House of Labs 2: l’altro lato dell’Ordine dei Biologi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-02-26

S1-02 – La strada per l’inferno è sempre lastricata di buone elezioni: la prima decisione sulle elezioni contestate dell’Ordine dei Biologi. E le accuse agli odierni ricorrenti

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Riassunto delle puntate precedenti. Il 4 febbraio scorso abbiamo raccontato le elezioni che hanno incoronato Vincenzo D’Anna presidente dell’Ordine dei Biologi e di come la proclamazione sia stata successivamente contestata dalla lista arrivata seconda alle elezioni, quella di Ermanno Calcatelli e Antonio Costantini: ricorsi al Tar, un’inchiesta della procura di Roma (sulla quale pende richiesta di archiviazione), un’imputazione per diffamazione e una causa civile, sempre per diffamazione.

La sentenza del Consiglio dei Biologi

L’udienza del TAR che il 20 febbraio scorso avrebbe discusso delle elezioni dell’Ordine dei Biologi è stata rimandata a novembre. Nel frattempo se ne è svolta un’altra sul mancato pronunciamento del Consiglio Nazionale dei Biologi, che avrebbe dovuto esprimersi sul ricorso per l’annullamento delle elezioni presentato da Calcatelli e Costantini entro un mese… circa otto mesi fa, prima dell’inizio della guerra dei ricorsi.

E, udite udite, nel frattempo e finalmente il Consiglio Nazionale dei Biologi, organo preposto a giudicare in prima istanza, in data 7 febbraio ha pronunciato la sua sentenza, firmata da Erminio Torresani (presidente) e Sara Boccia (relatore) sul ricorso per l’annullamento delle elezioni proposto da Calcatelli e Costantini. La sentenza è interessante perché fornisce le prime risposte ad alcune delle domande e delle questioni che erano state poste nell’articolo pubblicato su neXtQuotidiano che raccontava la “giornata particolare” del 3 ottobre 2017, quando Vincenzo D’Anna ha vinto le elezioni dell’Ordine dei Biologi.

In primo luogo il ricorso viene dichiarato improcedibile perché i ricorrenti chiedono la ripetizione dell’intera procedura per la costituzione del Consiglio dell’ONB che però così non potrebbe essere ricostituito. Poi si entra nel merito delle questioni, partendo dal veloce rinvio disposto dal ministero della Giustizia: Torresani spiega che non c’è nulla di strano nella tempestività con cui via Arenula ha disposto il rinvio dopo le segnalazioni perché l’Ordine proveniva da due commissariamenti consecutivi causati da irregolarità nella gestione delle elezioni, quindi era naturale che ci fosse particolare attenzione nei confronti della procedura e di eventuali problematiche. L’argomento è convincente.

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Poi la sentenza spiega che i ricorrenti non hanno dichiarato quale pregiudizio avrebbero subito dal rinvio disposto dal ministero come candidati, aggiunge che anche sulla pagina Facebook della lista dei ricorrenti si era chiesto di segnalare la difficoltà nelle procedure elettorali all’Ordine e al ministero della Giustizia, e quindi discute una serie di tecnicalità sulla procedura di apertura delle schede di cui non si era parlato nella scorsa puntata.

Si arriva quindi alla nomina di Vitale, vicino a D’Anna e responsabile del trattamento dati del sito della sua lista, a presidente del seggio per le votazioni. La sentenza sostiene che il commissario straordinario non conoscesse quali tra gli iscritti si sarebbero candidati e non poteva certo conoscere le presunte inimicizie tra Vitale e i 40mila iscritti all’albo. Il che è un po’ come rispondere “Venerdì” alla domanda “Che ora è?”, perché proprio tutti i precedenti della storia che hanno portato alle elezioni dicevano che D’Anna si sarebbe candidato e quindi la nomina di una persona a lui politicamente vicina come presidente del seggio non può che suonare in ogni caso inopportuna. La sentenza argomenta però che il presidente di seggio non può favorire un candidati né cambiare le preferenze presenti nelle schede elettorali, e ciascun cittadino non può che sentirsi rassicurato da questa evidenza. Rimane che in una situazione in cui arrivano voti portati da società che non hanno vinto alcun appalto né stipulato alcun protocollo per la consegna dei kit elettorali, un presidente di seggio è un tantino importante.

Il colpo di scena è quello che manca

Di questo però nella sentenza non si parla, anche se il caso veniva segnalato nei ricorsi e nell’esposto-denuncia. Si spiega però perché sulla procedura di apertura delle schede – altro punto contestato dai ricorrenti – la contestazione dei ricorrenti appare (a loro) illogica ma in compenso si cita la determina n. 32/2017 che stabilisce come la busta vada “spedita dall’elettore mediante raccomandata per il tramite di Poste italiane o di altra agenzia autorizzata e con le modalità tipiche del servizio postale (cioè bollino di ricezione e ricevuta di ritorno“, mentre in una informativa citata dalla sentenza il commissario straordinario Scotti ricordava come un “protocollo esecutivo” fosse stato stipulato “con Poste Italiane che ha vinto l’appalto superando altre due ditte del settore”.

