Pensioni, flessibilità in due tempi tra 2016 e 2018

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-09-27

Verrebbe, innanzitutto, fissata una regola generale per uscire anticipatamente dal lavoro. Dal prossimo anno per lasciare l’impiego serviranno 66 anni e 7 mesi. Ma chi anticipa non avrà un assegno pieno. Oppure i costi del prepensionamento sarebbero pagati dalle aziende

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La flessibilità in uscita nelle pensioni non sarà a costo zero. Inserire la misura nella legge di stabilità, come auspicato anche oggi da Matteo Renzi, avrà un peso economico, ma bisogna ancora capire come distribuirlo e chi lo pagherà (quanto cioè ricadrà sulle casse dello Stato nell’immediato e in futuro e quanto penalizzerà invece in modo più o meno forte anche i pensionati). Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non fornisce cifre o ipotesi ma è esplicito sulle implicazioni finanziarie di un ritocco – per quanto parziale – della riforma Fornero. Il rispetto dei saldi di finanza pubblica resta essenziale, tanto che lo stesso premier ha parlato di “giusto equilibrio” qualsiasi intervento si decida di fare, ma che la manovra possa contenere qualche misura di uscita anticipata dal mondo del lavoro, introdotta magari anche in corso d’opera durante l’esame parlamentare, sembra ormai probabile. Tuttavia per il ministro dell’Economia la priorità per l’economia italiana è un’altra e sta nel taglio delle tasse, una strategia “pluriennale”, in cui si inserisce – questa volta – l’eliminazione della Tasi. Dopo il taglio del cuneo fiscale, con gli 80 euro da una parte e l’Irap dall’altra, ora tocca proprio alla casa. Una scelta che Padoan difende anche di fronte agli economisti (platea di cui lui stesso ha fatto e fa parte) che ritengono la riduzione della tassazione sugli immobili secondaria e meno utile rispetto a quella delle tasse sul lavoro.

Pensioni, flessibilità in due tempi tra 2016 e 2018

Il Messaggero intanto oggi spiega quali sono le intenzioni del governo Renzi. L’esecutivo sta lavorando all’inserimento di una dose di flessibilità all’interno della Legge di Stabilità 2016, senza che sia ancora stabilito quanto spingersi in avanti con la flessibilità. Sotto la lente ancora i costi per le casse dello Stato. La decisione finale sarà presa in un vertice in settimana, probabilmente mercoledì, tra Matteo Renzi e i ministri Giuliano Poletti e Pier Carlo Padoan. Ieri il premier ha detto di sperare in un intervento in stabilità, «con buon senso e ragionevolezza». Padoan ha chiarito che la riforma no npuò essere a costo zero. La ragione è semplice. Nei conti economici nazionali è previsto che l’Inps incassi un certo numero di contributi e paghi un certo numero di pensioni. Se l’età per lasciare il servizio viene anticipata, l’Inps dovrà pagare da subito più pensioni incassando meno contributi. Questo vale anche se sugli assegni previdenziali viene applicata una penalizzazione:

L’idea di base è quella di recuperare le risorse dai soldi non spesi per le vecchie salvaguardie degli esodati. Lo Stato ha stanziato quasi 12 miliardi di euro per tutelare circa 170mila persone. Le domande accettate, come ha ricordato Padoan in Parlamento qualche giorno fa, sono poco più di 120mila ,mentre le pensioni ad oggi liquidate agli esodati sono circa 87mila. Secondo alcuni calcoli, al momento le risorse stanziate e non spese sarebbero circa 500 milioni di euro. In realtà il risultato finale potrebbe essere maggiore, fino a 700-800 milioni. Si tratta di somme che, per ora, sono finite «in economia», ossia a beneficio del bilancio pubblico. Bisognerà trovare un modo per recuperarle. Certo è che 800 milioni, o anche un miliardo, non permettono di introdurre una flessibilità generalizzata, che avrebbe costi più elevati,almeno 4 miliardi. L’ipotesi, dunque, è quella di una misura in due tempi. Verrebbe, innanzitutto, fissata una regola generale per uscire anticipatamente dal lavoro. Dal prossimo anno per lasciare l’impiego serviranno 66 anni e 7 mesi. L’idea sarebbe quella di permettere di anticipare fino a tre anni il pensionamento (dunque a 63 anni e 7 mesi), con almeno 35 anni di contributi e avendo maturato una pensione pari a dal meno 1,8-2 volte quella minima. Chi anticipa la pensione, tuttavia, non avrebbe un assegno pieno, ma decurtato di una percentuale annua tra il 3 e il 3,5%. La possibilità di uscire anticipatamente sarebbe data a tutti i lavoratori, ma non da subito,solo tra qualche anno, probabilmente dal 2018, quando lo scalone introdotto dalla legge Fornero sarà stato praticamente riassorbito. Nell’immediato, invece, ci sarebbero alcune platee di persone che potrebbero accedere ai prepensionamenti: gli ultimi esodati, le donne con figli e i disoccupati senza altri redditi.

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La seconda ipotesi per la flessibilità nelle pensioni

Accanto a questa, c’è un’altra ipotesi alla quale i tecnici stanno lavorando. Un’ipotesi che, nonostante le parole di Padoan, avrebbe la suggestione del «costo zero» per le casse dello Stato:

A sostenere i costi del prepensionamento sarebbero sostanzialmente le aziende che vogliono svecchiare la propria manodopera. Dovrebbero continuare a pagare i contributi per i lavoratori che lasciano in anticipo il lavoro e versargli anche la pensione. Questa, tuttavia,verrebbe restituita in piccole rate dagli stessi lavoratori alle imprese una volta maturati i requisiti per ottenere l’assegno dell’Inps. Insomma, a prestare i soldi ai lavoratori che vogliono uscire prima sarebbero le aziende e non l’Istituto di previdenza. Sul fronte previdenziale la Stabilità, poi, dovrà anche stanziare circa 500 milioni per pagare gli adeguamenti dovuti alla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo il blocco. Questo significa che ilconto per la previdenza della manovra sarà di circa 1,5 miliardi.

Ci sono le condizioni per fare una riforma delle pensioni che sia l’ultima, ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel corso di un dibattito nell’ambito delle iniziative del Cortile di Francesco ad Assisi. “In Italia c’è la tradizione di fare continue riforme e di creare ansie in chi si appresta a prendere la pensione – ha detto – ma io credo che oggi ci siano le condizioni per fare veramente l’ultima riforma delle pensioni e rendere il patto tra le generazioni più equo con piccoli interventi su chi ha avuto trattamenti eccessivamente di favore e sulla sostenibilità del sistema”. Fatto questo, ha aggiunto, “il nostro sistema pensionistico sarà un sistema che sarà guardato come un esempio da tutto il mondo”.

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