Opinioni

Tastiera violenta in società devastata: il caso Boldrini

di Giuseppe Giusva Ricci

Pubblicato il 2017-08-16

In queste ore di Feriae Augusti (riposo di Augusto) pare che finalmente in tanti si siano resi conto (meglio tardi che mai) dell’iperviolenza che galleggia nei social e di fatto esprime il naufragio, anche se parziale, del web inteso come attrezzo che sarebbe dovuto servire alla grande rivoluzione culturale capace di unire e innalzare anziché scindere […]

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In queste ore di Feriae Augusti (riposo di Augusto) pare che finalmente in tanti si siano resi conto (meglio tardi che mai) dell’iperviolenza che galleggia nei social e di fatto esprime il naufragio, anche se parziale, del web inteso come attrezzo che sarebbe dovuto servire alla grande rivoluzione culturale capace di unire e innalzare anziché scindere ogni singolo microcosmo di connaturate bassezze e debolezze da tutti gli altri.
Si parla del ‘caso Boldrini’, delle ormai inaccettabili invettive da tastiera che superano vergognosamente qualsiasi tipo di insulto tradizionale lecito in politica — sia chiaro, il ‘caso Boldrini’ m’importa solo in funzione d’esempio ultimo; qui si analizza il fenomeno orrendo che ovviamente tocca anche lei.
laura boldrini beppe grillo
Approdando a una creatività applicata all’odio, e in infiniti ‘casi’, spesso capita di leggere commenti e auspici nauseanti di violenza. Non siamo più nell’orbita del concetto espresso da Umberto Eco relativo alla “parola agli imbecilli”, ora siamo allo specchio, siamo alla manifestazione virtuale (ma sempre meno virtuale) di quella devastazione culturale e umana in cui la nostra non-Società versa.
Se è vero come è vero che esiste un modello umano (e da social network) preponderante del personaggio-tipo che odia quasi tutto a prescindere — modello analizzato da Marco Zonetti nel suo articolo “Chi offende Laura Boldrini? Viaggio nel profilo tipo degli stalker su facebook.” del 14 agosto — tutto ciò non deve stupire, perché ogni individuo, per natura, se impreparato culturalmente e dunque caratterialmente (sempre, non dimentichiamolo, per responsabilità istituzionali e di Stato che dall’ignoranza generalizzata trae sempre forza) è propenso a cadere nel gioco del capro espiatorio; perché la comprensione dei fenomeni sociali e degli esseri umani sottende sacrificio di coscienza e passione, dunque lo sfogo violento è la via breve per vomitar via le frustrazioni e l’infelicità accumulate.
Con l’insulto e l’aggressione l’individuo dice innanzitutto che non vuole confronto, e se non si vuole confronto si dichiara la propria ignoranza, che una volta dichiarata dovrà corrispondere alla reiterazione di toni sempre più violenti e oltre le righe della civiltà.
Nel nostro paese le frustrazioni sono state create a tavolino: sono un effetto collaterale — su cui si contava — della cultura della vanità, dell’edonismo e dell’individualismo su cui tanto si è spinto nell’ultimo quarto di secolo. Ora sono ulteriormene alimentate, perché servono politicamente, ma qualcosa dev’essere sfuggito di mano perché le illusioni disattese e dolorose stanno trasfigurando l’essere umano in qualcosa d’altro, in vittima mostruosa di se stesso.
laura boldrini beppe grillo
Questa devastazione in cui ci specchiamo è anche il frutto maledetto di una competizione politica infima e incivile.
“Elementi emotivi socialmente diffusi, quali invidia, rancore, e voglia di rivalsa (anche legittimati dalla mancanza estrema di meritocrazia e dalla malagestione delle strutture statali) sono fondamentali per il funzionamento della propaganda del M5S e della Lega Salviniana. Questi due approcci ‘violenti’ al dibattito politico hanno indotto e legittimato una sorta di odio e scontro sociale semplicisticamente esacerbati, nonché sostenuti dai toni rissosi dei ‘lìder maximi’, dei loro esponenti più vigorosi, e poggiati anche su invettive di rivalsa ingiustificate e illegittime, ma apparentemente plausibili per quei gruppi sociali marginali e/o emarginati […]. Una delle responsabilità di Grillo è senz’altro l’aver legittimato toni sgradevoli e violenti che in epoche precedenti erano propri solo di frange politiche esacerbate (e legalmente punibili) quasi prive di seguito popolare. Grillo si è spesso permesso terminologie molto più prossime all’insulto rivolgendosi direttamente a cariche e simboli istituzionali, sfiorando il vilipendio. (Tutti ricordiamo termini come Tsunami, Morti, Zombie, ecc..) Con teatralità Grillo ha acceso forme di intolleranza dialettico-politica in milioni di seguaci, inducendoli a sentirsi liberi di insultare chiunque non la pensi come loro, fino a legittimare