Le indagini sull’omicidio di Luca Sacchi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-10-25

Luca Sacchi si trovava fuori dal pub John Cabot insieme alla fidanzata Anastasiya Kylemnyk e il loro cane. Il padre Alfonso è proprietario della “taverna delle Coppelle”, in zona Pantheon. Le indagini per omicidio volontario e il dubbio che l’aggressione sia nata da altri presupposti al momento ignoti

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Luca Sacchi, 24 anni, istruttore di palestra, appassionato di moto e di Ju jitsu, è stato colpito nella notte tra mercoledì e giovedì, alle 23.20, in via Franco Bartoloni, zona Appio Latino di Roma, da un colpo di pistola alla nuca. Ricoverato in codice rosso all’ospedale San Giovanni, dopo essere stato operato alla testa nella notte, è poi morto nella tarda mattinata di ieri.

Le indagini sull’omicidio di Luca Sacchi

Secondo la prima ricostruzione dei fatti Sacchi si trovava fuori dal pub John Cabot insieme alla fidanzata Anastasiya Kylemnyk, nata in Ucraina ma in Italia dal 2003, 24 anni, e il loro cane, quando due uomini si sono avvicinati a lei ordinandole di dargli lo zaino e le danno una botta in testa mentre lei glielo sta consegnando; Luca  li fronteggia, ne nasce una colluttazione, tira un pugno a uno dei due, poi, mentre volta le spalle all’altro girato verso l’ingresso del bar, questi tira fuori una pistola e spara. Lo colpisce alla nuca, da sotto in su: la pallottola gli attraversa il cervello, esce dalla fronte, percorre i nove metri che separano il marciapiede dalle vetrine del pub, si conficca tra vetro e paratia di metallo e cade su un tavolo del locale. I due scappano: alcuni testimoni dicono a piedi, Anastasiya parla invece di una Smart bianca.

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La ricostruzione dell’omicidio di Luca Sacchi (La Repubblica, 25 ottobre 2019)

Sempre secondo il racconto, Anastasia, che è a terra stordita per il colpo ricevuto, si rialza, vede Luca sull’asfalto all’incrocio tra via Bartoloni e via Mommsen, con il volto pieno di sangue; con la mano cerca di tamponare l’emorragia vicino all’occhio e urla a squarciagola «aiutatemi». Qualcuno grida: «Respira ancora». Si ferma un tassista di passaggio che chiama i soccorsi con il telefonino. Ha la telecamerina montata sul parabrezza, ma sfortunatamente non è in funzione.

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La ricostruzione dell’omicidio di Luca Sacchi (Il Messaggero, 25 ottobre 2019)

Il Messaggero fa sapere che una donna ha raccolto tra le braccia il pincher, la piccola Jenna, che la coppia teneva al guinzaglio. Poi Alessia Marani e Giuseppe Scarpa scrivono:

Il pm Nadia Plastina ha aperto un fascicolo per omicidio a scopo di rapina. Una rapina, però, per certi versi, viene ritenuta «anomala» dagli stessi inquirenti. Appare sproporzionata, infatti, la reazione dei due rapinatori: uccidere per uno zainetto. Testimoni avrebbero visto la Smart girare attorno ai giardini centrali della scuola Mommsen una o due volte prima di entrare in azione, come se avessero adocchiato e seguito la coppia che si era allontanata per sedersi su una panchina dagli altri amici che erano nel locale.

Che cosa c’era dentro lo zainetto? Una trentina di euro, secondo quanto dichiarato dalla ragazza, una bottiglietta d’acqua, una trousse con i trucchi e nemmeno il telefonino, che aveva in tasca. Luca non aveva finito le scuole, dava lezioni di arti marziali.

Sacchi era parente di Flavio Simmi, gioielliere assassinato nel 2011

Sempre il quotidiano romano fa sapere che il padre di Luca Sacchi, Alfonso, è proprietario della “taverna delle Coppelle”, in zona Pantheon.

Non lontano da un locale di Tiberio Simmi, fratello di Roberto (entrambi indagati e poi assolti nel processo Colosseo alla Banda della Magliana), il padre di quel Flavio Simmi trucidato a 33 anni con 9 colpi di pistola (era il 5 luglio del 2011) in una strada di Prati. «Alfonso- racconta un amico – è parente dei Simmi». Un elemento finito sotto la lente degli inquirenti che stanno scavando nel passato di Luca, nella vita di Anastasia e dei loro familiari per non lasciare nulla al caso.

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Il Corriere della Sera riporta invece la testimonianza di Anastasiya Kylemnyk rilasciata ai carabinieri:

«Faccio la baby sitter, dopo il lavoro avevo appuntamento con Luca e siamo andati al pub dove ci ritroviamo anche con altri amici. Eravamo a piedi. Una serata tranquilla come tante, non è successo niente di particolare, nessuna rissa, tensione, niente. Quando siamo usciti in strada mi sono sentita strattonare la borsa di colpo da una delle bretelle, mi sono girata e un ragazzo bianco con capelli corti ha detto “dacce la borsa”.

Aveva accento romano ma non so descriverlo meglio. Non ho fatto in tempo a capire che cosa accadesse che mi ha colpito con una mazza, un manganello, qualcosa (un unico colpo, nessuna ferita, ndr). Luca allora gli ha dato un pugno e l’ altro ragazzo ha sparato».

Nell’articolo a firma di Fulvio Fiano si aggiunge che la ricostruzione fatta dalla 25enne in assoluta buona fede può aver sovrapposto sensazioni e circostanze che in ogni caso appaiono anomale per una «banale» rapina di strada e lasciano al pm Nadia Plastina, che indaga per omicidio volontario, il dubbio che l’aggressione sia nata da altri presupposti al momento ignoti.

Intanto il luogo: un angolo di strada aperto nella visuale e con decine di testimoni possibili davanti al pub quando non era ancora mezzanotte. Poi la vittima della rapina, una ragazza (accompagnata), dalla quale non era presumibile ricavare un bottino ricco. E la Smart lasciata lì in doppia fila (ma alcuni testimoni riferiscono di due ragazzi fuggiti a piedi) che anche con una ripartenza veloce si sarebbe comunque notata.

Insomma, non uno scippo in scooter del tipo «uno strappo e via». Quel colpo preciso, infine, esploso con freddezza alla nuca, sembra stonare con un bandito improvvisato. «Un delitto inspiegabile», lo definisce un inquirente.

Nessuna ombra c’è nella vita di Luca e Anastasiya. L’ipotesi più probabile resta così quella di una coppia di piccoli delinquenti in cerca di soldi per altra droga e pronti a sparare per un niente.

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