Economia
Perché la disoccupazione in Italia resta un dramma
neXtQuotidiano 21/09/2017
Il bollettino della BCE contiene uno studio che dimostra che In Italia il tasso di disoccupazione è in calo ma non può essere definito un calo “significativo”. E questo vale non per oggi, ma per gli ultimi 25 anni di politiche economiche e del lavoro
Oggi la Banca Centrale Europea ha pubblicato il bollettino economico di settembre, all’interno del quale c’è uno studio interessante che riguarda la disoccupazione nei paesi dell’OCSE. Il bollettino fornisce le condizioni macroeconomiche e strutturali che hanno favorito la riduzione della disoccupazione secondo tre criteri di partenza.
La BCE spiega perché la disoccupazione in Italia resta un dramma
Dal confronto tra le caratteristiche dell’esperienza storica e quelle dell’attuale ripresa accompagnata da un particolare aumento dell’occupazione nell’area dell’euro, è possibile trarre insegnamenti utili per l’analisi dei futuri andamenti della disoccupazione. I criteri di partenza sono:
1) dopo aver toccato il valore massimo, il tasso di disoccupazione scende di almeno 3 punti percentuali nell’arco dei tre anni successivi;
2) il calo del tasso di disoccupazione nell’arco dei tre anni è pari ad almeno il 25 per cento del tasso iniziale;
3) a distanza di cinque anni il tasso di disoccupazione rimane inferiore rispetto al livello registrato all’inizio dell’episodio
Applicando questi tre criteri ai paesi in esame nel periodo compreso tra il 1980 e il 2015 è possibile individuare 25 episodi di riduzione significativa della disoccupazione: ovvero situazioni in cui dopo tre anni il tasso era diminuito in media del 35% e dopo cinque anni si era dimezzato.
La maggior parte di questi episodi, e già questo è un dato significativo, si è verificato a metà degli anni ’90. Il periodo tra la seconda metà degli anni ’90 e i primi anni 2000 è stato caratterizzato dalla più alta intensità di riforme nei mercati del lavoro e dei beni e servizi. Il maggiore impulso all’azione di riforma è stato indotto non soltanto dall’alto tasso di disoccupazione, ma anche, con ogni probabilità, dall’introduzione dell’euro e dal processo di integrazione nell’UE.
Chi non ha avuto mai significative riduzioni del tasso di disoccupazione?
Scrive la BCE che “Al momento sono cinque i paesi dell’area dell’euro che sembrano soddisfare i criteri descritti. Si tratta di Irlanda, Spagna, Cipro, Portogallo e Slovacchia. Altri paesi con un alto tasso di disoccupazione che va attualmente riducendosi sono la Grecia, l’Italia e la Slovenia. Questi ultimi, tuttavia, non soddisfano ancora i tre requisiti. L’Italia e la Slovenia non ne soddisfano nessuno, mentre la Grecia potrebbe essere considerata un caso limite dal momento che non rispetta soltanto il secondo criterio, ossia un calo della disoccupazione pari ad almeno il 25 per cento del tasso iniziale dopo tre anni.
Poi la BCE confronta le caratteristiche macroeconomiche e strutturali dei 25 episodi di notevole riduzione della disoccupazione con quelle di un gruppo di paesi non interessati da tali episodi. Il grafico sopra mostra che i paesi interessati da un episodio di considerevole riduzione della disoccupazione sono caratterizzati da un output gap maggiormente negativo rispetto ai paesi nei quali il tasso di disoccupazione rimane elevato. E da ciò conclude che gli episodi di riduzione significativa della disoccupazione si verificano laddove le strutture e le istituzioni sono più efficienti.
Cosa manca all’Italia nel combattere la disoccupazione
C’è di più. Il grafico B invece mostra l’evoluzione delle variabili macroeconomiche e dell’orientamento alle riforme prima e dopo gli episodi di riduzione significativa della disoccupazione. Questo indica che che i redditi per occupato in termini reali si contraggono sensibilmente prima dell’inizio di un episodio di riduzione significativa della disoccupazione e non registrano pressoché alcun aumento nei tre anni successivi. La crescita del PIL scende notevolmente nei due anni antecedenti l’episodio. Una volta cominciato l’episodio, durante il quinquennio il PIL cresce in maniera considerevole. Oltre al ruolo svolto dalla congiuntura economica, l’aumento delle iniziative di riforma è associato alla conseguente riduzione del tasso di disoccupazione.
E il bollettino conclude così: “Diminuzioni ampie e sostenute della disoccupazione si sono verificate in presenza di condizioni congiunturali favorevoli e politiche salariali responsabili, e dopo riforme di vasta portata del mercato di beni e servizi e del mercato del lavoro”.