Ospedali in rosso

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-09-23

Un buco da un miliardo e mezzo, ripartito tra 42 nosocomi dei 100 sparsi lungo lo Stivale. Alla faccia della sanità risanata. Con ripercussioni sui cittadini e sui degenti

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Un documento top secret del ministero della Salute svela ora che solo nelle aziende ospedaliere italiane c’è un buco da un miliardo e mezzo, ripartito tra 42 nosocomi dei 100 sparsi lungo lo Stivale. Mentre altri 9 hanno i conti in ordine ma non garantiscono i livelli essenziali di assistenza. Lo rivela oggi La Stampa in un articolo a firma di Paolo Russo che elenca gli ospedali con maggiori problemi:

Il record delle perdite ce l’ha la Campania, con oltre 350 milioni, 102 dei quali del solo Cardarelli di Napoli. Segue poi a ruota il Lazio, dove il buco è di 257 milioni, 77 dei quali attribuibili all’ospedalone romano San Camillo-Forlanini. Al terzo posto della classifica si piazza la Sicilia, con 231 milioni. In pratica tre sole regioni generano ben oltre la metà del deficit ospedaliero nazionale.
Segue poi la Lombardia con otto ospedali che sommano un rosso da 216 milioni. Al quinto posto il Piemonte con 163 milioni, tutti attribuiti alla Città della Salute di Torino. Quantificazione che stride con i soli 15,8 milioni iscritti in bilancio con la matita rossa. Una forbice che la dice lunga sui diversi modi di valutare i conti tra Stato centrale e Regioni.

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Gli ospedali in rosso d’Italia (La Stampa, 23 settembre 2017)

La Stampa ci spiega anche come sono stati ripianati i vari rossi nella sanità da parte delle Regioni: in un decennio Asl e ospedali sono passati da una perdita di 5,7 miliardi a un attivo di quasi 400 milioni. Lotta agli sprechi, si dirà. Ma guarda caso nello stesso arco di tempo le addizionali regionali sull’Irpef hanno subito un’impennata del 59%, passando da un gettito di 7,4 miliardi a uno di 11,8, che ci è costato in media 158 euro a testa. Di più per chi abita in regioni in piano di rientro dai deficit sanitari. Insomma, si è ripianato il debito aumentando le tasse. E si è risparmiato anche su personale e farmaci, ma a che prezzo? “La spesa ha fatto il passo del gambero, diminuendo rispettivamente dell’1,2 e del 5,5%. Riduzioni che qualche ricaduta sui livelli di assistenza avranno anche avuto se calcoliamo che a furia di non sostituire medici e infermieri che vanno in pensione oramai per le corsie si aggirano in maggioranza sanitari con i capelli bianchi, che faticano a sostenere lo stress di servizi come quelli di emergenza”.

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