“La citofonata di Salvini ci ha rovinato la vita”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-05-31

Parla la donna che rispose al citofono al leader della Lega in quello “show” elettorale improvvisato del leader della Lega

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Il leader della Lega l’ha rivendicata come una vittoria, ma la realtà e la storia ha raccontato una versione die fatti ben differente. Quella citofonata di Matteo Salvini non ha portato all’arresto di due persone (moglie e marito) per “possesso di sostanze stupefacenti”, ma ha solamente rallentato – per via del clamore mediatico – il corso delle indagini e della giustizia che già stava seguendo il caso. E ora parla la donna – indagata a piede libero, moglie e madre dell’uomo arrestato e del giovane ricercato – che per prima rispose a quella “sollecitazione” al citofono dell’ex ministro dell’Interno.

Citofonata Salvini, parla la moglie dell’uomo arrestato a Bologna

I fatti risalgono all’accesa campagna elettorale per le Regionali in Emilia-Romagna, dove la Lega perse candidando Borgonzoni contro il Presidente uscente Bonaccini. E quel giorno, inseguito da una pletora di giornalisti e suoi sostenitori, Matteo Salvini decise di diventare protagonista di uno show mediatico indicando pubblicamente il citofono di quella famiglia del quartiere Pilastro di Bologna che – all’epoca dei fatti – non era stata raggiunta da alcun avviso di indagine nei suoi confronti. E oggi Caterina Razza racconta al “Corriere della Sera” cosa è accaduto dopo quelle citofonata:

“Io ho avuto un infarto pesantissimo e mi sono ammalata di una forma grave di diabete. Mio marito ha perso improvvisamente il lavoro e nessuno lo assume più, si è ammalato. Mio figlio Yaya, all’epoca adolescente, è stato costretto a troncare la sua carriera calcistica e a lasciare gli studi. Le mie figlie erano distrutte dal dolore”.

Una situazione naufragata proprio dopo la citofonata Salvini, quando ancora nessun membro di quella famiglia era indagato. Perché quel gesto era sbagliato proprio per quello e il “garantista” leader della Lega non avrebbe dovuto “sbattere il mostro in prima pagina” prima che la giustizia facesse il suo corso. Prima con le indagini, poi con il processo.

La donna ha raccontato anche del tentativo di suicidio da parte del marito dopo l’ultima operazione delle forze dell’ordine nei suoi confronti. Poi anche quella decisione dell’Acer – Azienda Casa dell’Emilia-Romagna – di procedere con la cancellazione del diritto di alloggio in quella casa popolare nel quartiere Pilastro. La stessa Acer ha detto di aver applicato la legge che prevede la cessazione (decadenza) di quel diritto per via delle vicissitudini giudiziarie che hanno coinvolto anche lei, intestataria del contratto di locazione agevolato.

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