un racconto sulle asserite ragioni di sicurezza che, a detta dell’uomo, avrebbero reso impossibile il rientro nel Paese e che, nella valutazione dei giudici, è stato considerato di dubbia credibilità (in sintonia peraltro con il diniego della Commissione territoriale), a essere ritenute fondate sono state le ragioni legate al rischio epidemia, soprattutto quelle sulla difficoltà di potersi curare in maniera minimamente soddisfacente.

I giudici, nel ritenere che la pandemia in Pakistan ha assunto una particolare gravità e diffusione senza che il sistema sanitario sia in grado di farvi fronte valorizzano fonti dello stesso Governo. In particolare, dalle informazioni pubblicate il 18 maggio 2020 sul sito governativo dedicato, il numero totale di persone positive era di 42.7125, di cui 29.300 casi attivi e 11.922 persone ricoverate oltre a 903 persone decedute; quanto alla diffusione dei casi positivi per regioni, una enorme concentrazione di casi riguardava proprio il Punjab (15.346 casi), da cui proviene l’uomo.

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Ma determinante è stato il giudizio sul sistema sanitario pakistano che, e qui i giudici citano fonti internazionali, per effetto di una diffusa privatizzazione che ha consolidato un orientamento commerciale alle cure mediche «i servizi sanitari per i poveri sono diventati scarsi». Costringere allora l’uomo al rientro, tenuto conto anche del fatto che si trova da tempo in Italia e ha prodotto buste paghe relative a lavori regolari, significherebbe esporlo a una situazione di «estrema vulnerabilità». Così, nel bilanciamento dei diritti che sempre deve essere effettuato, quello alla salute, che in caso di rimpatrio verrebbe gravemente compromesso, deve essere considerato assolutamente prevalente. E lo strumento della protezione umanitaria risulta il più indicato perché consente un intervento in tutti quei casi concreti che non vengono presi in considerazione dalle norme astratte.

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