Opinioni

Moderni Fascismi, Caos e Web

di Giuseppe Giusva Ricci

Pubblicato il 2017-06-05

Essendo il Caos (valori, conoscenza, informazioni, ideologie, ecc.) utile al Potere Politico, quest’ultimo lo avalla sempre più prendendovi parte. Ma come fa il web a riprodurre il caos utile ai Nemici Politici? Con l’avvento di possibili quanto illusorie dinamiche pluridirezionali che la televisione non permette, la rete appare diversamente utile ai fruitori, ma è una […]

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Essendo il Caos (valori, conoscenza, informazioni, ideologie, ecc.) utile al Potere Politico, quest’ultimo lo avalla sempre più prendendovi parte. Ma come fa il web a riprodurre il caos utile ai Nemici Politici? Con l’avvento di possibili quanto illusorie dinamiche pluridirezionali che la televisione non permette, la rete appare diversamente utile ai fruitori, ma è una NuovaTV, dotata di infinite appariscenti forme partecipative, capaci di illudere l’individuo di farsi broadcaster quando invece, al limite, può essere solo un operatore a costo zero per il vero media; ancora uno schermo piatto e luminoso che in fondo scherma dalla realtà senza proteggere da essa. Quasi tutto, al suo interno, crea caos conoscitivo che si fa patologia.
L’utilizzo principale di Internet riguarda i social network…SocialDeadWork. Questi agiscono sul bisogno di esprimere e mettere in comune le proprie idee e opinioni, in un mondo in cui né il Potere né nessun altro pare voglia ascoltare; tutti hanno bisogno di dimostrare a se stessi d’esistere con parole e immagini (foto, selfie, ecc): di sentirsi appartenenti a una qualsiasi forma di agglomerato sociale con caratteristiche minimamente condivise. Queste transazioni binarie però non sottendono una comunicatio (cum = con + munire = legare/costruire + atio = azione; mettere in comune, far partecipe) di tipo allocutorio; la solennità e l’autorità decadono per lasciare spazio alla circolazione di notizie consultive/conversazionali tra i connessi. Tramite i social chiunque, spesso senza poter essere individuabile, può diffondere verità quanto assurde menzogne preconfezionate (bufale e fake) basate sulla verosimiglianza e sulla fascinazione generale per le verità nascoste.
Nei SocialDeadWork s’innesca l’alienante sovraccarico informativo che conduce al Caos, alla polverizzazione delle Verità messe in discussione da chiunque e dalla natura ultrarapida del mezzo; e quando le fonti ufficiali (testate giornalistiche, ecc.) e singoli personaggi politici (entrambi mossi da precise finalità di persuasione) si aggiungono agli individui già esasperati nell’attività condivisoria/comunicativa è collaterale e devastante lo svilimento quasi irrimediabile dell’attendibilità di tutti gli ambiti informativi, tanto che il sociologo Gérald Bronner, nel suo La démocratie des crédules [2013] arriva ad affermare che “[l]a diffusione virale di notizie fai-da-te ‘prodotte’ dalla rete ha conseguenze nefaste. La mancanza di trasparenza e del dubbio metodico crea nei cittadini diffidenza, inquietudine e sospetto”.
umberto eco
In queste condizioni, il caos informativo cela l’illusione sia della partecipazione sia dell’esistenza di una libera informazione, in realtà ri-promossa dalla rete solo in funzione dei ranking dei motori di ricerca predisposti a far sopravvivere i contenuti più cliccati e popolari e non quelli più Veri. Complici l’impreparazione del pubblico e la frustrazione da non accesso al potere, con la proliferazione delle falsità si formano consapevolezze deviate basate su metainformazioni, si compatta una massa di soggetti già ideologicamente affini, si concretano elementi di coesione fittizia primordiale e tribalistica e si amplia il dibattito pubblico ma solo in modo formale; in breve, si crea l’illusione della partecipazione utile ai gestori del Potere per ottenere in tempo reale gli spostamenti dell’opinione pubblica.
Anche la non riconoscibilità delle ipotetiche informazioni d’origine autorevole è proficua per il caos; la voce delle figure esperte (intellettuali, ricercatori, tecnici, ecc.) non solo si perde e si annulla tra le innumerevoli altre opinioni maggiormente dotate di strutture di diffusione preorganizzate, ma tace riconoscendo la superficialità del canale mediatico e l’essenza compromettente della moderna agorà del nulla e del marketing, la quale pur dotata di caratteristiche in grado di suggerire nuovi metodi di conoscenza (diversamente libera da quella dei media tradizionali) produce nuovi limiti alla circolazione delle opinioni, che finiscono per essere estremamente inficiate dalla soggettività e dall’infinità facilità di diventare pubbliche – non a caso il loro ottenimento è gratuito (e quando un servizio è o appare gratuito per l’individuo, il prodotto è l’individuo che ne fruisce).
Diffidenza permanente e inquietudine: questi sono i fenomeni sociali utili alla non-politica della non-Società. La nevrosi dei metodi conoscitivi, l’inattendibilità, l’importanza sublimata, la quantità abnorme delle istanze e le relative informazioni; queste le efficienze negative utili a disorientare. Teoremi affascinanti, gratificanti e consolatori: questi i contenuti che ottundono e seducono, che valicano l’irrazionalità, illudendo di una nuova libertà. È evidente che un moderno fascismo sta agendo per concretare una credulità sfruttabile nel subordinare il senso delle cose e instaurare una meta-coscienza collettiva, basata su un illusorio autogoverno individuale che quasi mai abbandona l’individuo a se stesso e lo precipita invece nel caos tra i tanti se stessi.
Ciò che rende operante l’omologazione basata sul sapere lieve fu individuato dallo scrittore americano Mark Twain. Nel suo License of press (1923), Twain definì quali sarebbero state la leve utili alla conquista e alla gestione sia delle idee pubbliche sia del conformismo socioculturale, indicando nella differenza tra il sentire (emotivo) e il pensare (razionale) il funzionamento generale e la suscettibilità alle informazioni di quella che definiamo opinione pubblica: “[n]on facciamo altro che sentire, e l’abbiamo confuso col pensare. Da ciò si ottiene solo un aggregato che consideriamo una benedizione. Il suo nome è opinione pubblica. È considerata con riverenza. Risolve tutto. Alcuni credono sia la voce di Dio”. Twain paragonava l’opinione pubblica a un’abitudine, e pensava che quest’ultima non meritasse rispetto perché frutto di credulità originata dal disimpegno e dall’incuranza che il moderno individuo medio prestava alla ricerca delle conoscenze già superficialmente gestite e mistificate. Sentenziava così che “la Verità dorme nei nostri cuori, per stanchezza o opportunismo” e indicando sia l’andazzo di una quotidianità individuale indaffarata e non disponibile all’uso della testa quanto a quello della pancia; la supremazia del sentire (indotto da istinti egoistici, nevrosi e frettolosità) sul pensare (necessitante di sforzo, tempo, volontà, preparazione e capacità di desaturarsi dall’azione di disturbo proveniente dall’eccesso informativo).
Se adottiamo il concetto di invasione degli imbecilli esposto da Umberto Eco nel giugno 2015 è palese che l’imbecillità è il presente della cultura di massa del nostro paese, proprio come il potere ha voluto; che per il filosofo e matematico Giulio Giorello sarebbe fondamentale evitare: “[p]er evitare la stupidità occorre saper ridurre l’arbitrario nella descrizione dei fenomeni, avendo presente che il nemico del vero non è il falso, bensì l’insignificante” (Di nessuna chiesa, 2015).
_estratto da Nemici Politici_Pubblici Nemici [2017]

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