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In particolare non si riesce a capire come siano arrivati alla sede dell’ONB altri due corrieri privati (Mail Express e CPM) con 691 e 23 plichi che provengono dalle stesse zone geografiche della Campania e della Sicilia. Perché è evidente che se fosse arrivato uno o più voti tramite uno o più corrieri privati si sarebbe trattato di una o più persone che avevano comprensibilmente pagato, forse non fidandosi di Poste Italiane (ne ha tutte le ragioni, visti i precedenti…), per far arrivare il plico in tempo: non ci sarebbe stato nulla di strano. Che ne arrivino così tanti tutti insieme rimane in ogni caso curioso, diciamo.

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Così come ci sono altre curiosità nella vicenda. Molte delle buste inviate attraverso uno dei corrieri risultano acquisite il 28 e il 29 settembre e in orari ricompresi nelle medesime fasce orarie. Molte delle buste risultano autenticate dagli stessi soggetti, come ad esempio il consigliere comunale di Napoli Stanislao Lanzotti, un assessore del comune di Grumo Nevano o altri ancora (Lanzotti, raggiunto dalla redazione di neXt Quotidiano, ha comprensibilmente voluto evitare di rispondere a domande sulla vicenda senza prima conoscere le carte). Alcuni mittenti sono indicati con una targhetta adesiva mentre quelli di Poste sono scritti a penna e così via.

L’altro lato dell’Ordine dei Biologi

Come abbiamo ricordato, però, sull’esposto presentato in procura a Roma pende una richiesta d’archiviazione del pubblico ministero Mario Palazzi alla quale i difensori di Calcaltelli e Costantini si sono opposti. E d’altro canto, come ricordava perfidamente la sentenza del Consiglio dell’Ordine dei Biologi, c’erano state irregolarità nelle precedenti elezioni “che in entrambi i casi avevano visto prevalere proprio i ricorrenti”. Ovvero proprio Calcatelli e Costantini.

Il 24 giugno 2016 l’allora presidente dell’Ordine dei Biologi, il consigliere Pietro Sapia e la segretaria Giuseppina Comandè sono stati rinviati a giudizio per falso ideologico in atto pubblico legato alle elezioni per il rinnovo dei vertici nel giugno 2012. La decisione, dopo anni di indagini, è stata presa dal gup: gli imputati avrebbero falsificato un certo numero di richieste di schede elettorali necessarie per il voto per corrispondenza. Inoltre avrebbero creato e usato schede di voto fasulle. Cosa è successo? Per dirla con le parole di Vincenzo D’Anna, Calcatelli «è un abusivo perché da un anno, da quando il TAR ed il Consiglio di Stato hanno decretato che le elezioni all’Ordine dei Biologi svolte per corrispondenza erano state truccate (erronei indirizzi su buste contenenti schede, ritorno indietro delle schede non recapitate all’Ufficio Postale di Roma Ostiense e qualcuno le ritira e le vota!!), mantiene illegalmente la carica e gli appannaggi economici di Presidente».

La difesa di Calcatelli dal canto suo sottolinea che la vicenda ruota intorno a un mezzo di autenticazione della firma che il Tribunale Amministrativo Regionale aveva dapprima validato ma poi ha ritenuto non conforme e ricorda che una sentenza del Tar Lazio e tre della Corte dei Conti hanno «già stabilito l’assoluta regolarità» delle elezioni di quattro anni fa. Un articolo del Tempo qualche tempo fa raccontava alcuni dettagli della vicenda che ci aiutano a comprenderne le dimensioni, ma anche a notare come la storia si ripeta troppo spesso:

In esecuzione di un medesimo disegno criminoso e al fine di procurarsi un vantaggio – si legge nel capo d’imputazione relativo a Calcatelli, Sapia e Comandè – formavano falsamente 23 richieste di schede elettorali relative alle elezioni dell’Ordine dei Biologi e del Consiglio Nazionale dei Biologi». Successivamente «formavano schede di voto false».

Per poter votare infatti, ogni biologo deve prima richiedere la scheda, firmando un apposito documento. Successivamente i professionisti votano inviando le loro preferenze via posta. Quindi gli indagati avrebbero richiesto falsamente delle schede elettorali e poi le avrebbero compilate a loro piacimento.

Dallo stesso articolo si evince che i voti pervenuti e considerati ammissibili furono 5682.

D’Anna e l’accusa di peculato per Calcatelli

C’è però un’altra accusa dalla quale Calcatelli si deve difendere: come ha fatto sapere l’Ordine dei Biologi con un comunicato stampa nel gennaio 2018, è stato rinviato a giudizio per peculato aggravato in relazione “ad ingenti somme di pertinenza dell’ONB”: il senatore D’Anna, già presidente, all’epoca fece sapere che stava preparando la costituzione di parte civile. Scrive Informabiologi che secondo l’accusa Calcatelli, “nella sua qualità di segretario del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi, avrebbe elargito somme pari a circa 400.000,00 euro, negli anni tra il 2007 ed il 2009, ai familiari dell’allora Presidente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi Dott. Ernesto Landi”. Le accuse, è inutile dirlo, provengono dalla parte di D’Anna. Nel sito Informabiologi (della corrente di D’Anna) le accuse sono ancora più dettagliate.

