Fact checking
Perché Paul Manafort potrebbe mettere nei guai Donald Trump
Giovanni Drogo 30/10/2017
L’ex presidente del comitato elettorale di Trump, che ha avuto un ruolo chiave nell’elezione del Presidente, si è costituito oggi all’FBI. Tra le accuse figurano quella di cospirazione, riciclaggio ed evasione fiscale. E sullo sfondo si agita lo spettro delle collusioni della Russia nelle presidenziali 2016. Trump è al sicuro, per ora, ma cosa succederebbe se Manafort decidesse di vuotare il sacco per salvarsi?
Paul Manafort, che è stato presidente del comitato elettorale di Donald Trump e consigliere di Trump durante le presidenziali si è costituito oggi all’FBI. Manafort è accusato di aver intrattenuto legami con oligarchi russsi e di essersi adoperato a favore dei russi in Ucraina. Ma soprattutto l’inchiesta di Robert Mueller su Manafort gioca un ruolo centrale nell’indagine sui legami tra Trump e la Russia durante la campagna per le elezioni presidenziali del novembre 2016. Assieme a Manafort si è costituito anche il socio in affari Rick Gates.
Di cosa è accusato Paul Manafort e cosa c’entra la Russia?
Donald Trump ha subito twittato che i fatti per i quali Manafort è indagato – tra le accuse figurano quella di cospirazione, riciclaggio ed evasione fiscale – risalgono a diversi anni prima che Manafort venisse chiamato a “far parte” della campagna di Trump. Curioso che Trump non ricordi che Manafort non ha semplicemente “fatto parte” del suo comitato elettorale ma che ne è stato addirittura il Presidente. Anche il fatto che i reati siano stati commessi “anni fa” non sgombra il campo dai dubbi sulla condotta dell’allora candidato Presidente e dei criteri scelti per assumere i suoi collaboratori.
Anche se l’inchiesta su Manafort e Gates non riguarda direttamente Trump (che non è menzionato) è alquanto singolare che uno degli uomini chiave nella sua elezione avesse questi contatti con la Russia senza che lui ne fosse a conoscenza. Il Presidente USA è poi tornato a ribadire la tesi secondo la quale dal momento che non è ancora emerso un suo ruolo nella vicenda allora lui sia totalmente estraneo ai fatti. Il fatto che al momento non siano emerse prove di un coinvolgimento della Russia nelle elezioni 2016 non è la prova che queste non esistano in assoluto.
Anche perché a luglio è venuto fuori che Manafort partecipò durante le presidenziali ad un incontro organizzato da Donald Trump Jr. (il figlio del Presidente) alla Trump Tower con un’avvocata russa – Natalia Veselnitskaya – assieme a Jared Kushner (marito della figlia di Trump). A cosa sia servito quell’incontro non si sa. Le parti coinvolte dicono che “non ha portato a nulla”. I critici sospettano che possa essere servito per poter trovare elementi al fine di screditare Hillary Clinton agli occhi degli elettori americani. A provare questa tesi c’è una email ricevuta nel giugno 2016 da Kushner dove Bob Goldstone si offriva di organizzare un incontro durante il quale avrebbe ricevuto informazioni per “incriminare Hillary Clinton” che la cosa andava letta come “dimostrazione del sostegno della Russia e del suo governo nei confronti di Mr. Trump”. Insomma ce n’è abbastanza per dire che la storia del coinvolgimento della Russia nelle elezioni non è una vera bufala, resta da vedere se e in che modo è avvenuta. E soprattutto se è stata decisiva.
Cosa c’entra Manafort con la Russia?
Di Manafort – che ha sempre negato ogni addebito – si sa che negli anni Duemila ha avuto tra i suoi clienti Oleg Deripaska, un miliardario russo molto vicino a Vladimir Putin. Donald Trumpda parte sua ha sempre fatto sapere di non essere a conoscenza dei rapporti tra Manafort e Deripaska. Ma è curioso che un Presidente, anche uno sui generis come Trump, non sapesse delle attività lavorative di uno dei suoi più stretti consiglieri. Anche perché al di là dei suoi rapporti con la Russia e l’Ucraina (ha lavorato per Victor Yanucovich) Manafort, da molto tempo lobbista per il Partito Repubblicano, ha una discreta reputazione nell’essere stato consulente di regimi autoritari e dittatori.
Come detto quindi al momento l’inchiesta è solo su Manafort e Gates. A farla da padrone sono le accuse di evasione fiscale. Si parla di 75 milioni di dollari guadagnati dai due all’estero dei quali 18 milioni ripuliti attraverso un sistema di riciclaggio di denaro sporco. Secondo l’accusa gran parte di questo denaro proverrebbe dalle attività dei due soci in Ucraina dove hanno lavorato verso il 2010. Ma allora perché c’è chi dice che l’inchiesta su Manafort mira a incriminare Trump? Per due ragioni: la prima è che non sembra credibile che Mueller abbia messo in piedi un’indagine di questo tipo per incriminare due figure che non hanno a che fare con l’attuale amministrazione. La seconda è che Mueller probabilmente vuole utilizzare l’inchiesta su Manafort per fargli pressioni e spingerlo a rivelare quello che sa (se lo sa, ovviamente) sul coinvolgimento della Russia nelle elezioni.
Cosa sappiamo del coinvolgimento della Russia nelle presidenziali?
È vero quindi – come sostiene Trump – che l’inchiesta su Manafort risale ad un periodo precedente alla sua collaborazione (a titolo gratuito va detto) con il comitato elettorale di Trump. C’è però da dire che l’inchiesta di Mueller sembra aver solo iniziato a scavare nelle attività illecite di Manafort. Non è possibile quindi dire se Manafort abbia ricevuto – come suggeriscono alcuni – del denaro o degli aiuti dalla Russia – per influenzare la campagna elettorale.
Tra le accuse però ne figurano due (misleading the government e failing to register as a foreign agent) che potrebbero lasciare supporre che le attività di Manafort avessero un qualche ruolo di tipo politico. E rimane il fatto che Manafort ha giocato un ruolo chiave per far ottenere a Trump uil sostegno del Partito Repubblicano. Infine è notizia di oggi che uno dei primi consiglieri per la politica estera per la campagna di Trump per le presidenziali, George Papadopoulos, si è dichiarato colpevole di aver mentito all’FBI a proposito dei contatti con un professore Russo che ha legami con ufficiali del Cremlino.