Gli intoppi burocratici che minacciano il referendum sulla cannabis

di Massimiliano Cassano

Pubblicato il 2021-09-25

Insieme alle 590mila firme raccolte online, il comitato promotore del referendum sulla cannabis dovrà consegnare in Cassazione entro il 30 settembre anche i certificati elettorali dei firmatari. Ma i comuni, in affanno per la pandemia e le imminenti amministrative, rispondono lentamente

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La corsa della raccolta firme per il referendum sulla cannabis rischia di arenarsi nella burocrazia degli uffici comunali. Il quesito, presentato lo scorso 7 settembre, aveva meno di un mese per raccogliere le 500mila sottoscrizioni necessarie per avviare l’iter che lo avrebbe condotto alla consultazione popolare. Ci è riuscito in poco meno di due settimane, anche grazie alla possibilità di firmare online tramite lo Spid. Adesso, però, i promotori dell’iniziativa devono consegnare in Cassazione gli elenchi di tutti coloro che hanno aderito alla campagna, insieme ai certificati elettorali che attestano che questi siano effettivamente elettori.

I comuni sono tenuti a rilasciare questi certificati entro 48 ore dalla richiesta, “ma dopo tre giorni ne mancano più del 75%”, fanno sapere gli organizzatori. Dei 545mila documenti richiesti attraverso oltre 37mila email certificate inviate a diversi uffici comunali, infatti, ne sono arrivati soltanto 126mila. “L’inadempienza è dei comuni, non nostra”, dice Riccardo Magi, deputato e presidente i +Europa, uno dei partiti che ha sostenuto la raccolta firme. Magi ha anche fatto sapere di aver chiesto una proroga al 31 ottobre per depositare tutti gli atti in Cassazione, come già previsto per gli altri quesiti referendari di cui è attualmente in corso la raccolta firme: caccia ed eutanasia.

Questi ultimi sono stati presentati prima del 15 giugno, mentre quello sulla Cannabis è stato depositato – come già ricordato – il 7 settembre. “Chi ha inziato la raccolta prima può finirla dopo”, denuncia Franco Corleone, ex senatore e sottosegretario alla giustizia tra il 1996 e il 2001, ora parte del comitato promotore.

Gli oltre 60 tra partiti, associazioni e comitati chiedono anche alla ministra della Giustizia Marta Cartabia e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di “porre fine alla discriminazione politica” che il referendum sulla cannabis starebbe subendo a differenza degli altri con scadenza a fine ottobre.

Nel rallentamento delle operazioni potrebbe aver inciso la situazione di affanno in cui versano alcuni comuni per via della pandemia, senza contare che alcuni di questi sono anche alle prese con l’organizzazione in vista delle elezioni amministrative del prossimo 3 e 4 ottobre. Il comitato promotore del referendum ha fatto sapere di aver diffidato i 1400 Comuni che non hanno ancora risposto alla richiesta.

“Se non ci sarà la proroga – annuncia Antonella Soldo dell’associazione “Meglio legale” – ci saranno azioni legali ed esposti”. Intanto è in corso una trattativa tra il comitato promotore e la Cassazione per ottenere di poter consegnare prima le firme e poi, in un secondo momento, i certificati.

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