Michele Serra e Vadim cancellato dalla guerra: “Nel momento in cui impugni un mitra e indossi una divisa, tu sei solo quel mitra e quella divisa” | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-05-23

Il giornalista e scrittore ha dedicato il suo monologo a “Che tempo che fa” alla storia del giovane Vadim Shishimarin, il soldato russo a processo per crimini di guerra in Ucraina

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Vadim Shishimarin ha 21 anni. È un soldato russo, il primo a esser stato arrestato e processato per crimini di guerra in Ucraina. Il giovane è accusato – e si è già dichiarato colpevole nel corso della prima udienza – di aver ucciso a sangue freddo un civile disarmato che attraversava le strade di Chupakhivka, un villaggio che si trova nella regione di Sumy (a circa 300 chilometri a est di Kyiv), a bordo di una bicicletta. E proprio a lui e a questa storia fatta di mandanti ben precisi, oltre che di responsabilità personali che assumono diversi contorni durante un conflitto, Michele Serra ha dedicato il suo monologo a “Che Tempo Che Fa”, su Rai 3.

Serra e la storia del soldato russo Vadim Shishimarin

Lo scrittore e giornalista parla della differenza tra gli esecutori dei crimini di guerra, in questo caso il giovanissimo Vadim Shishimarin e in mandanti. Michele Serra ha spiegato le sensazioni che prova vedendo il volto di quel 21enne e quel ruolo nascosto, ma neanche tanto, dei mandanti.

“Questo ragazzino si chiama Vadim Shishimarin, è un soldato russo, ha 21 anni, rischia l’ergastolo per crimini di guerra. Ha già confessato. Ha ammazzato con il suo kalashnikov un passante disarmato. Con altri soldati russi, Vadim stava scappando su una macchina rubata, dopo che il loro carrarmato era stato distrutto. Poi la macchina è caduta in un’imboscata degli ucraini, Vadim è fuggito a piedi nei boschi, il giorno dopo lo hanno preso. Il ruolo di predatore e quello di preda, in guerra, si confondono facilmente.
C’è un attimo in cui stai sopra l’onda del terrore, la cavalchi come un surfista e ti senti spavaldo. L’attimo dopo l’onda ti travolge, e mentre affoghi chiami tua madre.
Di ogni delitto si dice sempre: va bene, questi sono gli esecutori, ma chi sono i mandanti? In questo caso non c’è bisogno di investigare. Si sa benissimo chi ha mandato Vadim. I governanti e i generali. Ma mentre Vadim è in galera e potrebbe rimanerci per sempre, i suoi mandanti prima o poi andranno, su grandi automobili nere, in giacca e cravatta, alle trattative di pace, e rilasceranno interviste, sorridendo.
Non riesco a levarmi dalla mente l’immagine di questo giovanissimo assassino. Non sembra una tigre in gabbia, e tantomeno un orso, simbolo della forza russa. Sembra una faina, un cane magro, una volpe spaventata, un animale da rapina caduto in trappola. Tiene gli occhi bassi come se sapesse che non potrà rialzarli mai più.
Vadim, direbbero i suoi coetanei, è uno sfigato. Ce l’ha scritto in faccia. Sicuramente è povero, ha detto di essersi arruolato per aiutare sua madre. Fare il soldato, da sempre, è prima di tutto un modo per sbarcare il lunario. Poi vengono la Patria e la Gloria, prima viene il piatto pieno.
Vadim viene dalla regione di Irkutsk, Siberia orientale, a 5000 chilometri da Mosca, infinitamente lontana dalle torri dorate del Cremlino, a un passo dalla Mongolia. Lo hanno mandato a un passo dall’Europa, a settemila chilometri da casa sua, per ammazzare uno che non aveva mai visto. E MAI si sarebbero incontrati se non ci fosse stata la guerra.
Chissà che scuole ha fatto, dove abitava, se ha avuto un amore, cosa mangiava, cosa leggeva se leggeva, cosa pensava se pensava. La sua vita avrà pure avuto un peso, forse addirittura un senso. Ma, come accade per decine di migliaia di altri soldati, non ne sapremo mai niente. Nel momento in cui impugni un mitra e indossi una divisa, tu sei solo quel mitra e quella divisa: la guerra è enorme, e tu sei solo Vadim.
Uno dei libri che amo di più è Mattatoio numero 5 di Kurt Vonnegut. È la storia del bombardamento di Dresda, del quale Vonnegut fu testimone diretto. Era un soldato americano, prigioniero in Germania, si salvò per caso. Morirono circa 40mila civili, era il febbraio del ’45, pochi mesi prima della fine della guerra.
Il sottotitolo di quel libro è: la crociata dei bambini. Vonnegut dice che la guerra, ogni guerra, è fatta da vecchi che mandano a morire al posto loro i ragazzini. Si rifà a una vicenda medievale sospesa tra storia e leggenda, appunto la crociata dei bambini. Siamo nel 1212. Papa Innocenzo III indice la Quinta crociata. Un bambino francese di dodici anni, tale Etienne, esaltato dalla notizia, raduna migliaia di ragazzini e li trascina fino a Marsiglia, per imbarcarsi per la Terra Santa. Molti annegarono, molti furono ridotti in schiavitù, qualcuno tornò a casa.
Facendo uno zoom nel tempo, avvicinandoci a quella folla di ragazzini esaltati dalla guerra, se mettete bene a fuoco l’immagine, laggiù, a Marsiglia, nel 1212, potete riconoscere tra quei ragazzini anche Vadim. La crociata dei bambini non è mai finita”.
Perché ogni protagonista, anche chi si macchia di crimini come quello di cui è accusato il 21enne russo, ha una sua storia. Ma – come spiega Michele Serra – quando si indossa la divisa, anche quel giovane passato viene messo da parte.

(foto e video: da “Che Tempo che Fa”, Rai 3)

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