Ma il presidente dell’Ordine dei Biologi ne ha parlato in un articolo pubblicato da La Stampa e incollato anche sul suo sito e sulla pagina Fb di IB in cui si racconta soprattutto dei risultati della due diligence sui conti dell’Ordine affidata allo Studio legale tributario e internazionale Puoti, Longobardi e Bianchi:

Come dice lo stesso Ordine commentando i risultati della due diligence: «l’analisi dei movimenti finanziari evidenza che l’equilibrio finanziario dell’Ordine è stato mantenuto solo grazie al tesoretto di circa 4 milioni di euro, ormai completamente dilapidato, degli strumenti finanziari immobilizzati». Per essere più precisi, l’Ordine dei biologi parla di quasi totale assenza di delibere di idoneità a supporto delle spese che, a un certo punto del settennio, superano le entrate segnando un risultato negativo di oltre 2 milioni di euro con una tendenza al segno meno per più anni consecutivi.

«Confermo che ci fosse questo gruzzoletto di quattro milioni di euro, un tesoretto investito in borsa, in modo poco ortodosso – spiega D’Anna a La Stampa – Tra la vecchia gestione e la mia gestione c’è stato un semestre di commissariamento straordinario. Siamo diventati organi sussidiari della pubblica amministrazione e questo vuol dire che la Corte dei Conti vigila sulle nostre casse: per questo ho richiesto la due diligence, avevo bisogno di fare il punto della situazione».

ermanno calcatelli

La Stampa però conclude sostenendo che fatta eccezione per il trading, “che non dovrebbe mai essere possibile con i soldi di un ente pubblico“, i risultati dell’analisi sui conti in realtà “non svelano il dettaglio della spesa e quindi non permettono di capire se quei soldi siano stati investiti in modo efficiente e per ragioni oggettivamente necessarie all’Ordine”. Ma il trading di cui parla D’Anna c’è? Sul punto lo stesso Calcatelli fa sapere che i titoli acquistati sul conto istituzionale e su quello per il TFR, i due di cui si parla, sono BTP, CCT e BTP Italia, ovvero titoli che rientrano perimetro della gestione di un investitore istituzionale con profilo di rischio prudente.

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In una nota inviata in replica a La Stampa l’ex presidente dichiara che le scelte economiche dell’ente erano sotto il controllo dei revisori e che si trattava di normali operazioni di Tesoreria che venivano accreditate in conto corrente all’Ordine, come dimostrato dalla stessa due diligence di D’Anna. E conclude facendo notare che il tesoriere e il consulente fiscale al bilancio dell’Ordine sono rimasti gli stessi anche dopo l’arrivo di D’Anna in via Icilio: «Come mai allora il mio successore e principale accusatore ha rinnovato tutti gli organi e le cariche ad eccezione dei miei due “presunti complici” che non possono non aver visto e quindi denunciato? E’ quanto meno strano. Sarà perché in realtà, non c’è stato alcun illecito e le accuse infamanti rivolte alla mia amministrazione sono del tutto infondate e hanno il solo obiettivo di ricoprirmi di fango?».

E qui si conclude la seconda puntata di un racconto che finora era rimasto più o meno inedito. Le prossime seguiranno necessariamente le decisioni dei giudici.

(2 – Continua)

La prima puntata di House of Labs: Come Vincenzo D’Anna è diventato presidente dell’Ordine dei Biologi

EDIT 3 marzo 2019: Oggi un articolo del Messaggero riepiloga le vicende intorno al processo per peculato, che vede implicati Calcatelli e la vedova dell’ex presidente Landi Anna Pensato:

Bypassando i criteri previsti per la selezione e l’assunzione del personale negli enti pubblici avrebbe predisposto una «fraudolenta delibera», bollata dal padre dell’imputata. La cifra era stata stanziata per l’incarico di portavoce del presidente e sarebbe consistita in un contratto da 5mila euro al mese per 34 mesi. Altra delibera, altro stanziamento per la moglie di Landi, Anna Pensato, coimputata con Calcatelli.

Stavolta, contestano i magistrati romani, le quote degli iscritti sarebbero servite per «il pagamento […]senza che ciò fosse stato correttamente deliberato nell’adeguata sede consiliare, mediante la presentazione di fatture». Su queste carte le diciture che avrebbero motivato la spesa sarebbero state “collaborazione organizzazione corsi e convegni” oppure “compenso per prestazioni rese”, risalenti al triennio 2007-2008-2009. Totale della spesa: 168.300 euro. Stesso schema sarebbe emerso con il figlio del Landi,Loris, ma con una cifra più contenuta: 60mila euro. Spesa motivata dalla presentazione di fatture, anche qui, recanti diciture “piuttosto generiche” scrive la procura: “collaborazioni rese all’ente”.

«Un clima da tardo impero», lo ha definito in aula l’attuale presidente dell’Odb, Vincenzo D’Anna,ex senatore nelle file del gruppo Ala, parte civile nel processo e rappresentato dall’avvocato Gino Fulgeri.

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