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“Camminerei sui carboni ardenti per la pace”, la lettera di Luciana Littizzetto a Mario Draghi | VIDEO
neXtQuotidiano 11/04/2022
La comica torinese ha letto, a “Che Tempo che Fa”, la sua lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dopo la frase sulla pace o i condizionatori accesi
Quella frase pronunciata da Mario Draghi in conferenza stampa lo scorso 6 aprile ha provocato molte discussioni e polemiche: “Preferiamo la pace o il condizionatore acceso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre”. Parole arrivate in risposta a una domanda di un giornalista de Il Fatto Quotidiano in merito al gas e alle fonti energetiche russe che hanno sollevato il classico polverone. Il tema, però, è strettamente attuale visto che l’Italia (e l’Europa) dovranno decidere in questi giorni cosa fare e come sostituire quelle forniture che, in ogni caso, saranno ridotte (gradualmente o improvvisamente). E Luciana Littizzetto, nel corso dell’ultima puntata di “Che Tempo che Fa”, ha letto la sua letterina al Presidente del Consiglio, partendo proprio da quella frase e andando a toccare altri punti cruciali della guerra in Ucraina e i suoi riflessi.
“Caro Draghi, l’altro giorno ci hai chiesto: meglio la pace o il condizionatore acceso?
Vedi, Marionissimo, tempo fa c’era uno slogan che urlavano i contestatori: vogliamo il pane e le rose.
Adesso se vogliamo la pace rinunciamo alle cose.”– @lucianinalitti a #CTCF pic.twitter.com/TAqh7SHgaH
— Che Tempo Che Fa (@chetempochefa) April 10, 2022
Luciana Littizzetto risponde a Mario Draghi e i condizionatori
Dallo studio di Rai 3, Luciana Littizzetto si è rivolta al capo del governo con la classica ironia. Poi, però, l’escalation emozionale è cresciuta a dismisura perché mentre l’opinione pubblica italiana si è divisa su quella frase di Draghi, dall’Ucraina arrivano storie che vanno ben oltre la calura estiva e i suoi rimedi.
“Caro Draghi,
a scriverti è un’italiana che vive nella Pianura Padana, lembo di terra con il peggior clima del pianeta. Alaska d’inverno, deserto dei Gobi in estate e stagione temperata che dura tra i 5 e i 7 minuti. Un’italiana devoti che conserva ancora i 5 euro con la tua firma e che ammira la tua capacità di portare avanti un governo fatto di pezzi che stanno insieme con lo sputo.
So che per te è dura, Mario. Gestire una pandemia e una guerra con Di Maio agli Esteri non è un cammino facile. Per questo ogni tanto tagli corto e vai giù per le trippe. Come ti capisco. E l’altro giorni ci hai chiesto: meglio la pace o il condizionatore acceso? Ti rispondo subito: io scelgo la pace e l’aria condizionata spenta. Se per finire questo scempio ci sono dei sacrifici da fare, io ci sto. Sempre meglio un po’ di caldo che la guerra fredda. Vorrà dire che questa estate faremo come canta Gianni Morandi: apri tutte le porte. E faremo corrente. Faremo meno docce, laveremo meno capelli perché io valgo ma la pace di più. Metteremo i sandali e le infradito per evitare che i piedi tornino a casa lessi, guideremo con i finestrini abbassati e con i copri-sedili con i pallini di legno che non rinfrescano e ti demoliscono la schiena, diremo no al colesterolo e sì all’ascella pezzata (che in confronto alle polveri sottili è ancora il danno minore). Sarà la volta che entreremo dentro i supermercati senza cadere stecchiti come pettirossi in gennaio o viaggeremo in treno senza avere i piedi freddi come due vaschette di gelato. E se d’inverno avremo freddo la sera, metteremo la felpa, il maglione e tre piumoni oppure ci scalderemo nel modo più naturale del mondo. Al mare, invece dei motoscafi, useremo di più i pedalò e faremo tornare di moda i ventagli che vanno tutti a energia manuale. Ci hai dato il bonus bici e adesso pedaliamo. E gli uffici e i negozi potranno finalmente tenere le luci e le insegne spente di notte.
Io camminerei sui carboni ardenti per la pace e aiutaci anche tu che ti chiami Draghi: sputa fuoco per scaldarci. Perché c’è un freddo che non mi piace. Quello che arriva dall’Est, quello che sento quando vedo foto come quella di Vira, due anni e mezzo: la mamma le ha scritto sulla schiena il suo nome, la sua data di nascita e il telefono dei parenti, casomai lei venga uccisa e la piccola rimanga sola. La guerra trasforma bambini in foglietti di appunti che una bomba può far volare via come una lista della spesa. I bambini in guerra diventano ancora più piccoli e fragili. E non contano più in quel grande tritacarne senza senso. E de fossero i nostri figli quei figli che portano il nome e cognome scritti sulla schiena? Non vorremmo fare di tutto affinché questo finisca, anche stare al freddo?
Queste sono le foto di Sasha, le uniche cose che rimangono di lui. Poi c’è Kyrill che dorme al freddo sotto terra, perché casa sua è stata sventrata dalle bombe. A loro dobbiamo pensare. Perché dai bambini e proprio da sotto terra continua a germogliare la vita. Guarda Cathe e Irina: non pensavano ci si potesse divertire tanto nella metro di Kyiv. Sono rinchiusi lì da giorni e hanno imparato a buttarsi giù dagli scivoli della stazione. Guarda come si divertono. Perché, nonostante le bombe, nonostante la nostra stupida guerra, i bambini hanno ancora voglia di ridere e di giocare”.
Storie di parole e di polemiche che, spesso, dimenticano i vividi racconti di chi, come la madre di Vira, ha scritto il nome di sua figlia sulla schiena per non lasciarla sola anche in caso di sua scomparsa. E Luciana Littizzetto, rispondendo a Draghi, va a toccare proprio quelle corde.
(foto e video: da “Che Tempo che fa”)