Ma chi ci sarebbe dentro il fantomatico “partito di Draghi”?

di Massimiliano Cassano

Pubblicato il 2022-07-22

I partiti che hanno votato la fiducia in Senato al governo Draghi potrebbero unirsi per fronteggiare il centrodestra alle elezioni, ma sono molto diversi tra loro e tra i leader non corre buon sangue

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Puntando il dito contro chi ha negato la fiducia in Senato al governo, Matteo Renzi ha disegnato il campo della prossima tornata elettorale, prevista per il 25 settembre: “Alle elezioni sarà Area Draghi contro Area Putin”. Il leader di Italia Viva accomuna sotto l’ombrello dei “filo russi” Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giuseppe Conte, dimenticandosi di Giorgia Meloni, che dall’opposizione ha ricavato enorme consenso elettorale ma che è sempre stata chiara sulla guerra in Ucraina, condannando fermamente la Russia.

Ma chi ci sarebbe dentro il fantomatico “partito di Draghi”?

L’altra “fazione” invece comprende tutti i gruppi che la fiducia all’ex presidente della Bce l’hanno votata: il Pd in primis, poi Italia Viva, Azione, Insieme per il Futuro, Coraggio Italia, Liberi e Uguali. Sono questi i principali componenti di un fantomatico “partito di Draghi”, teorizzato – tra gli altri – da Vittorio Sgarbi: “Nasce il partito di Draghi senza Draghi. Il  dramma dell’area governativa di Forza Italia rivela che, intorno al premier, che verrà indicato dal centrosinistra come candidato premier senza iscriverlo in nessuna lista, si creerà un partito di nostalgici che ne chiederanno il ritorno nel prossimo governo con un definito peso politico”. Uno scenario però ad ora respinto dallo stesso presidente del Consiglio uscente, che non vorrebbe ripetere l’errore di Monti e ha sempre parlato della sua capacità di “trovarsi un altro lavoro” una volta terminata l’esperienza a Palazzo Chigi.

Un’alleanza in vitro

Ma l’idea che intorno al suo nome si radunino le sigle che lo hanno sostenuto fino in fondo è stata paventata anche dal sottosegretario Bruno Tabacci, che meno di una settimana fa parlando con La Stampa diceva: “Se si andasse a votare, il centrosinistra dovrebbe presentarsi con una larga coalizione di-chiarando fin da subito che, se vincesse, l’unico premier possibile sarebbe Draghi”. Dovesse venir meno la sua figura, i partiti potrebbero puntare sulla sua agenda, basata su riformismo, europeismo e atlantismo. Il segretario del Pd Enrico Letta non ha escluso del tutto la possibilità: “Deciderà Draghi se essere più presente e attivo nelle vicende della politica”. È chiaro però che ad oggi si tratta di un’alleanza in vitro: Renzi dovrebbe accettare di correre con Di Maio, Calenda sta già respingendo le avances dei dem e non è scontato che un eventuale sodalizio abbia come risultato l’addizione matematica dei consensi dei singoli partiti.

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