Le pensioni tagliate di un quarto (per la crescita zero)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-09-11

Cosa succederebbe se di qui all’uscita del lavoro fosse inchiodato allo zero, visto che l’assegno previdenziale è legato alla crescita? Succederebbe che un quarto dell’importo totale delle pensioni, come da simulazione di Progetica, finirebbe in fumo

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Cos’è il montante contributivo? L‘assegno previdenziale è legato alla crescita del prodotto interno lordo. Ovvero, per le pensioni con il sistema contributivo il montante individuale è il capitale che il lavoratore ha accumulato durante gli anni e che servirà per calcolare la pensione. Dal primo gennaio 2012 questo meccanismo di calcolo vale anche per quelli che nel 1995 avevano più di diciotto anni di contributi. Per calcolare il montante individuale si utilizzano una serie di parametri: la base imponibile annua, l’ammontare dei contributi, che va rivalutato sulla base del tasso di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale (PIL), calcolata dall’ISTAT con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.

pensioni tagliate un quarto
Così la crescita zero ci taglierà le pensioni, stime della pensione in funzione dell’andamento del PIL (Progetica, La Repubblica 11 settembre 2016)

Le pensioni tagliate di un quarto (per la crescita zero)

E vista l’influenza del PIL ai fini del calcolo della pensione, cosa succederebbe se di qui all’uscita del lavoro fosse inchiodato allo zero, visto che l’assegno previdenziale è legato alla crescita? Succederebbe che un quarto dell’importo totale delle pensioni, come da simulazione di Progetica pubblicata oggi da Repubblica, finirebbe in fumo. Come si vede dal grafico su crescita e pensioni, le stime della pensione in funzione all’andamento del PIL ci dicono che con una crescita media dell’1,5 all’anno l’importo per un lavoratore dipendente sarebbe di 973 euro, mentre con il PIL a zero scenderebbe a 751 euro, ovvero il 23 per cento in meno. Un lavoratore autonomo perderebbe una percentuale uguale della stessa cifra, metnre per un parasubordinato si arriverebbe al 24%. Ipotesi dell’irrealtà? Non proprio se si guarda alla curva del Pil degli ultimi quindici anni, un sismografo della crescita quasi sempre attorno allo zero, con un paio di incursioni verso i due punti, poi le discese agli inferi della recente recessione che ne bruciano dieci e le sabbie mobili attuali. Senza pensare poi alla deflazione che zavorra il potere d’acquisto delle pensioni attuali. E ai tassi di interesse a zero o negativi che rischiano di falcidiare anche le pensioni future affidate ai fondi integrativi.

Per il giuslavorista Michele Tiraboschi siamo «in stallo per colpa della politica che non ha scelto». E quando l’ha fatto è solo «per piccolo cabotaggio». «Abbiamo buttato venti miliardi per stabilizzare i posti di lavoro e convincere tutti che era buono aver eliminato l’articolo 18. La droga è finita, le assunzioni si sono sgonfiate». E via con la spirale perversa: meno posti, salari bassi, domanda pallida, economia ferma. E la pensione? Per chi l’avrà, magra. Se non siamo in stagnazione secolare, di sicuro rischiamo quella previdenziale.

Leggi sull’argomento: Pier Carlo Padoan e l’incubo stagnazione secolare

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