Quel golpista di Obama

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-12-21

Manca poco a Natale e finalmente Di Battista tornerà in Italia. Magari tornerà a proporci le sue visioni alternative del mondo. Ecco un piccolo assaggio di una delle sue specialità: la politica internazionale

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Alessandro Di Battista oggi ha deciso di tornare alla sua vecchia passione: la politica internazionale. Ve lo ricordate il deputato M5S quando ci spiegava – tacendo sull’ennesima strage di civili – che spettava ai siriani decidere se Bashar al-Assad era un dittatore o meno. Oggi il subcomandante Dibba ha deciso di spiegarci in breve i successi di Donald Trump e i crimini di Barack Obama e Hillary Clinton.

Il problema di Di Battista con la politica internazionale è che non ci capisce nulla

La visione della politica estera di Di Battista si è sempre contraddistinta per due capisaldi fondamentali: una visione manichea del mondo e uno sconcertante pressapochismo. A questi va aggiunta anche una buona dose di ipocrisia. Ne ha dato prova quando ha detto che bisognava dialogare coi terroristi dell’ISIS: «Il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore». Curiosamente non ha invitato né Assad né la Russia (e tantomeno Trump) a fare altrettanto, anzi tutti e tre si sono impegnati con decisione a bombardare le postazioni dell’ISIS senza cercare alcun dialogo. Il fatto è che Di Battista in cuor suo ha già deciso chi sono i buoni, e quando qualcuno gli fa notare che non lo sono poi così tanto risponde con una supercazzola. Come quando gli chiesero se sapeva qualcosa delle violazioni diritti umani in Russia Di Battista e sfoderò un magnifico «non ci sono forse diritti violati nel quartiere Tamburi di Taranto?».

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E così oggi Di Battista ci dice che in politica estera Trump si sta comportando meglio di tutti i presidenti USA precedenti. Strano, perché mi sembrava di ricordare che qualche anno fa Di Battista dicesse che era necessario «iniziare a dialogare con determinati paesi. Lo sta facendo Obama, ad esempio… occorre scongelare alcuni rapporti. Ad esempio con l’Iran». E non serve essere assidui frequentatori della Casa Bianca per sapere Trump ha deciso di uscire dall’accordo con l’Iran ricongelando i rapporti con Teheran scegliendo nuovamente la strada delle sanzioni.

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Per tacere del fatto che Trump continua ad avere solidi rapporti con l’Arabia Saudita, un paese che attualmente impegnato in una sanguinosa guerra in Yemen, che non famoso per essere rispettoso dei diritti civili e il cui principe è il mandate dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Di Battista però è imprigionato nel classico dilemma del sovranista, che ammira il sovranismo degli altri anche quando finisce per danneggiare gli interessi nazionali, o anche solo creare inutili sofferenze. Ma per Di Battista Trump è un eroe (in fondo non è l’unico fascista che ammira) che «sta andando contro parecchi poteri forti USA». Una narrazione analoga a quella sostenuta da coloro che credono alle teorie del complotto di QAnon.

Quella volta che Di Battista ha intervistato Zelaya (ma era L’Espresso)

Oggi quindi Di Battista ci spiega che Trump è meglio di Obama perché ha deciso di ritirarsi dalla Siria. Lo stesso Trump che quando Obama era presidente lo criticava perché aveva deciso di intervenire in Siria e che appena insediato ha ordinato un attacco missilistico contro la base dell’aviazione militare siriana di Shayrat. Di Battista forse in quei frangenti era distratto. Oppure sperava che la Russia, l’Iran e la Turchia riuscissero a fermare il massacro di siriani e curdi. Ironia della sorte vuole che Di Battista mentre loda il presidente che ha fatto schierare migliaia di militari al confine con il Messico per impedire l’ingresso della carovana di migranti proveniente dall’Honduras attacchi Obama e Hillary Clinton per il golpe in Honduras.

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Di Battista scrive «a Tegucigalpa ho parlato a lungo con Manuel Zelaya, ex-Presidente dell’Honduras buttato giù con un colpo di Stato avallato da Obama e dalla Clinton». Ora che quel colpo di Stato sia stato ordito dal Dipartimento di Stato è ovviamente la versione dell’ex presidente, perché Obama ha sempre detto che quanto avvenuto in Honduras era illegale e che per gli USA il presidente rimaneva Zelaya. Curioso poi che la “rivelazione” di Di Battista sia la stessa contenuta in un’intervista esclusiva del 2016 di Roberta Zunini de L’Espresso a Zelaya. Inizialmente però, nei giorni del golpe, Zelaya non sembrava così convinto del fatto che Obama fosse il responsabile del colpo di stato, anzi riteneva che fosse avvenuto all’insaputa di Obama. In un’intervista alla televisione argentina nel luglio del 2009 Zelaya disse «Il governo di Barack Obama non è dietro a questo golpe, né (Hillary) Clinton né il dipartimento di Stato, anche se è vero che ci sono forze interne negli Usa, fortemente conservatrici, che si sono dette favorevoli al golpe», addirittura Zelaya raccontò alla televisione argentina che gli Stati Uniti tentarono di fermare la cospirazione ai suoi danni.

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Dulcis in fundo Di Battista chiede il ritiro delle truppe italiane in Afghanistan. Ma a quanto pare il governo penta-leghista è di tutt’altro avviso, e nel contratto di governo non se ne parla. Qualche tempo fa durante una visita al nostro contingente (non continente) in Afghanistan la ministra della Difesa Elisabetta Trenta lodava «la nostra presenza in armi fuori dai confini dell’Italia, guidata dai valori della nostra Costituzione, in una missione fondamentale per la pace». Nessun ritiro delle nostre forze militari, si parla solamente di una “rimodulazione” del contingente che verrà ridotto da 900 a 700 uomini  Ma Dibba manca da troppo tempo dall’Italia, e forse non si è nemmeno accorto che sugli F-35 il MoVimento 5 Stelle ha cambiato idea.

Leggi sull’argomento: Come si farà la demolizione del Ponte Morandi a Genova

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