La storia della truffa a Corrado Guzzanti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-12-11

Il tribunale di Roma ha condannato il produttore del “Gruppo Ambra” Valerio Terenzio Trigona a 3 anni di carcere. Ha fatto credere all’attore di aver investito i suoi soldi in bund tedeschi ma in realtà li ha fatti sparire

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Ha truffato l’attore comico Corrado Guzzanti facendolo ritrovare con un debito col fisco da 900mila euro. Il tribunale di Roma ha condannato il produttore del “Gruppo Ambra” Valerio Terenzio Trigona a 3 anni. Assolto invece per “non avere commesso il fatto”, Cesare Vecchio, collaboratore di Trigona. Il tribunale ha, inoltre, disposto una provvisionale immediatamente esecutiva di 500 mila euro in favore dell’attore. Per entrambi l’accusa aveva chiesto una condanna a due anni. Il manager, tra il 2004 e il 2013, avrebbe raggirato Guzzanti convincendolo a investire denaro in titoli tedeschi che, però, non sono mai esistiti. L’agente inoltre, era incaricato di pagare le tasse per conto di Guzzanti ma non lo ha mai fatto, tanto che alla fine l’attore si è trovato con un debito da 900mila euro con il Fisco.

La storia della truffa a Corrado Guzzanti

Guzzanti aveva parlato in Aula in occasione di un’udienza. Aveva raccontato che il manager, cnosciuto nel 1994 ai tempi di Tunnel – condotto su Rai Tre da Serena Dandini – e già impresario di big della canzone come Dalla, Morandi, Ron, Vanoni, aveva convinto l’attore ad affidargli la gestione di una parte cospicua dei suoi guadagni per investirli in titoli tedeschi dai rendimenti elevati e certi. Trigona aveva ricevuto in tal senso una delega ad operare sui conti dell’ attore, al quale garantva di occuparsi anche del pagamento delle relative imposte. Trigona aveva mostrato a Guzzanti anche dei rendiconti/prospetti sui guadagni ottenuti con quegli investimenti, che negli anni, a suo dire, sarebbero arrivati a 6,5 milioni di euro.

valerio terenzio trigona

Invece gli acquisti di bund non erano stati effettuati ed era inesistente anche il conto di liquidità che Guzzanti pensava di alimentare per le sue spese, dal quale Trigona, secondo il capo d’imputazione, effettuava prelievi bonifici, operazioni di giroconto e chiedeva assegni circolari, falsificando la firma dell’attore o facendola falsificare al collaboratore poi invece assolto. Alla fine del giro Guzzanti si trova con un debito con l’erario. Ma l’attore aveva anche saldato gli scoperti sul conto della Kipli Entertainment Srl, di proprietà di Trigona, con gli introiti del film «Fascisti su Marte», tramite una fideiussione da 230 mila euro. Ma il saldo non era mai avvenuto e anzi, sfruttando la circostanza che le società Kipli e Ambra condividessero lo stesso indirizzo, l’ imputato intercettava tutta la corrispondenza e i solleciti inviati dalla Bnl, raggiungendo con la banca, all’insaputa di Guzzanti, un accordo per rateizzare il debito. Alla fine arriva un decreto ingiuntivo di pagamento e in seguito il pignoramento dell’abitazione di Guzzanti alle spalle di viale Mazzini, nel quartiere Prati. E parte la denuncia.

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