L'olio di palma a Report tra verità e propaganda

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-05-04

Nella puntata di ieri di Report dedicata all’alimentazione è andata in onda un’inchiesta sull’olio di palma e alcune aziende italiane annunciano una svolta, ma sarà la “svolta buona”?

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“Nutrire il Pianeta” è il motto di Expo e Report ha deciso di dedicare una serie di inchieste di approfondimento per capire in che modo vengano realizzati gli alimenti che consumiamo. Nella puntata di ieri è andata in onda la storia di un ingrediente molto usato nella produzione di snack e merendine (ma anche all’interno di prodotti cosmetici) la cui enorme richiesta da parte del mercato sta causando la distruzione di interi ecosistemi e mettendo a rischio l’esistenza di diverse specie animali tra cui gli oranghi di Sumatra.

L’OLIO DI PALMA
Fino a pochi mesi fa l’olio di palma non era nemmeno indicato esplicitamente sulle etichette.A partire dal 13 dicembre 2014 è divenuto obbligatorio indicarlo ed è stato possibile anche per i consumatori rendersi conto di quanto sia onnipresente nei cibi che acquistiamo. Questa volta però il problema non è se sia o meno nocivo alla salute umana (ed eventualmente in quali quantità) ma quanto la sua coltivazione sia dannosa per il Pianeta. Dal momento che alcune aziende che ne fanno uso nei loro prodotti sono anche sponsor di Expo e che Expo fa della sostenibilità dell’alimentazione umana il tema principale della manifestazione l’attenzione ai metodi di produzione dell’olio di palma è del tutto giustificata. Come sempre accade quando una materia prima è molto richiesta dalle multinazionali e la sua produzione avviene in paesi poveri dove la possibilità di poter uscire dalla miseria hanno la meglio sulla conservazione dell’ambiente, le piantagioni di palma da olio hanno causato la distruzione della foresta pluviale in Indonesia e Malesia (due tra i principali esportatori di olio di palma). Cinque anni fa Greenpeace denunciava i danni che il massiccio utilizzo di olio di palma da parte dell’industria alimentare stava provocando all’ecosistema indonesiano minacciando con la deforestazione l’esistenza degli oranghi.

IL MITO DELL’OLIO DI PALMA ECO SOSTENIBILE
Per poter aumentare la produzione di olio di palma (che ha il pregio di essere poco costoso) e stare al passo con la richiesta delle multinazionali gli agricoltori infatti sono soliti distruggere porzioni di foresta per sostituirle con palme da olio. In questo modo l’habitat naturale degli oranghi (ma anche di altre specie animali come ad esempio l’orso malese) si riduce sempre di più. Anche perché una grande parte della superficie coltivata a palma da olio viene disboscata illegalmente. Sarebbe stupido pensare che la colpa è degli agricoltori locali o delle aziende che producono olio di palma destinato all’esportazione. Ovviamente i maggiori responsabili sono le multinazionali (e che ci vuole, hanno già tante colpe) che fanno uso di olio di palma nei loro prodotti. Che per pulirsi un po’ la coscienza hanno dato vita alla Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO), un ente che in teoria ha lo scopo di certificare che la produzione di olio di palma utilizzato dalle aziende che fanno parte dell’RSPO utilizzino olio di palma proveniente da coltivazioni “eco-compatibili”. Il problema non è uno solo, di pari passo con la deforestazione c’è il consumo di pesticidi utilizzati per difendere le piantagioni e, last but not least, le inesistenti tutele (sia dal punto di vista della salute che lavorativo) dei lavoratori delle piantagioni. Naturalmente c’è poi la questione di una certificazione di eco-sostenibilità emessa dalle aziende che ne fanno uso (Report non lo dice ma al tavolo siede anche il WWF) e non da un organismo indipendente, senza contare il fatto che la produzione di olio di palma “certificato” è minima rispetto alla produzione totale.