nell’immaginario collettivo la proiezione semplicistica e indiscriminata di tutto il degrado sociale, politico ed economico su ogni e qualsiasi carica istituzionale. Anche il dipingere i media tradizionali come inattendibili in tutto e per tutto, in modo ossessivo, è una strategia precisa finalizzata a proteggersi, anticipatamente, da argomentazioni avversarie. […] Altra peculiarità della ‘cultura’ Grillina è il non riconoscere l’autorevolezza e il valore della formazione culturale, fino a svalutare e schernire la conoscenza scientifica che ne deriva, fino a intendere come deriva di sistema la formazione accademica; siamo di fronte a un delirio basato sul contrasto all’autorità della conoscenza scientifica di qualsiasi sorta, sdoganando per contro qualsiasi teoria che appaia anti-sistemica.” *
“Allo stesso modo, la propaganda Salviniana si basa anche sull’oltraggio al Sapere. Innescato come becero argomento di scontro tra i ceti sociali, è parte della reazione post-berlusconiana alle sperequazioni economiche e culturali in essere. L’oltraggio al Sapere è lo sdoganamento scriteriato, da parte dei rappresentanti politici, dell’offesa sia all’universo della conoscenza e dello studio, sia ai personaggi (anche storici) che lo rappresentano […]. Il movimento sottoculturale che alcune parti politiche attivano spingendo su gruppi sociali meno inclini a formarsi culturalmente, in un’ottica di rivalsa classista reazionaria utile ai fini elettorali, sobilla una reazione violenta contro attività come lo studio, la ricerca, l’insegnamento e le professionalità intellettuali, sottilmente ma anche spudoratamente additate come inutili.” *
Ecco perché oggi è fin troppo semplice collegare la violenza verbale diffusa alle legittimazioni e agli sdoganamenti effettuati da Grillo e Salvini. Cosa ancor peggiore è che i vertici di entrambi gli apparati sanno benissimo quale tipo di fenomeno distruttivo promuovono, ma non gli importa, perché c’è da andare in parlamento e chissà dove altro, ed è questo l’aspetto umanisticamente criminale della faccenda: perché come avvertiva Bertolt Brecht “Chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un malfattore.” **
O ancora peggio, gli stessi vertici adoperano “stronzate” sapendo di farlo, perché “le stronzate (bullshit), — sostiene Harry G. Frankfurt — vanno intese come atti linguistici utili a raggiungere un tornaconto personale mediante espressioni libere da qualsiasi tipo di relazione con il valore della verità. La stronzata è eticamente peggiore della menzogna, perché se la menzogna sottende una verità nascosta o contraffatta, le stronzate ignorano l’idea stessa di verità ed educano chi riceve l’informazione all’idea che la Verità sia irrilevante. I personaggi che nutrono i loro seguaci con stronzate hanno bisogno di mostrarsi sempre competenti al dibattito o in grado di esprimersi su qualsiasi argomento (anche quando non è loro richiesto), inficiando il mondo della conoscenza. Il bullshitter si disinteressa alla verità perché è interessato a impressionare il pubblico; non ha la necessità di conoscere la verità per poterla modificare creando una menzogna: semplicemente spara sulla mente del ricevente […].”
Infine occorre comunque tenere conto che questi ‘signori’ dis-umanisti hanno agito su un materiale umanoide pronto a cogliere l’onda della deriva perché colmi di frustrazioni irrisolte che covano con rabbia. (Ovviamente non mi riferisco all’intero corpo elettorale dei due apparati, ma solo a coloro che si dedicano alla violenza verbale perché spinti, quasi “innescati” dai loro capi).
Insomma, se nel nostro paese si arriva ad augurare “violenze sessuali multiple”, “deturpazioni con acido” e accidenti orripilanti vari agli antagonisti politici o anche a singoli cittadini responsabili del crimine di pensarla diversamente o di trovarsi su una sponda politica opposta, occorre forse fermare tutto e ripensare a quale livello di degrado e di imbruttimento umano la modernità dell’opulenza e dell’invidia abbiano portato il consorzio umano a cui tutti apparteniamo. Se nel nostro paese l’anti-scienza e l’anti-sapere dilagano, se chiunque abbia qualcosa da spiegare o raccontare viene dileggiato, odiato per la conoscenza e l’intelletto, trasformato nell’albatro dalle ali di gigante atterrato dai marinai della poesia di Baudelaire, rimane poco da fare; occorrerebbe, ripeto, fermare tutto e ricominciare dall’educazione all’esistenza propria e degli altri.
*Tratto da “Nemici Politici”, Giuseppe Giusva Ricci, 2017
** Tratto da “Vita di Galileo”, Bertold Brecht, 1938
*** Tratto da “On Bullshit” (Stronzate), Harry G. Frankfurt, 2005

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