La lettera scritta in carcere in cui Luca Traini ammette i suoi errori: “Ma non sono un mostro”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-12-02

Dal carcere di Montacuto, ad Ancona, dove si trova a scontare una condanna a 12 anni per aver sparato a sei persone nere a Macerata in reazione all’omicidio di Pamela Mastropietro nel 2018, Luca Traini scrive una lunga lettera in cui ammette i suoi errori e prova a mettere in risalto il suo percorso riabilitativo

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Il 3 febbraio del 2018 Luca Traini prese una pistola, iniziò a vagare in auto per le strade di Macerata e sparò a sei persone nere soltanto per il colore della loro pelle. Lo fece “per vendicare l’omicidio di Pamela Mastropietro”, una giovane donna uccisa pochi giorni prima da Innocent Oseghale, un ragazzo di origini nigeriane condannato all’ergastolo in primo e secondo grado e che attende il 14 gennaio 2022 per l’udienza della Cassazione. Per quel reato, Traini è stato condannato a 12 anni di reclusione, che sta scontando nel carcere di Montacuto, ad Ancona. Da allora non si è più sentito parlare di lui, ma oggi è tornato a far sentire la sua voce tramite una lettera inviata all’Adnkronos, tredici pagine scritte a mano in cui ha provato a mettere in risalto il suo percorso riabilitativo. “Di me si potrebbe pensare chissà cosa – scrive Traini – visto il motivo per cui sono in carcere, ma non sono un mostro, come mi hanno sempre descritto. Il Luca di oggi è un uomo che magari fa meno notizia, rispetto al lupo, ma che comunque c’è, esiste, sta facendo il massimo per scontare il debito che ha con la società civile e si impegna nella sua sfida”.

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Un’estratto della lettera di Luca Traini pubblicato da Adnkronos

La lettera di Luca Traini dal carcere di Ancona

Il tratto della penna è incerto, “risente di stanchezza psicologica e fisica”, ammette lui stesso. Il suo gesto è stato accolto con disprezzo anche all’interno della struttura, ma Traini racconta di come è riuscito ad essere accettato da chi lo circonda senza sminuire quanto accaduto nel febbraio 2018: “Chiaramente il mio reato all’inizio era odioso per una larga parte della popolazione carceraria, quella che sta scontando condanne per reati di droga. Con il tempo la serietà e la correttezza con cui sto affrontando la detenzione, mi ha fatto acquisire il rispetto da parte di tutti. Per quanto riguarda me stesso, non ho mai negato la gravità del mio gesto e ne ho accettato le conseguenze fin da subito, fin dall’immediato, quando fui io a tornare indietro e, andando al monumento dei caduti a Macerata, a consegnarmi ai carabinieri”. In quell’occasione si fece trovare dalle forze dell’ordine inerme e avvolto da una bandiera italiana.

La riflessione sui suoi errori e il sogno della libertà vigilata

L’ideologia che lo ha portato a sparare a caso su persone nere “altro non era che un’immagine fittizia che mi ero creato a scudo, come un contrasto con il brutto del mondo”, e lo stesso per il fisico, 132 chili di muscoli “sviluppati in anni di palestra, per sfuggire al bullismo scolastico subito perché ero grasso”. Da più di un anno è aiuto magazziniere nel carcere, “un lavoro di responsabilità e fiducia che il governo del carcere mi ha affidato. Si sta a contatto con tutti, sia detenuti che appuntati, e comunque io sono in una sezione con detenuti di tutte le etnie, italiani, pakistani, albanesi, africani, e non ho mai avuto problemi né li ho creati”. “Una volta sono esploso”, dice riferendosi ai fatti del 2018. “Una sola volta – prosegue – gravemente la mia mente ha staccato la spina. Ora, ciò che è stato mi è servito per capire dove sbagliavo nella mia vita. Grazie a Dio non ci sono state conseguenze più gravi di quanto già non lo siano stati la sparatoria in sé e i ragazzi feriti”. Le sei persone alle quali Traini sparò, infatti, non morirono, seppur riportando gravi ferite. Oggi, Traini spera di poter accedere alla libertà vigilata: “Farò il massimo, non ho mai avuto rapporti disciplinari in quattro anni. Seguo i corsi, le attività di reinserimento, faccio di tutto per far capire che in 32 anni ho sempre lavorato e seguito le regole”.

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