OXI: che succede se Tsipras vince il #greferendum

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-07-02

Cosa succederà in Grecia se i «No» vinceranno al referendum di domenica? L’ipotesi è alquanto improbabile. C’è chi scommette su un’uscita dall’Euro ma Varoufakis ha appena detto che quello che serve è una ristrutturazione del debito

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Non succede, ma se succede che succede? I sondaggi sembrano accordare una vittoria del «Sì» e una sconfitta per Alexis Tsipras al referendum convocato in Grecia per il 5 luglio. Ma cosa potrebbe succedere se invece vincesse il fronte del No? In questi giorni il premier greco ha rivolto diversi appelli ai suoi concittadini per invitarli a votare «No». Se il popolo greco decidesse di rigettare la proposta della Troika quali sono gli scenari possibili? È vero che la Grecia uscirà dall’euro?

Le prossime tappe del percorso di Atene e le scadenze del debito ellenico (fonte: Bloomberg.com)
Le prossime tappe del percorso di Atene e le scadenze del debito ellenico (fonte: Bloomberg.com)

Le trattative tra il Governo ellenico e i creditori sono sospese fino a che non si conoscerà l’esito del #greferendum, lo ha deciso l’Eurogruppo al termine della riunione di ieri pomeriggio perché la Commissione considera il voto di sabato un voto sulla UE e sulla permanenza greca nell’Euro. Questo nonostante il Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis abbia scritto chiaramente sul suo blog che il posto della Grecia è nell’Unione Europea e nell’area Euro:

Greece will stay in the euro. Deposits in Greece’s banks are safe. Creditors have chosen the strategy of blackmail based on bank closures. The current impasse is due to this choice by the creditors and not by the Greek government discontinuing the negotiations or any Greek thoughts of Grexit and devaluation. Greece’s place in the Eurozone and in the European Union is non-negotiable.
The future demands a proud Greece within the Eurozone and at the heart of Europe. This future demands that Greeks say a big NO on Sunday, that we stay in the Euro Area, and that, with the power vested upon us by that NO, we renegotiate Greece’s public debt as well as the distribution of burdens between the haves and the have nots.

E dello stesso parere sembra essere anche il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble almeno secondo alcune voci riferite da Bloomberg. Per Schaeuble la Grecia rimarrà nell’Euro anche in caso di vittoria dei «No», indiscrezioni in parte confermate anche dalla parlamentare della CDU (il partito della Cancelliera Merkel) Antje Tillmann che ha detto a Bloomberg che l’obiettivo è quello di tenere la Grecia all’interno dell’Eurozona:

Our goal remains to keep Greece in the euro, regardless of the referendum result, it’s up to Greece itself to decide whether it wants to stay in the euro zone.

Anche se in realtà alcuni commentatori ritengono che il vero obiettivo della Germania (che ha voluto l’interruzione delle trattative) sia quello di favorire la caduta di Tsipras e un cambio della guardia ad Atene. Scriveva ieri Seumas Milne sul Guardian:

There’s no suggestion of genuine compromise. The aim is apparently to humiliate Tsipras and his government in preparation for its early replacement with a more pliable administration. We know from the IMF documents prepared for last week’s “final proposals” and reported in the Guardian that the creditors were fully aware they meant unsustainable levels of debt and self-defeating austerity for Greece until at least 2030, even on the most fancifully optimistic scenario.
That’s because, just as the earlier bailouts went to the banks not the country, and troika-imposed austerity has brought penury and a debt explosion, these demands are really about power, not money. If they are successful in forcing Tsipras out of office, a slightly less destructive package could then be offered to a more house-trained Greek leader who replaced him.

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Cosa succede se la Grecia esce dall’euro (Repubblica, 25 maggio 2015)

WORST CASE SCENARIO: L’USCITA DALL’EURO
Insomma i tedeschi sembrerebbero essere preparati al peggio ma intanto per una riapertura del dialogo bisognerà aspettare quindi lunedì, ad urne chiuse le parti in causa si troveranno per elaborare una nuova strategia. Nel frattempo iniziano a circolare le ipotesi su cosa potrà succedere alla Grecia se in caso di vittoria dei «No». Come spiega Luca Cifoni sul Messaggero di oggi l’intera situazione è di non semplice lettura, da un lato i creditori internazionali si troverebbero nella scomoda situazione di dover essere loro ad accettare (o rifiutare) le condizioni greche e questa opzione non è detto che sia una strada percorribile. Immaginiamo quindi che non si riesca a raggiungere un accordo (lo scenario peggiore): il 20 luglio la Grecia dovrà ripagare 3,5 miliardi di Euro di Titoli di Stato detenuti dalla BCE. Scrive Cifoni:

Non onorare questo impegno avrebbe conseguenze più gravi del mancato pagamento al Fondo monetario, che del resto si materializzerà in quanto tale solo a fine mese. Con tutta probabilità infatti le banche greche non avrebbero più accesso alla liquidità del programma Ela e quindi di fatto non potrebbero più contare su una banca centrale: qualcosa che somiglia molto all’anticamera dell’uscita dalla moneta unica.

