Luxottica e il vizio perenne del capitalismo italiano

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-10-13

Quello di pensare che le doti imprenditoriali siano non sono ereditarie, ma che passino attraverso il talamo. Alla faccia della Borsa e dell’amministratore delegato uscente

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Il caso Luxottica è lo specchio del capitalismo italiano. Ieri sera è diventato ufficiale quello che era nell’aria: a poco più di un mese dall’uscita di Andrea Guerra anche l’a.d. scelto come suo successore Enrico Cavatorta rimette le deleghe al consiglio di amministrazione. Due amministratori delegati in un mese mollano quello che era considerato il gruppo più promettente della Borsa italiana, e uno degli alfieri del ritorno del Made in Italy contro la crisi. Il motivo di questi scontri risiede nei veti incrociati tra il fondatore, Leonardo Del Vecchio, i suoi sei figli e le sue tre mogli. I problemi dell’eredità vanno quindi a colpire la governance di un’azienda sana, con il risultato di portarla nel caos e mettere in pericolo anche le quote dei piccoli azionisti.
 
LUXOTTICA E IL DISASTRO DEL CAPITALISMO ITALIANO
Secondo i giornali l’amministratore delegato uscente non ha gradito la presenza di un consumenta della moglie di Del Vecchio, Nicoletta Zampillo, che si chiama Francesco Mileri e vuole un posto nel consiglio di amministrazione. Mileri si doveva occupare delle strategie del gruppo, in concorrenza con le deleghe di Cavatorta.

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L’azionariato di Luxottica (Repubblica, 13 ottobre 2014)

Spiega Repubblica in un articolo a firma di Sara Bennewitz:

La crescente influenza della Zampillo sulla Luxottica troverebbe una giustificazione nel fatto che la first lady ha chiesto una quota pari al 25% della Delfin,la finanziaria lussemburghese che controlla il 61% dell’azienda di occhiali. Del Vecchio ha però già diviso le azioni della finanziaria in parti uguali tra i sei figli che ora possiedono il 16,38% a testa della Delfin mentre lui ha solo l’1,72%, mantenendo però l’usufrutto su tutte azioni. Il colpo di mano potrebbe avvenire se lo stesso Del Vecchio chiedesse ai figli il voto per deliberare un aumento di capitale della Delfin riservato alla moglie, in modo che questa venga a detenere il 25% dellastessa. Di conseguenza il figlio ventenne Leonardo Maria, l’unico nato dal matrimonio tra Del Vecchio e la Zampillo, diventerebbe in prospettiva l’erede designato a guidare il gruppo di occhialeria (anche se il patron ha recentemente dichiarato che non intende inserire alcun figlio in azienda visto che questi «non si possono licenziare»). Parole che sono cadute dopo aver negato al primogenito Claudio, l’unico in Consiglio, la vicepresidenza.

Mentre il Corriere nell’articolo a firma di Anna Maria Sacchi spiega nel dettaglio il problema nato con Cavatorta:

Un imprenditore dell’It che Del Vecchio e l’attuale moglie, Nicoletta Zampillo, conoscono da anni e che dall’uscita di Andrea Guerra ha assunto il ruolo di unico consigliere del fondatore di Luxottica. Tanto da partecipare (con voce in capitolo) ai comitati di gestione delle singole macro-aree in cui è organizzata la società pur senza avere incarichi ufficiali. E proprio a Milleri, Del Vecchio avrebbe deciso di riservare il ruolo di vicepresidente esecutivo. Ma questo non era negli accordi –così almeno sostengono fonti vicine alle parti in causa – presi con Cavatorta al momento della sua nomina a co-amministratore delegato.

PARENTI SERPENTI
Ma, a parte le contingenze, quello che ha portato Luxottica in questa situazione è il vizio perenne del capitalismo familiare italiano: quello di pensare che le doti imprenditoriali siano non sono ereditarie, ma passino attraverso il talamo. Del Vecchio ha sei figli da tre donne diverse: anni fa aveva apportato a ciascun figlio un sesto del capitale della holding lussemburghese (altro vizio del capitalismo italiano) Delfin, che controlla i due terzi del capitale di Luxottica.

Ma nel 2010 ha risposato la seconda moglie, Nicoletta Zampillo, dalla quale ha un figlio solo, Leonardo jr, 20 anni. Nicoletta ha chiesto di avere in Delfin il peso azionario che le spetterebbe nella sua veste di coniuge alla morte del marito rimettendo in discussione tutti gli accordi. Alcuni figli avrebbero accettato di farle spazio, ma non tutti. Una situazione delicatissima, come la storia di tante altre imprese familiari dimostrano.

Oggi il CdA straordinario dovrebbe nominare un nuovo amministratore delegato, che evidentemente dovrà accettare la curiosa situazione di essere un Visconte Dimezzato, come il personaggio di Italo Calvino. Sicuro che si troverà, visto che è un posto che farebbe gola a molti. Il problema è il futuro dell’azienda. Che non si preannuncia roseo. Same old story?

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