Le quote di mercato dell'olio di palma certificato (fonte: theguardian.com)
Le quote di mercato dell’olio di palma certificato (fonte: theguardian.com)

IL DILEMMA DEL CONSUMATORE
Anche i consumatori sono responsabili della situazione nelle zone di produzione dell’olio di palma. La nostra richiesta di prodotti a basso costo ha fatto sì che le aziende produttrici orientassero la loro scelta verso l’acquisto di materie prime poco costose. Il fatto che la coltivazione della palma da olio avvenga in paesi molto distanti da noi ha contribuito a far concentrare l’attenzione dei consumatori occidentali più sui rischi per la salute che sui problemi ecologici. Siamo quindi tutti in grande ritardo, e non solo le multinazionali, per fronteggiare il problema. Quali soluzioni ci sono però? Il servizio di Report non ne dice, o meglio si limita a notificare che “Buitoni, Misura e Ferrero ci scrivono dicendo che lo stanno man mano sostituendo” con l’olio d’oliva. Tutto apposto quindi? Né la Gabanelli e né la Giannini (che ha condotto l’inchiesta) sembrano avanzare dubbi. L’importante, fanno intendere, è che si abbandoni l’utilizzo dell’olio di palma anzi, ci sono anche aziende che già scrivono sull’etichetta che non ne fanno uso. Hurrà!1 E invece no, perché quello che Report non dice è che se la domanda di olio di palma dovesse essere sostituita con l’olio d’oliva (o altro) la situazione non cambierebbe, cambierebbe solo la coltivazione e magari l’area geografica vittima della sete di olio dell’industria alimentare e cosmetica. E cambierebbero le popolazioni in cerca di migliorare la propria situazione economica grazie all’interesse mondiale per il loro prodotto locale impoverendo ancora una volta i territori sfruttati dall’industria dell’olio di palma. Non è solo la coltivazione di palma da olio a non essere eco-sostenibile ma il sistema economico che gira intorno alla produzione di materie prime. Nemmeno boicottare i prodotti della Ferrero (o delle altre aziende che fanno uso di olio di palma) potrebbe essere la soluzione come spiega questa scheda del WWF che invita invece a chiedere l’utilizzo di olio di palma proveniente da piantagioni certificate.
Meglio chiedere l'utilizzo di olio di palma certificato , non sarà la soluzione ideale ma è il meglio che possiamo permetterci (fonte: wwf.org.au)
Meglio chiedere l’utilizzo di olio di palma certificato , non sarà la soluzione ideale ma è il meglio che possiamo permetterci (fonte: wwf.org.au)

Anche se l’Huffington Post qualche giorno fa sosteneva che il WWF dicesse di andare “oil free”
Didascalie che dicono il contrario di quello che dice la foto ne abbiamo? (fonte: Huffingtonpost.it)
Didascalie che dicono il contrario di quello che dice la foto ne abbiamo? (fonte: Huffingtonpost.it)

Come spiega al Guardian Katie McCoy del CDP:

Palm oil is an incredibly high-yielding vegetable oil, which means that anything replacing it will have to use more land – that does not solve the issue of deforestation and associated land use change. Better to get palm oil production ‘right’ to avoid leaking the issue elsewhere to another commodity.

Dobbiamo fare i conti con la realtà: è vero che la domanda di olio di palma sta distruggendo diverse aree del Pianeta ed è vero che le coltivazioni di palma da olio stanno impoverendo le aree di produzione

(fonte: guardian.com)
(fonte: guardian.com)

ma è anche vero che fare a meno di questa materia prima non farà magicamente scomparire il problema. Un consumo consapevole è un consumo che tiene conto dei costi in termini ecologici del nostro stile di vita, senza nascondere la testa sotto la sabbia in attesa del prossimo disastro da denunciare del prossimo nemico da combattere. Perché il nemico siamo anche noi, e non gli “altri”.
Poteva mancare? No.
Poteva mancare? No.

Foto copertina via Twitter.com

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