La villa di Renzi, il prestito di Maestrelli e il rischio finanziamento illecito

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-11-29

Il sospetto è che la signora Picchioni non sia altro che una interposizione fittizia per schermare la reale provenienza del denaro e occultare il nesso diretto tra la holding dei Maestrelli, la Pida spa, e Renzi. Ma al momentol’inchiesta sulla compravendita della villa rimane a “modello 45”, quindi senza indagati né ipotesi di reato

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Sul prestito ricevuto da Anna Picchioni per l’acquisto della villa a Firenze per Matteo Renzi c’è il rischio finanziamento illecito. La vicenda, distinta dalle indagini sulla Fondazione Open, riguarda l’acquisto della villa di 285 metri quadrati sulle colline di Firenze e l’inusuale percorso (svelato dall’Espresso ) che hanno seguito i 700.000 euro generosamente messi a disposizione dalla vedova di Egiziano Maestrelli, infatti, sono oggetto di un’indagine della procura di Firenze aperta mesi fa dopo che l’Unità Antiriciclaggio della Banca d’Italia ha inviato ai magistrati un report di poche pagine, in cui si ricostruiva quel fulmineo percorso: dalla holding di famiglia degli imprenditori Maestrelli alla signora Picchioni, e, a distanza di poche ore, dalla signora Picchioni al conto corrente di Renzi e di sua moglie Agnese Landini, aperto al Banco di Napoli.

La villa di Renzi, il prestito di Maestrelli e il rischio finanziamento illecito

Spiegano oggi Marco Mensurati e Fabio Tonacci su Repubblica che con quei soldi Renzi il 13 giugno 2018 ha pagato la caparra per la villa, con quattro assegni da 100 mila euro ciascuno. Il sospetto è che la signora Picchioni non sia altro che una interposizione fittizia per schermare la reale provenienza del denaro e occultare il nesso diretto tra la holding dei Maestrelli, la Pida spa, e Renzi.

La legge non vieta a una società di finanziare un parlamentare, non importa se con un prestito o con erogazione liberale, però richiede che ogni centesimo sia deliberato dal consiglio di amministrazione e iscritto a bilancio. Questo vuole la trasparenza, perché così gli elettori hanno la possibilità di sapere chi sostiene finanziariamente i politici e per quanto. Il punto è stabilire, dunque, se il prestito della signora Picchioni sia una sua iniziativa personale, non collegata alla holding dei figli (di cui lei detiene una quota minima), oppure sia stato orchestrato dalla Pida spa. Nel primo caso non c’è reato, nel secondo potrebbe essere valutato come un finanziamento illecito.

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E proprio a proposito di questo distinguo, c’è da segnalare che Renzi su Facebook ha parlato qualche giorno fa di prestito ricevuto da “una conoscente” (ovvero la signora Picchioni, 70 anni, nessun rapporto pubblico con lui) senza citare i suoi figli e in particolare quel Riccardo Maestrelli che era tra i finanziatori di Renzi e nominato nel 2015 nel consiglio di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti.

Anche perché i detective dell’intelligence antiriciclaggio di Bankitalia, nel report trasmesso alla procura fiorentina, segnalano un’incongruenza non da poco: il versamento di 700 mila euro che la Pida fa alla signora Picchioni il 12 giugno ha, come causale, il “pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl”. Fa riferimento al fatto che anni prima i fratelli Maestrelli avevano comprato dalla madre il 25 per cento di un’altra società di famiglia, al costo di 719 mila euro da riconoscerle con rate spalmate in 15 anni.

Il 12 giugno, però, dopo aver corrisposto già tre rate, estinguono il debito con la mamma con un bonifico da 700 mila euro, ossia 158 mila in più del dovuto. E, casualmente, sono i 700 mila che poche ore dopo Renzi si ritrova sul conto.

L’utilità economica per il senatore e leader di Italia Viva non è stata solo aver avuto immediatamente a disposizione il denaro per la caparra della villa, come una sorta di bancomat, ma anche non aver dovuto pagare gli interessi che qualsiasi banca avrebbe preteso per il prestito. Al momento, l’inchiesta sulla compravendita della villa rimane a “modello 45”, quindi senza indagati né ipotesi di reato.

Renzi e la storia del documentario di Lucio Presta

Nella storia compare però anche il documentario “Firenze secondo me” prodotto da Lucio Presta, che è servito, secondo quanto racconta oggi Francesco Grignetti sulla Stampa, proprio a restituire il prestito:

I soldi vengono rimborsati nel giro di quattro mesi, quando l’ex premier potrà incassare 120 mila euro da un giro di conferenze e soprattutto altri 450 mila come compenso per il documentario “Firenze secondo me”, prodotto dal nuovo amico Lucio Presta, l’agente che più conta in tv. Il documentario non ha gran fortuna. Mediaset lo rifiuta perché ritiene esorbitante la richiesta di 3 milioni di euro per i diritti. Così anche la Rai.

Finirà sui canali Discovery (e chissà quanto c’entra che la manager Marinella Soldi, fiorentina, nel 2013 fosse stata una candidata di Renzi per la Rai) e come audience è un flop. Ma il rapporto con Presta si stringe ancor di più, tanto che è lui, uomo di televisione, a gestire il palco della Leopolda 9 e sarà il suo pupillo Paolo Bonolis a intervistare Renzi nel gran finale.

riccardo maestrelli villa di renzi
La villa di Renzi a Firenze

Nell’occasione quindi l’intervento di Presta ha chiuso la vicenda del prestito: subito dopo il manager tv ha acquisito potere alla corte di Renzi.

Leggi anche: Renzi e i giudici che decidono se una fondazione è un partito politico

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