Ministro Brunetta, cancelli l’articolo 10, rispetti la Costituzione e difenda la meritocrazia

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-04-13

Con un tratto di penna il ministro ha sbarrato la strada a 500.000 ragazzi, che non potranno accedere ai concorsi della Pa senza titoli di servizio o costosi master che non si possono permettere

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Nel silenzio pressoché generale, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha di recente firmato il cosiddetto decreto Covid che rischia di dare la mazzata definitiva a centinaia di migliaia di giovani (e meno giovani) aspiranti candidati alla pubblica amministrazione. A denunciarlo è un vasto movimento spontaneo formatosi in rete, e in particolare sui social, che, attraverso l’hashtag #ugualiallapartenza e una petizione su Change.org dal titolo inequivocabile “No concorsi per titoli – No alla riforma Brunetta”, ha messo, in particolare, nel mirino, l’articolo 10 del Decreto legge 44/2021, che in un contestatissimo passaggio cancella, di fatto, le prove concorsuali pre-selettive (tanto quelle future, di qui al 2021, quanto quelle già bandite), sostituendole con una selezione basata esclusivamente sui titoli, e in particolare quei titoli cosiddetti di servizio, relativi cioè all’esperienza maturata proprio all’interno della pubblica amministrazione.

Col risultato, inevitabile, di erigere un vero e proprio muro a tutti quei ragazzi, diplomati o anche laureati, che per poter accedere alla PA potevano sino a questo momento contare sul superamento di una pre-selezione e che, invece, si ritrovano dall’oggi al domani esclusi anche dal semplice accesso al concorso vero e proprio. Tradotto? Con poche righe il ministro Brunetta ha mandato in soffitta almeno tre articoli della Costituzione (4, 51 e 97), come spieghiamo nel dettaglio qui, spazzato via anni di lotta per la meritocrazia nel settore pubblico e dato lo schiaffo definitivo a tutti quei giovani per forza di cose meno titolati (e magari senza risorse per accedere a costosi master), ai concorsisti diplomati, a chi studia da mesi o anni e ha già pagato le iscrizioni ai concorsi senza potervi più accedere.

Siamo di fronte a un decreto non solo iniquo ma anche incostituzionale che rischia di cancellare con un tratto di penna mezzo milione di under 40 dalle 500.000 assunzioni previste nei prossimi cinque anni. Il tutto nel silenzio assordante dei media, e indirettamente a danno dell’amministrazione pubblica, cioè tutti noi. Ecco una causa giusta per la quale combattere, senza distinzioni.

A questo proposito, nel mio piccolo, vorrei rivolgere un appello al ministro Brunetta: invece di fare la guerra alle nuove forme di lavoro (che sono “nuove” solo in un Paese tragicamente obsoleto come l’Italia), faccia una cosa giusta per mezzo milione di giovani (e meno giovani) che col suo decreto ha spazzato via con un tratto di penna dalla pubblica amministrazione: cancelli quell’articolo 10 e lo riscriva, difenda (una volta tanto) la Costituzione e la meritocrazia in questo Paese. Non lo faccia (solo) per il mezzo milione di persone che hanno studiato, si sono sacrificate, magari non hanno le risorse per accedere a master che non si possono permettere e chiedono solo di avere parità di condizione alla partenza. Lo faccia per i 60 milioni di italiani che hanno diritto a una pubblica amministrazione competente, efficace, meritocratica, giusta. E, infine, lo faccia per lei, in un ultimo sussulto di dignità. Grazie.

 

 

 

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