La guerra degli asili nido di Roma

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-04-07

La decisione della giunta Raggi di privilegiare le domande di iscrizioni ai nidi comunali rispetto alle strutture convenzionate fa arrabbiare le famiglie che vogliono la libertà di scelta e mette gli uni contro gli altri i lavoratori dei nidi pubblici e quelli dei nidi privati.

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Il Comune di Roma ha un problema con gli asili nido: quelli a gestione diretta, i nidi comunali, rimangono spesso vuoti. Come ha spiegato l’assessora alla Scuola Laura Baldassarre a fine marzo “in questo anno educativo abbiamo liste d’attesa annuali con 915 bambini e 1.666 posti vacanti ma, soprattutto, circa 4500 rinunce”. Secondo l’assessora questo è il sintomo che qualcosa nel sistema di gestione non funziona. Quei posti vuoti infatti rappresentano una spesa per il Comune che ha deciso di varare una delibera (n. 49 del 30 marzo 2017) per contenere i costi. Il contenuto del provvedimento della Giunta capitolina però ha mandato su tutte le furie gli operatori e le operatrici delle strutture convenzionate.
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La scelta di privilegiare il servizio Pubblici fa arrabbiare le famiglie

Il Comune infatti ha stabilito che  “al fine di assicurare il pieno utilizzo degli asili nido a gestione diretta” per l’iscrizione agli asili nido per l’anno educativo 2017-2018 i genitori potranno indicare sei strutture dove iscrivere il proprio figlio, i primi 3 nidi scelti dovranno essere obbligatoriamente a gestione diretta, in concessione o in progetto di finanza, mentre i i restanti 3 nidi potranno essere scelti anche nell’ambito dei nidi convenzionati con Roma. Priorità ai nidi di proprietà comunale insomma, anche se sono previste deroghe che consentono di indicare come prima scelta una struttura convenzionata se questa è  una distanza uguale o inferiore ai 300 metri dalla residenza di una famiglia e se uno dei figli frequenti già una struttura non a diretta gestione del Campidoglio. La priorità del nido comunale non si applicherà invece alle famiglie con minorenni con disabilità, con un fratellino o una sorellina con disabilità in modo da garantire così le “clausole di continuità. Le famiglie potranno presentare istanze per strutture educative ricadenti anche in altri municipi, rispetto a quello di residenza, o a quello della sede di lavoro di uno dei due genitori. Per l’assessora Baldassarre la questione è semplice, il Comune ha l’obbligo di operare a favore del servizio pubblico:

Dobbiamo fare delle scelte ed essere coerenti con il mandato che ci hanno dato gli elettori: c’è un discorso a favore del pubblico. Stiamo continuando a fare investimenti notevoli per migliorare i nidi comunali sia sul fronte del personale che delle infrastrutture. I nidi convenzionati erano nati come modalità per supplire ad un’offerta carente dei comunali e fanno parte del sistema integrato pubblico-privato. Questo non l’abbiamo cambiato ed anche per l’anno prossimo ci sarà una formazione congiunta per garantire la stessa qualità.

Va infatti tenuto conto che il Comune paga sia per i posti vuoti negli asili comunali sia per quelli occupati negli asili in convenzione dove l’ente pubblico contribuisce ad una parte della quota della retta. La Baldassarre ha spiegato che a Roma  «il sistema integrato pubblico-privato, con nidi comunali e nidi in convenzione, nacque quando c’era una grande richiesta di nidi e i posti per i comunali non erano sufficienti». Ora però la situazione è cambiata e i troppi posti vuoti degli asili comunali costituiscono un problema per il già disastrato bilancio della Capitale. I genitori però non ci stanno, anche perché la retta degli asili pubblici si paga (in base all’ISEE e all’orario può andare dai 300 ai 500 euro l’anno) e spesso il motivo per cui le famiglie ritirano i figli – scrivono alcuni genitori – è dovuto alla scarsa qualità del servizio e sicurezza dei nidi.
 

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I sostenitori della Baldassarre difendono i nidi pubblici

La decisione dell’amministrazione pentastellata però ha fatto scendere sul piede di guerra associazioni di genitori e lavoratrici del settore educativo dell’infanzia. A rischio ci sono i 600 posti di lavoro dei dipendenti delle cooperative degli asili nido convenzionati con il Comune – oltre 200 strutture, più del 55% del totale, per i quali l’applicazione della delibera significherebbe di fatto non poter più garantire il servizio. Le famiglie dei bambini iscritti ai nidi convenzionati invece denunciano come la scelta della giunta Raggi costituisca un limite alla libertà di scelta dei genitori. Mentre diversi strutture stanno valutando l’ipotesi di presentare un ricordo al Tar del Lazio contro la norma del Comune le famiglie e le cooperative hanno indetto per domani 8 aprile una manifestazione sotto al Campidoglio. L’associazione Confcooperative – Federsolidarietà ha diramato un comunicato dove definisce ingiusta la contrapposizione tra nidi comunali e nidi in convenzione e si oppone ad “ogni soluzione che vede nel divieto di scelta la semplice soluzione al problema dei posti vuoti nei nidi comunali, a fronte di costi doppi per i nidi comunali rispetto ai convenzionati” precisando che su circa 70.000 nascite ogni anno solo una piccola percentuale inferiore al 40% fa la domanda per la richiesta del servizio di asilo nido. Famiglie e lavoratori del settore ricordano che la Relazione annuale dell’Agenzia del Comune di Roma per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del dicembre 2016) scrive:
Nel Documento Unico di Programmazione 2016-2018 (…) si propone di avviare un progressivo passaggio dalla gestione diretta del servizio alla gestione in concessione che consentirebbe un sostanziale contenimento dei costi.