A questo punto quindi le banche elleniche non avrebbero più disponibilità di valuta e il paese sarebbe forzato a adottare una nuova moneta. C’è poi ovviamente la questione legale, quella dei trattati internazionali che non prevedono un’uscita – volontaria o forzata – dall’Euro senza abbandonare l’Unione Europea. E quest’ultima decisione spetta solamente ai singoli stati, sarà quindi la Grecia a decidere se restare o meno nell’Unione Europea. In caso di uscita dalla moneta unica ci sono diverse possibilità: la Grecia potrebbe ritornare alla Dracma con tutto quello che ne consegue in termini di svalutazione (che potrebbe rendere la Grecia più competitiva sui mercati internazionali) cui farà però da contraltare la perdita di potere d’acquisto dei salari e l’aumento dei prezzi di quei beni che la Grecia importa dall’estero (che avrebbero l’effetto di impoverire ulteriormente gli strati più deboli della popolazione).
La seconda eventualità invece è quella di una doppia circolazione Dracma-Euro, come abbiamo scritto ieri su NeXt:

Ci sono molti precedenti storici di questa opzione, che è quella classica delle crisi valutarie: Atene dovrebbe emettere per i suoi pagamenti una serie di pagherò che poi diventerebbero la nuova moneta. I pagherò verrebbero denominati in euro all’inizio per poi perdere di valore rispetto alla valuta europea. E siccome la moneta cattiva scaccia quella buona, piano piano circolerebbero soltanto i pagherò mentre i greci terrebbero gli euro come riserva di valuta.

Infine una terza possibilità, forse quella meno probabile è la creazione di una nuova moneta legata però all’Euro con un accordo di cambio fisso:

In questo scenario la Grecia avrebbe sì una nuova moneta, ma il cui valore sarebbe legato a quello dell’euro, sull’esempio, scrive il WSJ, di ciò che l’Estonia fece con il marco tedesco nel 1992 dopo l’indipendenza ottenuta dall’Unione Sovietica. L’ammontare di moneta in circolazioni sarebbe limitato dalle dimensioni delle riserve internazionali della Grecia, come i 5,8 miliardi di dollari detenuti dalla banca centrale greca all’ultimo conteggio. Lo svantaggio sarebbe simile a quello della seconda opzione: niente prestatore di ultima istanza, niente possibilità di creare moneta liberamente. I casi sudamericani ci insegnano che questo piano ha buone probabilità di fallire.

Se invece sentite parlare di un’altra alternativa, quella dell’utilizzo dei Bitcoin, quella è semplicemente una bufala frutto di un pesce d’aprile.
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VAROUFAKIS E LA VITTORIA DEL NO
Varoufakis ha detto questa mattina a Guy Johnson di Bloomberg che in caso di vittoria del «Sì» rassegnerà le sue dimissioni da Ministro delle Finanze, ma cosa succederà in caso di vittoria dei «No»?

We have said if there’s a Yes, we will sign the deal that was on offer on the dotted line, says Varoufakis. We are unreconstructed democrats, after all
And if there is a No, we will start talks on a new agreement, and believe you me, there will be an agreement.

Per Varoufakis non ci può essere alcun accordo senza una ristrutturazione del debito. Il referendum non riguarda l’Euro ma le condizioni su come uscire dalla crisi del debito. Secondo il Ministro ellenico la proposta avanzata dai creditori sarà nuovamente sul tavolo delle trattative lunedì, in caso di vittoria del «Sì». Ma lui non sarà disposto a firmare un accordo dove ci si rifiuta di prendere coscienza degli errori del passato, quello che serve alla Grecia è un “mutually beneficial agreement”:

Personally I will not sign a new “extend and pretend” agreement that doesn’t learn from the mistakes of the past, and tackle vital issues such as debt sustainability.

Varoufakis ha detto che preferirebbe tagliarsi il braccio destro piuttosto che firmare un accordo che non prende in considerazione una ristrutturazione del debito. Riguardo alla domanda sul fatto che Angela Merkel sta cercando di favorire la caduta del Governo Tsipras Varoufakis ha preferito non commentare ma quando l’intervistatore gli ha chiesto se ha l’impressione che i governi europei non siano collaborativi ha aggiunto che:

You don’t need to ask that, it’s self-evident. All the centrist parties campaigned against us before January’s election.

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