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Quei 39 profili Facebook finiti nell’inchiesta per gli insulti a Mattarella
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-07-23
La procura di Palermo ha aperto un fascicolo. I titolari di alcuni account sono stati già identificati, altri sono in corso di identificazione da parte della Digos. Le offese al fratello Piersanti e l’incitazione alla mafia
Ricordate le minacce e gli insulti ricevuti da Sergio Mattarella tra maggio e giugno, dopo la questione nata attorno al ruolo di Paolo Savona nel governo Lega-M5S? Trentanove profili presenti sui social network sono finiti sotto inchiesta dopo che la procura di Palermo ha aperto un fascicolo. I titolari di alcuni account sono stati già identificati, altri sono in corso di identificazione da parte della Digos che sta cercando di accertare se i nomi degli autori dei post Fb e Twitter incriminati corrispondano a persone reali o siano dei fake.
Quei 39 profili Facebook finiti nell’inchiesta per gli insulti a Mattarella
Gli scritti riempirono i social dopo la decisione del Quirinale di affidare l’incarico per la formazione del governo a Carlo Cottarelli. Nel registro degli indagati finirono subito l’utente Manlio Cassarà, palermitano, che aveva postato “hanno ucciso il fratello sbagliato“, riferendosi all’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello del capo dello Stato, assassinato dalla mafia nel 1980; l’utente Michele Calabrese, autore di un post analogo, e l’utente Eliodora Zanrosso col “ti hanno ammazzato il fratello, non ti basta?“. I pm titolari dell’inchiesta, l’aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Gery Ferrara, ipotizzano il reato di attentato alla libertà del presidente della Repubblica e offesa all’onore a e al prestigio del presidente della Repubblica, puniti fino a 15 anni di reclusione. Non è esclusa anche l’ipotesi di istigazione a delinquere.
Cassarà si scusò successivamente in un’intervista a Repubblica Palermo, affermando di aver fatto “una minchiata”. Nell’occasione di giugno si seppe anche dell’apertura di un’indagine (per vilipendio) nei confronti del padre di Alessandro Di Battista, Vittorio. Nel post Di Battista Senior rievocava addirittura la presa della Bastiglia e minacciava il saccheggio del Colle: «Il Quirinale è più di una Bastiglia, ha quadri, arazzi, tappeti e statue, Se il popolo incazzato dovesse assaltarlo, altro che mattoni. Arricchirebbe di democrazia questo povero paese e ridarebbe fiato alle finanze stremate».
Piersanti Mattarella, il fratello del presidente
Michele Calabrese ed Eliodora Zanrosso invece chiamarono in causa il fratello del presidente della Repubblica, Piersanti, assassinato da Cosa Nostra il 6 gennaio 1980 mentre era presidente della Regione Siciliana. Nel 1995 vennero condannati all’ergastolo i mandanti dell’omicidio: i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. Il 6 giugno scorso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel suo discorso per la fiducia, fece un riferimento ai fatti chiamando Piersanti “un congiunto” di Mattarella.
I reati ipotizzati nei confronti dei profili Facebook e Twitter messi sotto la lente dalla procura sono l’attentato alla libertà e offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica. Sarà in ogni caso complicato trovare per ciascuno una corrispondenza con un nome e cognome reale.