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Paolo Di Donato: l’uomo in Ferrari che lucrava sui migranti

neXtQuotidiano 22/06/2018

L’inchiesta della procura di Benevento sulla gestione di alcuni centri migranti: latte annacquato, niente acqua corrente, furti del pocket money

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Paolo Di Donato, ex amministratore e da qualche anno consulente del consorzio Maleventum, che gestisce diversi centri nel Sannio, l’imprenditore Angelo Collarile, Giuseppe Pavone, dipendente del ministero della Giustizia, Felice Panzone, dipendente della Prefettura, e il carabiniere Salvatore Ruta. Sono i cinque ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Benevento sulla gestione di alcuni centri migranti al termine delle indagini, condotte congiuntamente dalla Questura di Benevento, dal comando provinciale dei Carabinieri e dai Nas.

Paolo Di Donato: l’uomo in Ferrari che lucrava sui migranti

Sotto la lente degli investigatori sono finiti 13 centri di accoglienza, di cui cinque finiti sotto sequestro per le pessime condizioni sanitarie e di agibilità, tutti gestiti dalla stessa cooperativa che era riuscita a farsi assegnare l’ospitalità di circa 800 migranti, pari all’80 per cento del totale degli extracomunitari che trovano rifugio in provincia di Benevento. L’indagine, coordinata dalla Procura di Benevento, ha avuto origine da un esposto e ha fatto luce su una serie di reati nella gestione dei centri di accoglienza per migranti della provincia di Benevento. Un sistema criminale che lucrava sulle assegnazioni pilotate dei migranti, sul sovraffollamento dei centri e sulla falsa attestazione di presenze degli ospiti, con la connivenza di alcuni pubblici dipendenti.

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L’inchiesta di Benevento (Il Mattino, 22 giugno 2018)

In particolare, il funzionario Panzone, anche in occasione di una visita ispettiva da parte dei funzionari dell’Onu nei centri di accoglienza, era solerte nell’avvisare i gestori dei centri con le parole in codice: “passate la cera”, avvisando che era imminente una ispezione.

Il latte annacquato e la mancanza di acqua corrente

Nel suo interrogatorio un dipendente del centro Damasco nove, ha raccontato: «Il cibo fornito agli stranieri è di scarsissima qualità e quantità. La sera sempre riso con uova o pollo. A colazione invece gli dò del latte, che devo diluire con acqua, altrimenti non è sufficiente per tutti». Una struttura era persino senza acqua corrente sostituita da acqua prelevata da un pozzo alimentato dalle piogge. Racconta Il Mattino che nel sistema di controlli inesistenti è illuminante la conversazione telefonica tra il solito Felice Panzone e Cosimo Matarazzo, gestore di un altro centro. Commentano una verifica ad un centro gestito da un’altra persona. Panzone chiede come gli è andata. E Matarazzo risponde: «Abbastanza bene, perché dice che gli hanno trovato solo un po’ la cucina sporca e deve fare un altro bagno». Panzone, che dovrebbe essere il controllore, dimostra di conoscere bene la situazione e dice: «Quella è una chiavica, quella cucina eh!… è appena sufficiente».

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Il quotidiano napoletano racconta anche cosa succedeva al pocket money: per guadagnare di più, secondo gli inquirenti, veniva attestata la presenza di immigrati che in realtà si erano allontanati dal centro. Diciassette i casi accertati. Giovani trovati a Palermo, come a Roma, o a Civitella Marche mentre risultavano presenti in vari centri sanniti. Per ogni migrante, infatti, ogni giorno la Prefettura riconosce 35 euro. Di questa cifra, 2,50 euro sono il famoso pocket money che spetta al migrante. Soldi che molto spesso non sono stati consegnati a chi ne aveva diritto. Due responsabili dei centri, Carmelo Rame e Giovanni Pollastro, ne parlano a telefono. Dice Pollastro: «Mi sono dimenticato il pocket money del ragazzo che manca». Carmelo Rame chiede cosa ne deve fare. E Pollastro gli dice: «Sono 75 euro, 60 te li prendi tu e 15 me li dai domani». Nel mancato controllo di chi era presente nel centro, i pocket money finivano nelle tasche dei responsabili. In un’altra conversazione, sempre Carmelo Rame invita i collaboratori a non esagerare ad attestare presenze di chi non si trova nel centro:«Non deve firmare, quello ci manca da più di una settimana, sono due settimane, lo sai,no?».

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