Oleandrina: il ricatto a Lavazza e Ferrero

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-04-06

Trecentomila mila euro in Bitcoin da versare in un’unica soluzione entro il prossimo 20 maggio. Oppure inizierà la rappresaglia sui prodotti in vendita

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Un criptoricatto all’oleandrina per Ferrero, Lavazza, Barilla e Vergnano: trecentomila mila euro in Bitcoin da versare in un’unica soluzione entro il prossimo 20 maggio. Oppure inizierà la rappresaglia sui prodotti in vendita, inserendo nelle confezioni esposte sugli scaffali dei negozi un po’ di polvere di «oleandrina», sostanza velenosa estratta dall’oleandro che può causare anche gravi disturbi cardiaci.

Oleandrina: il ricatto a Ferrero, Lavazza e Barilla

La storia comincia con alcune buste sospette, provenienti dal Belgio, sono state recapitate al quartier generale della Lavazza, a Torino, e alla Caffè Vergnano, a Santena (Torino). Ma anche alla Ferrero, la multinazionale della Nutella che ha sede ad Alba (Cuneo), alla Illy e ad una azienda lombarda del settore cosmesi. Sempre con la stessa minaccia: “avveleneremo i vostri prodotti, se non ci pagate”. Un ricatto su cui indagano polizia e carabinieri, senza escludere nessuna ipotesi, neppure quella di un possibile collegamento con i plichi esplosivi di matrice anarco-insurrezionalista recapitati alla sindaca di Torino Chiara Appendino e, oggi, al capogruppo della Lega della Circoscrizione 6 del capoluogo piemontese. “Cosa vogliamo? Come voi, soldi… vogliamo 300 mila euro”, si legge nella lettera, scritta al computer su un foglio A4, in perfetto inglese da persone che si definiscono “uomini d’affari”.

“Non siamo terroristi, malati di mente…”, precisano spiegando che la sostanza verde all’interno della busta è “oleandrina, una sostanza vegetale capace di procurare nausea e diarrea, ma anche aritmia fino all’arresto cardiaco. “Non vi fate ingannare dall’aspetto: diluito o meno, il veleno è molto efficiente. Come saprete – continua la lettera – è molto semplice introdurre un po’ di veleno, in polvere o liquido, in uno dei vostri prodotti che si trovano sugli scaffali dei supermercati. Riuscite ad immaginare gli effetti disastrosi, per l’immagine della vostra compagnia, se i clienti iniziassero a morire avvelenati…”.

I dipendenti della Lavazza in isolamento

Sette dipendenti della Lavazza, operatori dell’ufficio postale all’interno del nuovo quartier generale dell’azienda, la ‘Nuvola’ di Torino, sono rimasti per tutto il giorno in isolamento a scopo precauzionale. E mentre la polverina veniva esaminata dall’Istituto Zooprofilattico, secondo cui non si tratta di una sostanza radioattiva, trasmissibile per via aerea o per contatto, scattava un analogo allarme alla Ferrero.

Sul posto, anche in questo caso, le forze dell’ordine e i vigili del fuoco del nucleo Nucleare Biologico Chimico Radiologico (Nbcr). Le procedure d’emergenza attivate non hanno fermato la produzione dello stabilimento, proseguita regolarmente. Un copione già visto alla Caffè Vergnano, dove è stata recapitata ieri la busta sospetta con la richiesta dei soldi. Da versare “entro il 20 maggio” su un conto elettronico di Bitcoin.

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