La pandemia è davvero alle spalle? Il punto sul Covid del dottor Michele Grio

di Michele Grio

Pubblicato il 2022-04-15

La stabilizzazione sostanziale del quadro pandemico  ha consentito al Governo di proclamare finalmente il termine dello stato di emergenza. In Italia il Coronavirus ha contribuito al decesso di 160000 persone, 6.170.000 in tutto il mondo: una moltitudine di gente, con o senza patologie pregresse, che ha sviluppato una grave insufficienza respiratoria con sovvertimento completo della …

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La stabilizzazione sostanziale del quadro pandemico  ha consentito al Governo di proclamare finalmente il termine dello stato di emergenza. In Italia il Coronavirus ha contribuito al decesso di 160000 persone, 6.170.000 in tutto il mondo: una moltitudine di gente, con o senza patologie pregresse, che ha sviluppato una grave insufficienza respiratoria con sovvertimento completo della struttura dei polmoni, non più in grado di fornire ossigeno all’organismo in maniera adeguata. La maggior parte dei contagiati è riuscita a far fronte all’infezione grazie alle misure di prevenzione del contagio ed alle capacità reattive di sistemi immunitari competenti. Il numero di pazienti che però sono ricorsi alle cure degli ospedali è stato comunque ingente, come mai si era visto nella storia recente: la saturazione dei posti letto disponibili nei reparti e nelle terapie intensive ha quasi totalizzato l’attenzione dei sanitari, in concomitanza ad altre emergenze storiche e prolungate come le necessità di cura dei pazienti oncologici, cui comunque abbiamo continuato a dare risposte rapide per quanto possibile.

Una moltitudine di varianti ha caratterizzato e distinto le diverse ondate pandemiche, nel tentativo naturale del virus di sopravvivere. La prima è stata tragica, ma anche romantica: il nemico comune era questo virus sconosciuto, dagli effetti imprevisti e soprattutto letali, per cui molti di noi sanitari sono caduti per la malattia o nel tentativo di governarne gli effetti devastanti. La nazione ha abbracciato coloro che, rimasti in prima linea, hanno dovuto inventarsi un modo per consentire agli ammalati di sopravvivere e di vincere la loro battaglia con la vita. La seconda e la terza ondata sono state fuse da un insufficiente calo della curva pandemica, che ci ha costretti, per quasi un anno, ad imbracciare nuovamente le poche armi a disposizione contro un quadro patologico diverso, con vittime prevalenti tra i fragili con pregresse affezioni croniche, come il diabete e l’obesità. La sopravvivenza non fu più un problema degli ammalati, ma anche dei sani, a causa delle difficoltà economiche, sociali e psicologiche. La quarta ondata è stata la più difficile in assoluto, perché il problema sanitario è passato in secondo piano rispetto alla valenza sociale, culturale ed anche politica della questione. Certa politica non ha mancato di approfittarne, peccando di scarsa lungimiranza e nascondendo così le proprie inadeguatezze tra le incertezze della gente.
L’uscita dal tunnel è possibile ed  abbiamo finalmente l’occasione di riprenderci le nostre vite e la quotidianità delle nostre normalità. Ma le occasioni non vanno sprecate e la discesa al paradiso deve essere oculata, graduale, non azzardata, per il rischio di vanificare il percorso finora fatto. Nelle ultime settimane abbiamo assistito a delle oscillazioni con incrementi del numero di contagiati ed ospedalizzati, ma di entità contenuta, quasi a suggerirci la possibilità di cominciare a convivere con un virus molto più contagioso, a causa delle sue elevate capacità di trasmissione, ma responsabile di quadri clinici più sfumati, meno devastanti, con un’importante limitazione di quadri gravi di malattia, anche e soprattutto grazie alla massiccia strategia vaccinale dispiegata negli ultimi mesi.

Le Aziende Sanitarie sono attualmente impegnate a dare risposte pre-pandemiche ai bisogni di salute di chi, ad esempio, attendeva di essere sottoposto ad un intervento chirurgico non urgente ma ugualmente importante per il paziente, o di chi è stato lasciato indietro nella sorveglianza e nella gestione di patologie croniche, particolarmente rilevanti ed invalidanti per chi ne soffre. Tutto questo senza però ridurre l’attenzione verso il nemico all’orizzonte, che, seppur fiaccato e stanco, può ancora essere in grado di colpirci e trascinarci in scenari che non vorremmo mai più rivivere.

La ricerca di nuove strategie di prevenzione continua senza sosta e gli scienziati stanno sperimentando diverse ipotesi, la cui efficacia verrà confermata o negata nei prossimi mesi. Una terapia che curi questa infezione non è però disponibile, e questo non può stupire, trattandosi di un agente virale, caratterizzato dalla nascita di continue mutazioni adattative all’ambiente ostile. Il trattamento per la maggior parte delle infezioni virali continua ad essere sintomatico: si gestiscono i sintomi, ma è poi l’organismo a vincere la battaglia, uccidendo o confinando il nemico, oppure a perdere.

Il ritorno alla vita ha un prezzo, rappresentato dal bisogno di continuare ad essere prudenti e a difenderci preventivamente da possibili situazioni di pericolo, evitando assembramenti, utilizzando eventualmente la mascherina, curando la disinfezione delle mani, vaccinando la maggior parte della popolazione e, in particolare, la porzione fragile di essa.

Il risorgimento non sarà facile, ma è necessario e possibile. Ce l’abbiamo sempre fatta, ce la faremo ancora. Senza abbassare la guardia e senza consentire ai pochi ingessati nella propria ignoranza di interrompere il ritorno alla normalità ed alla nostra quotidianità, con la consapevolezza che ci siamo meritati entrambe. Ce le siamo proprio meritate.

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