Cosa c’entra Jonathan Galindo con la morte del bambino a Napoli?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-10-01

Cosa c’entra Jonathan Galindo con la morte del bambino di 11 anni che si è tolto la vita a Napoli? Il bimbo si è lanciato dal balcone di casa lasciando un biglietto di scuse alla madre in cui avrebbe parlato anche di un uomo nero. Chi è Jonathan Galindo?

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Cosa c’entra Jonathan Galindo con la morte del bambino di 11 anni che si è tolto la vita a Napoli? Il bimbo si è lanciato dal balcone di casa lasciando un biglietto di scuse alla madre in cui avrebbe parlato anche di un uomo nero. Ma si tratta di una ipotesi ancora in corso di verifica. Lui, l’uomo nero, sarebbe Jonathan Galindo, un umano con la faccia di Pippo, il personaggio Disney, che contatterebbe adolescenti e preadolescenti sui social, per spaventarli, terrorizzarli, in un gioco dell’orrore che lascia segni soprattutto nei più fragili. Ma da dove arriva questo personaggio?

Cosa c’entra Jonathan Galindo con la morte del bambino a Napoli?

L’ipotesi è che il bambino sia diventato vittima del gioco Jonathan Galindo, in cui un uomo col cappuccio nero, dopo aver agganciato i piccoli sui social, li trascina in sfide e prove fino alla morte. Prima di tutto arriva un messaggio: “Vuoi giocare?”.  Ci sono ‘apparizioni’ dell’uomo col cappuccio fuori casa per controllare i ‘giocatori’, di far capire loro che non è uno scherzo.

jonathan galindo cosa è bambino 11 anni morto a napoli 1

 

L’allarme di un nuovo pericolo via web risale a questa estate, a luglio scorso, per la sfida social dell’estate, che avrebbe messo a repentaglio i più giovani e i bambini. La Polizia Postale aveva messo in guardia dalla possibilità che adolescenti e bambini potessero essere contattati da questo profilo fake. Ma chi si nasconde dietro l’account di Jonathan Galindo? Cercando in rete, sui vari social, sono diversi i profili che potrebbero essere riconducibili all’uomo col cappuccio nero. Riscontri reali e prove sull’esistenza di una persona fisica dietro questo account non ve ne sono. Ma la paura e la diffusione di questo tipi di giochi attrae proprio per i profili di mistero e ignoto che assume. Il Corriere racconta cosa ha fatto l’undicenne prima di lanciarsi:

Prima di uccidersi due sere fa a mezzanotte e mezza ha acceso il telefono cellulare, si è collegato alla chat e ha inviato un sms: «Mamma, papà vi amo. Ora devo seguire l’uomo col cappuccio nero. Non ho più tempo. Perdonatemi». Una lucidità agghiacciante, una scadenza improrogabile, un appuntamento con la morte irreversibile. Questo è quello che ha spaventato di più gli inquirenti della Procura di Napoli che hanno aperto un fascicolo per istigazione al suicidio dopo la relazione della Squadra Mobile. Un suicidio all’apparenza immotivato che però potrebbe prendere corpo in una pista che è stata sin dal primo istante battuta dagli investigatori. Il bimbo potrebbe essere caduto in una trappola del web, costretto da qualcuno ad uccidersi, forse per salvare la vita dei suoi familiari o per salvare se stesso

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C’è davvero Jonathan Galindo dietro il suicidio del bambino? A luglio Massimo Polidori del Cicap parlando del fenomeno lo descriveva come un storia senza fondamento. Ovvero non «inquietante sfida che induce i ragazzi al suicidio», ma una “creepypasta” che inizia per scherzo e che poi spaventa qualche adulto poco informato.


Di profili che utilizzano il nome di Galindo ce ne sono moltissimi. Qualcuno può aver sfruttato il personaggio per suoi scopi personali, e criminali? Il Fatto analizza nel dettaglio quanto è stato gonfiato il fenomeno:

Se questo Galindo esiste, ancora nessuno lo ha visto. E per “esiste” s’intende se abbia mai davvero provocato o minacciato qualcuno. Che non ci sia nella realtà è infatti una certezza. Il terribile Pippo altro non è che il travestimento di un artista statunitense che sui social si identifica come Dusky Sam, Sammy Catnipnik o Samuel Canini. Non è la sua unica “maschera ”, le realizza per lavoro e qualche settimana fa sul tema ha scritto un post per spiegare meglio le origini del personaggio: “Le foto e i video sono miei – ha detto –. Erano per il mio bizzarro piacere personale (legato pure a contenuti sessualmente espliciti messi online ndr), non per qualche cacciatore di brivido dei giorni nostri che cerca di spaventare e bullizzare la gente. Se ricevete un messaggio da qualcuno che vuole iniziare qualche gioco, non interagiteci”. Si parte da qui, insomma, per creare quello che viene definito un perfetto creepypasta . Il sito Queryonline .it lo spiega benissimo: “Le creepypasta sono sostanzialmente storie dell’orrore in salsa telematica, l’e quivalente moderno delle storie di fantasmi raccontate intorno al fuoco. Spesso partono da immagini inquietanti per costruirci intorno un racconto, via via modificato dagli utenti per renderlo sempre più spaventoso e poi diffuso grazie al copia e incolla (il suffisso ‘pasta’ viene proprio da cut&paste)”.

Due giorni fa la polizia ha sequestrato il telefono cellulare e la consolle con la quale il bimbo oltre a giocare si collegava in Internet. Un superperito da questa mattina proverà a ricostruire le ultime conversazioni del bambino. La Procura sentirà alcuni dei suoi amichetti.

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