Come la FCC ha salvato l'Internet e la Net Neutrality

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-02-27

Grazie all’intervento della Federal Communication Commission la neutralità della Rete è salva, per ora. Ma la lotta per salvare l’Internet non è finita. E serve una grande visione del futuro

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È stata una settimana storica per l’Internet (e non solo negli USA), la Federal Communication Commission (FCC) ha approvato un nuovo regolamento per promuovere lo sviluppo di Internet e difendere la Net Neutrality. Il tema è di primaria importanza non solo per consentire all’Interwebs di continuare a crescere e a rigenerarsi ma anche per capire chi avrà la possibilità di esercitare il controllo sulla Rete, il Governo USA o le corporation che forniscono servizi agli utenti e gli ISP. Così la FCC ha annunciato la decisione tanto attesa: «Ending lingering uncertainty about the future of the Open Internet, the Federal Communications Commission today set sustainable rules of the roads that will protect free expression and innovation on the Internet and promote investment in the nation’s broadband networks».
 
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PIÙ INTERNET PER TUTTI
Le nuove regole approvate dalla FCC vanno a correggere quelle in vigore dal 2010 estendendo la copertura del regolamento dalle sole reti mobili alla banda larga e alle linee fisse in modo da proteggere i consumatori e gli utenti indipendentemente da come effettuino l’accesso all’Internet. La decisione della FCC riclassifica i fornitori di accesso ad Internet a banda larga come “telecommunications service” una categoria legale che significa che l’accesso ad Internet verrà regolamentato come altri servizi di pubblica utilità. Questa semplice ri-definizione è il fondamento alla base della difesa della Neutralità della Rete.


I tre punti principali del regolamento per la salvaguardia e la promozione dell’Open Internet sono, così come le riassume il comunicato stampa emesso dalla FCC: no blocking ovvero il divieto per i provider a impedire ai propri utenti l’acceso a contenuti (legali) in questo modo la FCC mira a garantire il libero accesso a tutti i contenuti di Internet. La seconda regola, no throttling, invece vieta il ricorso alle pratiche spesso adottate dai provider per limitare la “velocità” della connessione e l’ampiezza della banda dei clienti in base all’utilizzo di certe applicazioni. In questo modo un provider non potrà arbitrariamente decretare il successo commerciale di un prodotto impedendo ai propri utenti di utilizzarlo appieno. Infine il terzo punto, il più importante per promuovere una diffusione della Rete con un accesso il più possibile universale: no paid prioritization in poche parole sarà vietata la creazione di una Rete a due livelli con “corsie preferenziali” per certi contenuti o per certi siti (a detrimento di altri) in cambio di una compensazione economica o di altro tipo. In questo modo l’Autorità per il controllo sulle telecomunicazioni si dota di strumenti più forti per poter garantire un libero accesso alla Rete sia da parte degli utenti che da parte di coloro che volessero proporre e ideare nuovi servizi online. La speranza, come sempre, è che sarà la “mano invisibile” dell’Internet a decretare il successo di un’impresa commerciale sul Web e non accordi stipulati con gli ISP per dare una spintarella ad un servizio o tarpare le ali ad un altro.

THE FUTURE OF THE INTERNET
Una grande vittoria per l’Internet, che scongiura un ritorno a quel modello di Rete dei “walled gardens” dell’era pre-Internet dove ogni ISP aveva costruito una rete autonoma e separata dalle altre dove gli utenti potevano comunicare solo con altri clienti dello stesso provider. Il nuovo dispositivo normativo cerca di trovare un equilibrio tra un minore controllo da parte del Governo sulla Rete e la salvaguardia dell’Internet dagli interessi, sovente predatori, delle multinazionali. È chiaro che ad una diminuzione del potere esercitato dallo Stato di pari passo crescerebbe quella dei privati che troverebbero campo libero per agire a proprio piacimento. Non è un procedimento facile, e non significa che l’Internet non appartenga a nessuno perché in ultima istanza chi possiede l’infrastruttura che consente la connessione avrà sempre una voce importante in capitolo. Non è escluso quindi che le stesse compagnie telefoniche che oggi si sono viste limitare la libertà d’azione in seguito alla revisione del regolamento possano ricorrere in tribunale contro la nuova normativa. Anche le corti federali quindi avranno la loro fetta di potere nel decidere quanto libera potrà essere la Rete e quanto questa riforma della Net Neutrality sarà applicabile agli ISP. E non è finita qui, il Congresso (saldamente in mano ai Repubblicani) potrebbe decidere di intervenire a sua volta per cambiare, o stravolgere, la decisione della FCC. Come si può intuire il fatto che Internet non appartenga del tutto a qualcuno impedisce di avere una decisione definitiva in materia. Questo non è necessariamente un male, la politica è lenta a comprendere i cambiamenti tecnologici e un eccessivo controllo da parte delle autorità, desiderose di mantenere una certa idea di Net Neutrality che va bene oggi ma domani chissà potrebbe limitare lo sviluppo della Rete. Dal momento che Internet “esiste” su più livelli (da quello fisico dei cavi a quello più immateriale dell’interesse strategico) non ci sarà quindi nessuna vittoria definitiva, perché costitutivamente non ha senso che ci sia. Meglio quindi continuare con un gioco di equilibri, snervante quanto si vuole ma che almeno lascia voce a tutti. Anche alle istanze degli utenti, come dimostra il ringraziamento di Barack Obama agli utenti di Reddit per il loro contributo alla discussione. Insomma per salvare l’Internet non serve un grande hard disk ma una grande visione del futuro.
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