All’ospedale di Alzano il Coronavirus c’era dal 15 febbraio ma i dirigenti facevano finta di nulla

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-11

Le molte testimonianze che riguardano l’ospedale di Alzano Lombardo, dove il Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 erano arrivati già dal 15 febbraio senza che nessuno dei dirigenti di Regione Lombardia si sia accorto di nulla

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Gianni Barbacetto riepiloga oggi in un articolo sul Fatto Quotidiano le molte testimonianze che riguardano l’ospedale di Alzano Lombardo, dove il Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 erano arrivati già dal 15 febbraio senza che nessuno dei dirigenti di Regione Lombardia si sia accorto di nulla:

Tra mille bugie e reticenze ufficiali, comincia a emergere la verità su ciò che è successo in quell’ospedale, sulle scelte dell’Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) Bergamo Est da cui dipende e, su su, dei vertici della Regione Lombardia. È dal cluster di Alzano e Nembro, paesi a pochi chilometri da Bergamo, che il contagio da Covid-19 è partito probabilmente verso Bergamo, poi Brescia, infine Milano: l’area con più infettati e morti d’Europa. È dall’ospe dale Pesenti Fenaroli di Alzano che tutto parte, già prima del 20 febbraio.

Ora sappiamo che qualcuno voleva chiudere (il direttore medico Giuseppe Marzulli e i medici della struttura)e qualcuno impose invece di andare avanti (il direttore generale della sanità lombarda Luigi Cajazzo, il direttore generale della Asst Bergamo Est Francesco Locati, il direttore sanitario della Asst R o b e rto Cosentina). Mentre i vertici della Regione (il presidente Attilio Fontana e l’asses sore al Welfare Giulio Galler a) temporeggiarono, non chiusero subito, come potevano fare, l’area di Alzano e Nembro in una zona rossa che avrebbe potuto bloccare o almeno ridurre il contagio, aspettando invecel’intervento del governo, che arrivò l’8 marzo, con l’intera regione dichiarata zona arancione.

ospedale di alzano coronavirus 15 febbraio

Sabato 22, un paziente infetto transita dal Pronto soccorso e due vengono trasferiti al Giovanni XXIII di Bergamo, dove muoiono. Domenica 23: è il caos. Il Pronto soccorso chiude e “riapre senza nessuna sanificazione specifica e senza che venissero predefiniti percorsi di sicurezza”, con i pazienti coronavirus accolti “insieme agli altri”. E ancora: “La gente sintomatica ha continuato a lavorare, il personale sanitario circolava liberamente e la sera faceva rientro a casa”. Lunedì 24, l’ospedale riapre.

Drammatica la testimonianza anonima al Tg1 di un primario dell’ospedale di Alzano: “Il 23 febbraio è arrivata la chiamata del direttore generale Cajazzo, che ha detto: non si può fare, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona… Quindi riaprite tutto”. Conclude il primario: “Abbiamo pensato: se noi tecnici dobbiamo dipendere da loro, siamo morti”. Un’infermiera racconta invece al sito Valseriananews.it: “La sanificazione dell’ospedale è stata fatta quattro giorni dopo. Siamo stati obbligati a tenere i pazienti infetti insieme agli altri ricoverati per 72 ore cruciali. Il nostro direttore ha chiuso subito il pronto soccorso, ha avvisato i vertici… Nel frattempo abbiamo fatto unalista di pazienti transitati nel Pronto soccorso e nei reparti, i ricoverati, i famigliari, il personale entrato in contatto, lo abbiamo fatto con la caposala, noi autonomamente, mentre i vertici si confrontavano sul da farsi. I giorni successivi, il delirio! Comunicazioni/direttive che cambiavano di ora in ora”.

Leggi anche: All’ospedale di Alzano Il Coronavirus è arrivato il 15 febbraio (ma nessuno ha fatto niente)

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