“Le avevano già avvelenato la tisana”: l’ordinanza dell’arresto delle figlie di Laura Ziliani e la finta ricostruzione dei fatti | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-09-24

Il lavoro degli inquirenti ha messo a nudo tutti i dettagli della morte di Laura Ziliani, uccisa dalle figlie per la gestione del patrimonio

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Emergono sempre più dettagli nella vicenda di Laura Ziliani, la vigilessa trovata senza vita sulle rive dell’Oglio. Le indagini fanno ritenere che ”Ziliani Laura abbia trovato la morte all’interno delle pareti domestiche per mano dei tre soggetti ivi presenti la sera del fatti e che gli accadimenti successivi altro non siano che un tentativo di depistaggio posto in essere dagli autori del reato”.

E’ quanto si sottolinea nell’ordinanza che ha preceduto l’arresto delle due sorelle di 26 e 19 anni, rispettivamente impiegata e studentessa, figlie di Laura Ziliani. Con loro in manette anche il fidanzato della sorella maggiore, uno studente universitario 27enne residente in provincia di Bergamo. I tre sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dell’omicidio volontario e dell’occultamento di cadavere della madre. Subito dopo l’arresto, il corpo dei Carabinieri di Brescia ha cominciato a rilasciare informazioni che delineano dettagliatamente quello che è accaduto. I fatti da incasellare sono tanti. Il primo, su tutti, è che Mirto, fidanzato della figlia 26enne, aveva nei giorni precedenti ai fatti effettuato delle ricerche “fatto ricerche su come uccidere la gente, piante velenose, crimini perfetti, serial killer, torture”. Una “confessioene” di Paola rivolta ad un’amica, in cui poi sottolineava che «anche la sorella Silvia e lei stessa risultavano iscritte ad un canale di Youtube denominato “troucrime” a dire della stessa indagata avente contenuto “informativo”».

“Le avevano già avvelenato la tisana”: l’ordinanza dell’arresto delle figlie di Laura Ziliani e la finta ricostruzione dei fatti | VIDEO

Il movente, come immaginato fin da subito, è stato economico. Tant’è che le due donne arrestate sono state intercettate telefonicamente qualche giorno dopo la scomparsa, “a venti giorni, già si congratulavano l’un l’altra per i soldi che da li avrebbero incassato, riuscendo a dare un anticipo per una nuova vettura e probabilmente anche ad andare in vacanza”, come emerge nell’ordinanza firmata dal gip di Brescia. Nella documentazione offerta dai Carabinieri sono inoltre stati indicati una serie di dettagli che hanno chiarito il tema della premeditazione. Infatti la donna era già stata avvelenata alcuni giorni prima dalle figlie, durante una cena. E’ valsa come una sorta di prova generale, prima di ucciderla con della benzodiazepine e poi creare una versione dei fatti totalmente falsa. “Il pericolo di reiterazione del reato contestato risulta non solo dalla eclatante gravità del fatto, ma altresì dalla efficienza criminale dimostrata dagli odierni indagati i quali, in una sola notte, si sono liberati del cadavere della vittima e, il mattino successivo, hanno iniziato a chiamare i soccorsi e portato avanti una ricostruzione del tutto alternativa dei fatti, anche a fronte delle indagini dei Carabinieri, dimostrando una non comune freddezza a dispetto della giovane età e dell’incensuratezza – sottolinea il giudice – Inoltre, non si può sottacere come alla base del gesto vi sia stato un movente squisitamente economico, ovvero l’intento di appropriarsi in via esclusiva del patrimonio familiare, in parte già nella giuridica disponibilità delle sorelle Zani”.

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