Perché il TFR in busta paga non conviene

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-11-04

Ieri Bankitalia ha criticato il provvedimento. Vediamo perché

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Anche Bankitalia alla fine è costretta a spiegare che il trattamento di fine rapporto in busta paga di Matteo Renzi non conviene. Buona ultima, via Nazionale approda sulla sponda di chi mostra che il provvedimento ha tanti difetti e scarsi pregi.

È un provvedimento temporaneo, voluto dal governo come ulteriore sostegno alla ripresa dei consumi, e dell’attività economica. E secondo Bankitalia dovrà restare temporaneo, perché i tre anni, o quel che saranno, di mancata contribuzione al fondo pensione, o di mancata capitalizzazione in azienda,rischiano di pesare parecchio al momento di lasciare il lavoro. Questo soprattutto per i lavoratori dipendenti che hanno i redditi più bassi, per i quali il«tasso di sostituzione», cioè più o meno la differenza di reddito tra l’ultimo stipendio e la prima pensione, che oggi è poco sopra il 70% ma che nel giro di un ventennio scenderà in media a circa il 60%, è particolarmente penalizzante. Senza contare il «costo» in termini di pensione integrativa, o di liquidazione più bassa, nella scelta va considerato anche l’onere fiscale, che se si sceglie per la monetizzazione è sensibilmente superiore. Il trattamento di fine rapporto oggi è infatti soggetto a una tassazione separata, che è di solito inferiore a quella dei redditi Irpef (di fatto è l’aliquota media effettiva dei cinque anni precedenti). Una volta entratoin busta paga, invece, il gruzzoletto verrebbe tassato ad aliquota marginale, che in funzione del reddito dichiarato può arrivare anche al 43%. (Corriere della Sera, 4 novembre 2014

Di quanto si discosta la tassazione lo ha spiegato qualche giorno fa l’associazione dei consulenti del lavoro in questa tabella per la Stampa:

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Tfr in busta paga: l’elaborazione della Stampa

Non solo: Maurizio Benetti, esperto del settore ed ex dirigente generale dell’Inpdap, spiega che l’operazione non converrebbe neppure per le retribuzioni inferiori a 15 mila euro, quelle cioè che rientrano nel primo scaglione Irpef con aliquota del 23 percento, questo perché, con l’aumento del reddito conseguente all’anticipo del trattamento di fine rapporto nello stipendio, diminuirebbero le detrazioni da lavoro dipendente e quindi«l’aliquota effettiva sul Tfr in busta paga sarebbe del 27,5%», un livello superiore a quello stabilito dal regime di tassazione separata previsto per chi lascia il Tfr in azienda e lo ritira al momento del pensionamento(liquidazione) oppure per chi se lo fa anticipare per gli usi consentiti dalla legge(acquisto della casa, spese perla salute, eccetera).Per i redditi che arrivano fino a 15 mila euro infatti l’aliquota sarebbe intorno al 23%. E non scatterebbero le addizionali Irpef regionale e comunale, come invece sullo stipendio.
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Tfr in busta paga: i calcoli dell’associazione consulenti del lavoro (Libero, 17 ottobre 2014)

Quindici infografiche sul TFR

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