Lo scontro tra lavoratrici del pubblico e del privato 

Lavoratrici e genitori hanno preso d’assalto la pagina Facebook dell’Assessora Baldassarre snocciolando i costi della gestione pubblica rispetto a quella privata: un bambino – si legge – se ospitato in un nido a gestione diretta costa al Comune 13.487 euro l’anno, contro i 7.865 delle strutture in convenzione e i 5.500 di quelle in concessione (dove ovviamente le famiglie pagano parte della differenza mentre un’altra la pagano i lavoratori con i loro contratti). Per questo i genitori e i lavoratori del settore chiedono una implementazione dei servizi e dell’offerta che vada incontro alle reali esigenze delle famiglie che non fanno domanda per l’asilo nido; l’apertura di un percorso congiunto per la ricerca di soluzioni moderne ed attuali ed infine la difesa del lavoro di migliaia di donne educatrici, posti di lavoro che ora sono a rischio a seguito della nuova delibera.  A tal proposito la presidente della commissione Scuola Teresa Zotta ha detto che l’ascolto c’è stato e continuerà ad andare avanti soprattutto nei punti dove è possibile intervenire sulle deroghe
L’ascolto con le educatrici dei nidi convenzionati lo abbiamo avuto, è ancora in corso e andrà avanti. Con molta probabilità, alcuni limiti posti dalla delibera possono dare adito a un’interpretazione anomala, ma voglio garantire che la nostra intenzione è mantenere un sistema integrato tra pubblico e privato. Infatti, dove anche si pongono dei limiti nella delibera c’è spazio per un’ampia forbice di deroghe che garantiscono ai bambini la continuità didattica e alle famiglie di scegliere la soluzione migliore
La Zotta ha però ricordato che ci sono municipi che mancano del tutto di strutture pubbliche ed è per questo che è stata inserita la possibilità di scelta per le famiglie di un nido che cada anche in un altro municipio. Secondo la presidente della Commissione Scuola inoltre “l’insoddisfazione delle educatrici è dovuta più che altro a un impatto psicologico rispetto all’indicazione data di priorità alle strutture pubbliche“. La decisione della Giunta però mette anche le lavoratrici dei nido le une contro le altre. Ad esempio Claudia Bruschi, Usb Roma Capitale Settore Educativo e Scolastico, plaude alla nuova strategia politica dell’Amministrazione comunale che inverte la tendenza verso la privatizzazione privilegiando il settore pubblico:
Usb da sempre sostiene attraverso mobilitazioni, presidi, assemblee e convegni il Nido pubblico e di qualità. Il settore educativo e scolastico negli ultimi anni si è visto sempre in prima fila nella difesa dei servizi rivolti all’Infanzia pubblici e per la stabilizzazione del personale precario. La salvaguardia del pubblico e la lotta per la stabilizzazione sono parallele e vanno avanti di pari passo essendo funzionali una all’altra. Ci siamo immediatamente mobilitate contro la scelta politica della Giunta Alemanno di dare in concessione i Nidi costruiti con i soldi pubblici e contro ogni forma di esternalizzazione dei Servizi. Siamo scese in piazza compatte e determinate a Settembre del 2015 quando la Giunta Marino/Nieri all’indomani della sentenza della Corte Europea non poteva e non voleva fare i contratti a tempo determinato. Scelta, che con oltre i 700 vuoti di organico, avrebbe messo in ginocchio i Nidi e le Scuole dell’Infanzia comunali e alla porta circa 5000 precarie. Oggi dopo anni in cui le scelte politiche delle Giunte che si sono succedute al Campidoglio, andavano sempre di più verso la privatizzazione, privilegiando la sinergia pubblico/privato a favore del privato, ci troviamo di fronte a nuove scelte e strategie politiche
Infine ad esacerbare ulteriormente gli animi c’è la decisione della giunta di sfrattare i nidi in convenzione che si trovano all’interno di edifici di proprietà comunale. L’amministrazione guidata da Virginia Raggi, attraverso le
direzioni socio-educative dei Municipi, ha recapitato, a chi gestisce le strutture, lettere di revoca della convenzione. Le strutture – dove in questi anni gli enti hanno anche svolto lavori di miglioria – dovranno quindi essere sgomberate. I nidi interessati dal provvedimento sarebbero una quindicina in tutta Roma con centinaia di iscritti e di lavoratori che dall’anno prossimo perderanno la continuità educativa il posto di lavoro.

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