La caccia ai 200mila evasori italiani con i conti in Svizzera

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-02-20

L’Agenzia delle Entrate ha la lista dei contribuenti che negli anni scorsi non hanno fatto rientrare i capitali. Se non usciranno allo scoperto rischiano un procedimento penale

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Lo scorso agosto, il Fisco ha ricevuto dalla Svizzera i dati sui titolari di conti nel Paese. L’Agenzia delle entrate verifica le posizioni degli italiani che non hanno denunciato i proprio depositi oltralpe. I titolari dei conti rischiano ora un’inchiesta penale per evasione fiscale. Per evitare l’indagine della Guardia di Finanza e il processo, chi ha fondi occultati in Svizzera deve autodenunciarsi prima della lettera del Fisco.

La caccia ai 200mila evasori italiani con i conti in Svizzera

E così tutti i titolari di conti in Svizzera che non hanno aderito alla “voluntary disclosure” degli anni scorsi rischiano: spiega oggi Repubblica che a un anno dalla richiesta del 6 dicembre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha incassato il lunghissimo elenco di cittadini italiani che hanno un conto o un deposito nelle banche svizzere. Un database di duecentomila nominativi che potrebbe valere più di un miliardo di euro per le casse italiane. Tutti soggetti titolari di liquidità custodita oltralpe che ora dovranno decidere se emergere con un ravvedimento operoso che permette di pagare tasse, interessi e sanzioni per evitare il procedimento penale, oppure aspettare che sia il Fisco a bussare alla loro porta. In questo secondo caso, però, bisogna mettere in conto anche le conseguenze penali.

ITALIA SVIZZERA BANCHE CONTI
I soldi rimpatriati con l’ultimo scudo fiscale (Repubblica, 24 febbraio 2015)

Si rischia in primo luogo l’accusa di dichiarazione infedele o fraudolenta. L’Amministrazione federale delle contribuzioni (Afc) della Confederazione svizzera ha inviato alle proprie banche la richiesta di dati, poi girati alle autorità italiane:

A essere interessati alla prossima ondata di lettere del Fisco saranno i domiciliati in Italia che, tra il 23 febbraio 2015 e il 31 dicembre 2016, risultavano titolari di «uno o più conti» presso gli istituti bancari svizzeri, e non hanno aderito alla “voluntary disclosure” che avrebbe permesso di regolare la propria posizione. Per questo c’è grande fermento nel mondo bancario d’oltralpe e negli studi legali italiani che si occupano di diritto tributario e che si trovano a dover scegliere la strategia migliore per i clienti. «Il muro di protezione fiscale della Confederazione svizzera è ormai venuto meno», spiega Giovanni Briola, avvocato milanese titolare di uno studio che assiste numerosi clienti che hanno utilizzato la “voluntary disclosure”.

«In queste settimane sono tanti quelli che si rivolgono a noi per capire come ridurre il potenziale danno. La strategia migliore è anticipare l’Agenzia delle entrate e procedere all’emersione, ma è anche importante fare un’analisi attenta del portafoglio e dei conti correnti, perché in alcuni casi è possibile che non si superino determinate soglie di non punibilità». Per chi non sarà in grado di spiegare provenienza e natura del denaro sarà inevitabile la segnalazione alle procure. Una comunicazione che in quarantotto ore porterà all’apertura di un procedimento penale, con l’avvio dell’indagine della Guardia di Finanza.

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