Economia
L'FMI confessa gli errori della Troika in Grecia
neXtQuotidiano 10/02/2015
Ettore Livini su Repubblica racconta il mea culpa delle istituzioni
Ettore Livini su Repubblica ritorna oggi sul mea culpa del Fondo Monetario Internazionale sulle azioni della troika in Grecia. I mea culpa del Fondo – ha tagliato corto dopo la pubblicazione del rapporto Poul Thomsen, il suo rappresentante nella Troika – non cambiano nulla, ma per lo meno serviranno per evitare il ripetersi degli errori in un eventuale futuro:
Il piano di salvataggio della Grecia messo a punto dalla Troika è segnato da «errori evidenti». Le stime erano «criticabili perché troppo ottimiste». Le conseguenze delle misure lacrime e sangue imposte al paese «sono state sottovalutate». Di più: «Per Atene e per i contribuenti europei sarebbe stato meglio ristrutturare il debito nel 2010». Non è stato fatto fino al 2012. E questo ritardo «ha permesso ai creditori privati, in buona parte società finanziarie del Vecchio continente, di liberarsi dei crediti e girarli a istituzioni pubbliche». Yanis Varoufakis? Alexis Tsipras? No. A stroncare così l’operato della Troika è il primo “pentito” dell’austerità: il Fondo Monetario Internazionale. Che qualche tempo fa ha messo nero su bianco le lezioni imparate dalla crisi ellenica. E gli errori, tanti,da non ripetere più in futuro.
La sostanza, naturalmente, non cambia:
La Grecia, lo sanno anche i greci, è vittima dei suoi errori: un decennio vissuto sopra i propri mezzi, i conti dello stato truccati (senza che Eurostat se ne accorgesse), un’amministrazione pubblica ipertrofica e inefficiente per motivi clientelari. E senza i 240 miliardi di prestiti di Ue, Bce e Fmi, Atene sarebbe fallita nel 2010. Le 50 pagine fitte di dati e di tabelle del Fondo raccontano però bene come la medicina della Troika abbia quasi finito per uccidere il malato (che oggi chiede il conto ai dottori). E come qualcuno l’avesse fatto notare sin dall’inizio. Pablo Andres Pereira, ad esempio, è stato facile profeta. «La nostra terapia rischia di peggiorare le cose ad Atene invece che migliorarle», ha fatto mettere a verbale il rappresentante argentino nel Fondo alla riunione del 9 maggio 2010, quella che ha dato il via libera al memorandum. «I piani di crescita sono troppo ottimistici», ha aggiunto lo svizzero Rene Weber senza sapere (si è capito dopo) che la base ideologico-matematica dell’intervento – la formula Reinhart-Rogoff – era viziata da un errore legato al mancato trascinamento di alcuni dati su un foglio Excel.