Cosa hanno capito i sovranisti del monologo di Rula Jebreal a Sanremo

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-02-05

Improbabili attivisti dei diritti maschili che ci spiegano che anche gli uomini sono vittime di violenze e stalking. Esperti di statistica che minimizzano i dati sulle molestie sessuali. Donne che ci tengono a sottolineare che “era amica di Weinstein” e complottisti che ricordano che “era sposata con un ricco ebreo” mentre ci spiegano che la razzista è lei e non loro. Il meglio del peggio delle reazioni al toccante monologo di Rula Jebreal

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Qualche settimana fa Giorgia Meloni si lamentava per la presenza di Rula Jebreal di Sanremo spiegando che il problema era la mancanza di contraddittorio. Ieri Rula Jebreal è salita sul palco dell’Ariston, ha fatto il suo monologo e non si è sentita la mancanza di contraddittorio. Non si è sentita perché quando una donna parla di femminicidio, di stupri e violenze, quando racconta della madre che si è tolta la vita perché era stata stuprata e violentata più volte da un uomo che conosceva bene non c’è bisogno di contraddittorio. E infatti Giorgia Meloni non ha ancora parlato di Sanremo.

Quelli che “anche gli uomini subiscono violenze”

Ne hanno parlato invece tanti che magari nei giorni scorsi avevano annunciato che non avrebbero guardato il Festival proprio a causa della presenza della giornalista italo-israeliana di origine palestinese. Chissà quanti di loro hanno davvero ascoltato (o letto) l’intervento di Rula Jebreal, che grazie anche alla totale mancanza di coraggio della Rai e della direzione artistica del Festival è andato in onda ben dopo la mezzanotte. Un peccato perché se fosse stato in apertura della prima puntata di Sanremo molti – nel Paese in cui in meno di una settimana sei donne sono state uccise dai loro compagni, conviventi, fidanzati – avrebbero potuto capire qualcosa sull’argomento.

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E quello della Jebreal non è stato un “predicozzo” ma un racconto, della sua vita, della sua infanzia, delle violenze subite dalle amiche, dalle loro madri, dalle donne, per mano degli uomini. Uomini che conoscevano bene. Ma per i sovranisti invece il problema è che «lei si prende i soldi per questo ma alle donne violentate non cambia nulla. Scandaloso!». La Jebreal ha annunciato che devolverà «metà del compenso per il festival di Sanremo a Nadia Murad», l’attivista irachena yazida che è stata rapita e stuprata dall’Isis. Alle donne violentate non cambia nulla, ma quel discorso non parlava solo a loro, parlava alle donne e agli uomini per dire «lasciateci essere quello che siamo e quello che vogliamo essere, madri di dieci figli o madri di nessuno, casalinghe, in carrriera».

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Gente magari come questo qui, che ha subito voluto tirare fuori i dati delle “altre” molestie. Quelle subite dagli uomini per mano delle donne. Perché potete stare certi che dove c’è una donna che denuncia le violenze, le molestie, i casi di stalking e gli omicidi ci sarà sempre un uomo pronto a dire cose come “la violenza è una sola e non ha sesso” oppure a citare i reati commessi dalle donne per dimostrare che siamo tutti colpevoli (o tutti innocenti).

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Ma per i sovranisti si è trattato di un “monologo da festa dell’Unità”. E con parecchi difetti. Uno a caso? Non è stato letto in perfetto italiano e a leggerlo era una forestiera, non un’italiana. Peccato che Rula Jebreal abbia la cittadinanza italiana.

Quelli che “le violenze non sono così tante”

Ma i dati Istat parlano chiaro: «si stima che siano 8 milioni 816mila (43,6%) le donne fra i 14 e i 65 anni che nel corso della vita hanno subito qualche forma di molestia sessuale e si stima che siano 3 milioni 118mila le donne (15,4%) che le hanno subite negli ultimi tre anni». Ieri Rula Jebreal ha detto: «negli ultimi tre anni 3 milioni 150mila donne sono state vittime di violenze sessuali sul posto di lavoro, negli ultimi due anni 88 donne al giorno hanno subito abusi e violenze, una ogni 15 minuti, ogni tre giorni viene uccisa una donna, sei donne sono state ammazzate solo la scorsa settimana. E nell’80 per cento dei casi il carnefice non ha bisogno di bussare, ha le chiavi di casa».

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Un’affermazione che non è sfuggita a Franco Bechis – il direttore del Tempo che oggi in prima pagina titola “che scoperta la Jebreal, è più brava come valletta” – che su Twitter si interroga sul dato riferito dalla Jebreal dando il là a deliri sovranisti come quello qui sotto.

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Al coro degli scontenti dei numerini si unisce anche l’onorevole Claudio Borghi che citando un’altra statistica sostiene che la Jebreal abbia “scambiato una percentuale per milioni”.

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Anche Mario Adinolfi ci tiene a ribadire che il monologo di Rula Jebreal  è stato «con numeri un po’ a caso (grave per una giornalista)» e che «l’Italia è il Paese con il minor numero di donne uccise al mondo». Mal comune mezzo gaudio?E ci vuole un bel pelo sullo stomaco a dirlo dopo che in due giorni sono state uccise cinque donne.

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Il rapporto Eures 2019 dice che la violenza di genere è stata ancora in crescita nel 2018 con 142 le donne uccise (+0,7%), 119 delle quali in famiglia (+6,3%) e che non c’è mai stata una percentuale così alta di vittime femminili (40,3%).  Ma non si è parlato solo di femminicidi ma di violenze e di molestie, e sul posto di lavoro le donne italiane sono tra quelle che ne subiscono di più in Europa (dopo Germania e Spagna).

Quelli che “e allora Weinstein?”

Rula Jebreal non odia gli uomini, non ce l’ha con gli uomini. Durante il suo monologo ha scelto di citare canzoni sulle donne, canzoni scritte da uomini. Ma c’è chi sceglie di criticarla perché ha sposato “un ricco ebreo” o “uno do Goldman Sachs” e perché fa “costantemente distinzioni di razza ed etnia e da un palco senza possibilità di repliche”. Eppure all’Ariston non ha fatto distinzioni di razza. E se la replica è a livello di “hai sposato un ricco ebreo” oppure “ti sei fatta una foto con Weinstein” forse non è la replica di cui abbiamo bisogno.

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Perché alla Jebreal viene rinfacciato da settimane, da quando è stata annunciata la sua partecipazione a Sanremo, di essersi scattata una foto con Weinstein (il produttore al centro dello scandalo sulle molestie sessuali del Mee Too). Oppure di aver fatto carriera e di essere ricca. Perché ad un uomo si perdona di accompagnarsi a donne più giovani o di essere ricco. Ad una donna, cresciuta in un orfanotrofio invece non lo si perdona.

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Ed è un peccato notare che molte delle critiche più feroci vengano da utenti di sesso femminile che invece che scagliarsi contro il sistema della società maschilista preferiscono raccontare di quella giornalista che “fa pare del sistema” anche se ne denuncia le violenze e i soprusi.

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Una cosa però va detta: oggi nessuno parla del vestito di Rula Jebreal ma solo di quello che ha detto ieri. Peccato che in pochi ne abbiano colto il senso.

 

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