Pasquale Tridico e il reddito di cittadinanza che NON ha abolito la povertà

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-01-09

Pasquale Tridico in un’intervista rilasciata ad Alessandro Barbera su La Stampa oggi, ammette finalmente che il reddito di cittadinanza non ha abolito la povertà e che la storia del 60% di riduzione è falsa, ad oggi

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Pasquale Tridico in un’intervista rilasciata ad Alessandro Barbera su La Stampa oggi, ammette finalmente che il reddito di cittadinanza non ha abolito la povertà e che la storia del 60% di riduzione è falsa, ad oggi. Si noti che nell’occasione il presidente dell’INPS scelto da Di Maio parla esattamente come uno del MoVimento 5 Stelle quando viene colto in fallo: invece di andare nel merito, gioca con le parole. Smentisce Di Maio sull’abolizione della povertà ma è molto più indulgente con le sue affermazioni:

«La povertà purtroppo non è abolita, ma la misura sta dando ottimi risultati e ossigeno a milioni di italiani sfortunati».

Lei ha sostenuto che il reddito ha ridotto la povertà del 60 per cento. Lo conferma?
«In questo momento il reddito è distribuito fra poco più di un milione di nuclei familiari. Se a questi si aggiungono quelli previsti dalla relazione tecnica della legge, a regime raggiungeremo tre dei cinque milioni di persone considerate povere dall’Istat: il sessanta percento».

Che è cosa ben diversa dal sostenere che la povertà si è ridotta del 60 per cento. O no?
«Nel misurare la soglia di povertà l’Istat non valuta i patrimoni mobiliari e immobiliari. Si può discutere se sia un metodo corretto, ma non dipende da me. Ciò detto, ci sono un paio di dati incontestabili: il parametro che valuta il livello di disuguaglianza – il cosiddetto coefficiente di Gini – è sceso dell’1,2 per cento. Così come l’intensità del tasso di povertà, calato dal 38 al 30 per cento».

reddito di cittadinanza

Gli esperti sostengono che il reddito potrebbe essere distribuito meglio. La norma in vigore non tiene conto dell’andamento del costo della vita ed è penalizzante per chi ha molti figli.
«Per tenere conto del costo della vita bisognerebbe calcolare la variazione del costo degli immobili e dei servizi non solo tra Nord e Sud, ma persino tra quartieri della stessa città. E poi, mi scusi,se è vero che al Sud si vive meglio con meno, si può sostenere che ciò avvenga a parità di servizi pubblici? Stiamo parlando di un reddito minimo, una misura di equità, non dipende dalla produttività».

E per quanto riguarda i figli? Le pare giusto che un single riceva fino a 780 euro e una famiglia di sei o più persone non più di 1.380?
«È vero, su questo si potrebbe intervenire, magari rimodulando il sostegno all’affitto e abbassando quello monetario. Oggi si danno ad un single 500 euro più 280 se senza casa. Ma sia chiaro che per avere miglioramenti sostanziali e coprire ad esempio la soglia di povertà Istat in una città del Nord per una famiglia con quattro componenti, bisognerebbe salire a 2.029 euro: non accade nemmeno in Svizzera. Le risorse a disposizione (7,2 miliardi l’anno, ndr.) non sarebbero sufficienti, anche riducendo il sussidio per un single».

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