Economia
Liberalizzazioni alle vongole
Alessandro D'Amato 22/02/2015
Matteo Renzi perde con il Ddl concorrenza l’ennesima occasione per spezzare i poteri delle lobby e migliorare la qualità dei servizi. Dai farmacisti agli assicuratori, dai tassisti ai professionisti: tutti quelli che esultano per lo scampato pericolo grazie a un provvedimento scarsamente incisivo.
Nella patria dei liberali alle vongole non stupisce che si riescano a fare solo liberalizzazioni alle vongole. E quindi il ddl liberalizzazioni presentato un paio di giorni fa da Matteo Renzi non poteva di certo rompere con una tradizione millenaria. Il disegno di legge sulla concorrenza che deve ancora essere presentato in Parlamento (dove, come da tradizione delle lenzuolate, subirà ulteriori modifiche e stravolgimenti) si caratterizza per scarsa incisività delle norme, difficoltà nella loro attuazione e rischi di illegittimità. Con qualche piccola eccezione: i notai e le tlc. Vediamo i punti dirimenti sulla questione.
COME TI LIBERALIZZO L’ASSICURAZIONE AUTO
Uno dei punti più sbandierati in conferenza stampa è l’intervento sulle assicurazioni per i veicoli. L’RC Auto è uno dei settori in cui l’assenza di concorrenza si ripercuote in massima parte nelle tasche dei consumatori in Italia, e dove i costi sono mediamente molto più alti rispetto agli altri paesi europei. Nel DDL Liberalizzazioni viene previsto l’obbligo di sconti significativi nel campo della RC Auto se l’automobilista accetta clausole finalizzate al contenimento dei costi o al contrasto delle frodi come l’installazione della scatola nera e di rilevatori del tasso alcolemico, ispezioni preventive dei veicoli e il risarcimento presso officine convenzionate. Altre norme riguardano l’obbligo di indicare i testimoni, in caso di incidenti con soli danni alle cose, non oltre il momento della denuncia, la possibilità di recesso dalle polizze accessorie allo scadere della polizza principale, il conferimento all’IVASS dei poteri di controllo e monitoraggio sull’attuazione delle nuove norme. Qui la prima cosa contestabile è l’attualità del provvedimento: in buona parte si tratta delle norme stralciate dal decreto Destinazione Italia di fine 2013, ma se possibile si riesce persino a peggiorarle. Invece di destinare uno sconto percentuale preciso per la scatola nera, ad esempio, si parla di «sconto significativo» a patto che il consumatore si accolli il costo dell’installazione della scatola nera stessa: oggi le scatole nere vengono invece installate dalle compagnie (per quelle che prevedono questo tipo di servizio), ma in futuro, grazie a Renzi, questo costo ricadrà sul consumatore. Il medesimo principio vale per l’etilometro digitale, che deve essere installato a carico dell’automobilista. Il rischio, evidente a tutti, è che tutti questi costi alla fine contribuiscano ad annullare completamente il risparmio ottenuto per l’RC Auto.
Sicuramente più incisive le norme sui professionisti, che invece paiono anche meglio pensate e le proteste delle categorie, in un certo senso, lo confermano. L’esclusione dell’atto pubblico dal notaio per le compravendite immobiliari di beni immobili e per la costituzione di SRL sembrano essere efficaci, e le reazioni dei notai, che hanno parlato addirittura di rischio di favorire la mafia, al contrario, piuttosto originali (voi ricorderete tutte le volte che i notai hanno combattuto le cosche, nevvero? Chissà perché soltanto con la limitazione ai 100mila euro questo dovrebbe essere disatteso), anche se il 94,3% delle segnalazioni antiriciclaggio dei professionisti proviene dai notai. La possibilità per avvocati, ingegneri, farmacisti e notai di costituire società delle quali potranno far parte anche soci di capitale,non solo professionisti, interessa più i grandi che i piccoli ma di per sé non contiene controindicazioni. Sulle TLC le norme facilitano il cambio di gestore: ogni nuovo contratto deve indicare tutti gli oneri che il cliente deve sopportare per il recesso o il cambio del gestore, le cui modalità dovranno essere «semplici» e di «immediata attuazione»: buono anche l’annullamento del codice per cambiare operatore conservando il numero, così come il consenso preventivo del cliente per i costi di terzi rispetto agli operatori. Il neo è che di interventi veri e propri sulla concorrenza non se ne vede l’ombra, anche se una maggiore trasparenza è sicuramente positiva.
LIBERTÀ DI SUPPOSTA?
