Sentenza omicidio Mollicone: le urla di rabbia dopo il “tutti assolti” per i Mottola | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-07-16

A 21 anni dalla morte della giovane trovata morta ad Arce, in provincia di Frosinone, è arrivata la sentenza di primo grado

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A 21 anni di distanza dall’omicidio di Serena Mollicone, la Corte d’Assise di Cassino ha emesso la sua sentenza:  “Assolti per non aver commesso il fatto”, così è stato deciso per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, – “Assolti per non aver commesso il fatto”. È la sentenza emessa dalla Corte d’Assise del Tribunale di Cassino per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco, e la moglie Annamaria, imputati con l’accusa di concorso nell’omicidio della ragazza di 18 anni.

Sentenza omicidio Mollicone: il tentativo di aggressione dopo il “tutti assolti” | VIDEO


E dopo la lettura della sentenza ci sono stati momenti di forte tensione sia nell’aula che all’esterno del palazzo di giustizia, con un tentativo di aggressione nei confronti di alcuni imputati al punto che sono dovute intervenire le forze dell’ordine per riportare la calma mentre si sentivano grida dalla folla “Assassini” e “Vergogna”. “I
Mottola non hanno vinto perché hanno subito 11 anni di fango, non ha vinto Serena perché la sua morte è rimasta senza un colpevole, non ha vinto la giustizia perché non è un Paese civile quello dove si fa un processo a 20 anni da un delitto”, a detto l’avvocato Francesco Germani, storico difensore della famiglia Mottola, nel corso della conferenza stampa convocata dopo la sentenza di assoluzione. Invece l’avvocato Dario De Santis, legale del padre e dello zio di Serena, Guglielmo e Antonio Mollicone ha commentato: “È una pagina nera per lo Stato, è stato infitto un ulteriore patimento alla vittima, solo la morte ha risparmiato a Guglielmo un ulteriore dolore”. – “Feriti dalle calunnie”. Annamaria Mottola parla per la prima volta da quando è iniziata la sua vicenda giudiziaria, nel corso della conferenza stampa convocata dopo la sentenza della Corte d’Assise di Cassino che la ha assolta insieme al figlio Marco e al marito Franco dall’accusa di omicidio, nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone dicendo: “Mi dispiace per Serena, se potessi prenderei io stessa l’assassino”.

Omicidio Serena Mollicone, la sentenza a 21 anni dall’uccisione ad Arce

Era il 1° giugno del 2001, quando si persero le tracce di quella 18enne. Secondo uno dei testimoni, il brigadiere Santino Tuzi (poi suicida l’11 aprile del 2008, una settimana la sua deposizione presso la Procura di Cassino), la giovane era entrata all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce. Non se ne conoscono le motivazioni, ma da quel momento non si è saputo più nulla di lei. Il suo corpo senza vita (con una grave e profonda ferita alla testa) fu ritrovato due giorni dopo nella zona di Fontecupa, non lontano dal comune di Fontana Liri.

Le indagini sono state complicate fin dall’inizio e, infatti, è stato aperto un fascicolo parallelo per “depistaggi”. Fin dall’inizio la luce era stata puntata sull’allora comandante della Stazione dei Carabineri di Arce – Franco Mottola -, sul figlio Marco e sulla moglie del militare Anna Maria. Secondo le ricostruzioni della Procura, la giovane sarebbe stata colpita alla testa – con una porta presente al primo piano della Stazione, nell’abitazione in cui viveva la famiglia Mottola – dal figlio del carabiniere. I due giovani, infatti, si conoscevano e facevano parte della stessa comitiva di amici. Poi, però, i rapporti si sono logorati quando la stessa 18enne aveva accusato il giovane per spaccio di sostanze stupefacenti. E aveva tirato in ballo anche il padre.

E secondo le ricostruzioni (basate sul racconto dei testimoni, i rilievi sul corpo e su quella indicata come la scena del crimine) dell’accusa, l’omicidio Serena Mollicone si sarebbe consumato in tre frasi: prima l’aggressione da parte di Marco Mottola, poi l’intervento (diverse ore dopo) del padre – Franco Mottola – che ha soffocato il corpo, dolorante e quasi inerme della giovane. Alla fine, con la collaborazione della moglie del carabiniere e madre del giovane, avrebbero trasportato il corpo in auto per poi lasciarlo – nelle campagne di Fontecupa – diverse ore dopo la sua morte. Per questi motivi, 21 anni dopo, la Procura aveva chiesto 30 anni di carcere per il padre-carabiniere, 24 per il figlio e 21 per la moglie e madre.

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