Politica
Massimo Bergamin: il sindaco leghista che non sposerà coppie gay
Alessandro D'Amato 10/07/2016
Come si salverà dal commissariamento? Il diavolo si nasconde nei dettagli…
Abbiamo già spiegato che un sindaco che si rifiutasse di celebrare le unioni civili tra persone dello stesso sesso andrebbe incontro al commissariamento. Eppure Massimo Bergamin, sindaco di Rovigo e leghista, sembra avere gran voglia di scherzare con il fuoco: in questa intervista a Repubblica conferma che non ha intenzione di celebrarle. Ma basta stare attenti alle parole per comprendere che tipo di scappatoia comincia a profilarsi per chi cercherà di sfilarsi dalla legge appena approvata:
«E se un bel giorno si presentano in tre? O se qualcuno viene qua con un cavallo e vuole sposare quello? Mai e poi mai, con la fascia da sindaco, celebrerò il matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Ci sono problemi molto più importanti da affrontare».
Massimo Bergamin, leghista, lei è sindaco di Rovigo da un anno. È un Comune da 52 mila abitanti. A quali problemi si riferisce?
«Ci sono le buche sulle strade, i quartieri poco illuminati, c’è la sicurezza. Avete idea di quanti cittadini vengono da me ogni giorno a chiedere lavoro? Questo governo politicamente abusivo si potrebbe occupare meglio di queste dinamiche invece di pensare ai matrimoni tra gay».
Qui però stiamo parlando di diritti civili.
«Io credo nei diritti civili e difendo le persone che vogliono avere una vita normale pur convivendo. Non mi interessa ciò che fanno a letto, quindi non chiedetemi di sposare gay e lesbiche».
Questa ora è una legge dello Stato e va applicata. Come farà?
«Delegherò a qualche altro consigliere o inviterò il premier Matteo Renzi a celebrare le nozze».
La sua obiezione è dovuta a motivi religiosi?
«Cultura, religione e principio: una coppia non può essere formata da due persone dello stesso sesso. C’è qualcosa che non va. C’è un corto circuito».
Qualche motivazione più concreta?
«É un atto formale che rende possibili situazioni che non sono ammissibili, tipo l’adozione».
E se qualcuno arriva in municipio chiedendo che sia sancita l’unione?
«Gli stringo la mano ma non sposo nessuno. Qualcuno lo farà ma non sarò certo io».
La frase più importante dell’intervista è l’ultima. Il sindaco è obbligato a celebrare le unioni civili o, in subordine, a delegare qualcuno per suo conto come succede anche per i matrimoni, in comuni grandi come Roma o Milano. Se ci si rifiuta si incappa nel codice penale con il reato di omissione di atti d’ufficio ma, soprattutto, si va incontro al commissariamento. Ecco quindi in che modo i sindaci potranno contemporaneamente salvare la faccia con i propri elettori e rispettare la legge: chi non vorrà celebrarle delegherà qualcuno a farlo, salvandosi così dal commissariamento.