Sulle farmacie la lobby dei farmacisti torna a vincere un’altra volta con il governo, in attesa di stravincere in parlamento. I farmaci di fascia C, non essenziali ma prescrivibili su ricetta, non potranno essere venduti nelle parafarmacie. Sui medicinali con ricetta (ma a carico dei cittadini) si era consumata una battaglia alla luce del sole tra la titolare della Salute, Beatrice Lorenzin, e il ministro dello Sviluppo Federica Guidi. Tanto che il ministro di Ncd ha twittato la sua “vittoria”, che chiaramente è anche quella “dei cittadini”, a Consiglio dei ministri ancora in corso. «Il provvedimento approvato premia il capitale posseduto e non la professionalità e men che meno il titolo di studio», dichiara il presidente della Federazione nazionale parafarmacie italiane, Davide Gullotta, commentando lo stralcio della liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C fuori dalle farmacie dal ddl concorrenza. «Assurdo: da un lato – osserva – si impedisce ad un farmacista in parafarmacia di dispensare i farmaci con obbligo di ricetta e allo stesso tempo si permetta ai non farmacisti di diventare proprietari di farmacie». Il Premier Renzi, continua Gullotta, «non ha scalfito neanche di una virgola le rendite di posizione dei soliti noti: restiamo un paese che di liberalizzazioni si riempie soltanto la bocca. La lobby dei poteri forti ha asfaltato tutta l’Italia ancora una volta». Invece tanto si è fatto per permettere l’ingresso sul mercato per le società di capitali. Oggi le società di capitali possono subentrare solo nella gestione delle farmacie comunali, dellequali hanno fatto incetta negli ultimi anni, assicurandosi contratti per una durata di 99 anni. Adesso sono libere su tutto il mercato. Una liberalizzazione, sì, ma non esattamente a favore dei consumatori. A meno di non pensare che le economie di scala non consentano sinergie di costi e quindi, nel lungo periodo, risparmi. Nel lungo periodo, quello in cui saremo tutti morti. Da una parte si favoriscono i «grandi», dall’altra si sfavoriscono i piccoli. Non esattamente quello che ci si aspetta in un settore dove le rendite di posizione sono altissime.
Notai, telefoni, Poste. Vincitori e vinti della legge sulla concorrenza http://t.co/5LPKm7Bwcj pic.twitter.com/f7hZxZu6uF via @la_stampa
— Alessandro Barbera (@alexbarbera) 21 Febbraio 2015
QUELLO CHE MANCA (E GLI OK INTERESSATI)
Infine bisogna segnalare quello che manca. A sospirare per il pericolo scampato sono in primo luogo i tassisti. Nella prima versione del ddl sulla concorrenza si prevedeva, di fatto, la totale equiparazione dei taxi al noleggio con conducente. Di quest’ultima tipologia di servizio fa parte anche l’attività fornita da Uber, l’azienda di San Francisco che con una app mette in contatto passeggeri e autisti. Questa norma, come spiegava la relazione tecnica, puntava dritto alla «prospettiva di piena sostituibilità tra i due servizi». Tutto è sparito dal DDL partorito in CdM. Si assiste così all’ennesimo rinvio sine die per un settore nel quale i problemi presto diventeranno di ordine pubblico, visto l’andazzo. C’era poi chi si aspettava, raccontava ieri il Corriere della Sera, le norme sui porti:
Invocate da tempo dall’Autorità garante del mercato, le norme per favorire la piena concorrenza nel settore portuale sono saltate ancora una volta. Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi,ha ottenuto il loro stralcio dal disegno di leggesulla concorrenza, e promesso un rapido intervento organico in tutta la materia. Il ddl puntava a una netta separazione in capo alle Autorità portuali, dell’attività di impresa da quella di regolatore e controllore del porto,limitandole a quest’ultimo ambito esclusivo.Tutto il resto delle attività avrebbe dovuto essere messe inoltre a gara con evidenza pubblica, compresi i servizi «tecnico-nautici»tra i quali sarebbero rientrati anche i servizi di rimorchio.
Da segnalare anche la scomparsa delle norme che semplificavano i requisiti per l’esecizio di rappresentante di commercio, spedizioniere, mediatore marittimo. Anche queste sparite. Come quelle di acconciatore: «Invece del corso di qualificazione di 2 anni se ne prevedeva uno da 900 ore, mentre veniva dimezzato a 6 mesi il periodo di «inserimento». C’era la possibilità di avviare l’attività di acconciatore affittando una poltrona presso un locale adibito alla stessa attività operato da un soggetto abilitato. Niente da fare. La liberalizzazione del bigodino può attendere». Infine, una curiosità. Repubblica ha pubblicato oggi una pagella del provvedimento che potete vedere qui sopra, firmata dall’Istituto Bruno Leoni, think tank che promuove la concorrenza in Italia. Che i voti siano lusinghieri in alcuni settori è un fatto (la media è 6,1). Così come è un fatto che il direttore del dipartimento Studi e ricerche dell’IBL, Carlo Stagnaro, sia nel contempo anche consigliere del ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi. Stagnaro, recita il sito del ministero, è consigliere per le materie connesse al settore della regolazione dei mercati, dell’economia e dell’energia. E guardate che bel voto ha assegnato l’IBL alle norme sull’energia. Oste, com’è la bolletta?
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