Imu agricola: come funziona la nuova versione della tassa e chi la deve pagare

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-03-19

Il via libera definitivo oggi alla Camera

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Via libera definitivo della Camera al decreto legge sull’Imu agricola, che proroga tra l’altro l’esercizio della delega fiscale. Il testo è stato già approvato dal Senato e non è stato modificato durante l’iter a Montecitorio. I sì sono stati 272, i no 153, 15 gli astenuti. L’Imu agricola si applica alle costruzioni strumentali allo svoglimento dell’attività agricola. L’Imu non interesserà i comuni montani, mentre in quelli parzialmente montani esclude i coltivatori diretti; in quelli non montani l’applicazione è per tutti. 1061 sono i comuni in più in cui adesso l’IMU agricola si paga, il gettito aggiuntivo dovrebbe ammontare a 268 milioni di euro. L’ultima data utile per il pagamento senza sanzioni è stata fissata al 31 marzo per i pagamenti relativi al 2014, chi ha pagato per errore avrà diritto al rimborso. Il parlamento ha prorogato di sei mesi il termine per l’attuazione della delega fiscale.
 
IMU AGRICOLA: COME FUNZIONA LA NUOVA VERSIONE DELLA TASSA E CHI LA DEVE PAGARE
Contrarie, com’è ovvio, le associazioni di categoria. «L’approvazione della conversione in legge del decreto sull’Imu agricola è una pagina scura della politica fiscale italiana, ma non ci rassegniamo e valuteremo possibili iniziative di rivendicazione e sensibilizzazione per arrivare all’abrogazione della misura», afferma il presidente di Copagri, Franco Verrascina. «La questione – aggiunge Verrascina – è stata scaricata sui sindaci e ora questi facciano le loro valutazioni. Non esiste il discorso di soluzione migliore o di male minore. La nostra posizione è nota: non abbiamo mai preso in considerazione esenzioni o alleggerimenti su aree montane o parzialmente tali, isole minori e via discorrendo. L’imposta -conclude Verrascina – va abolita perché va a colpire i terreni produttivi di un settore che ha ampiamente dimostrato, soprattutto in termini di export e occupazionali, di poter essere trainante per il superamento della crisi e di poter davvero creare ricchezza. Lo colpisce nei suoi beni strumentali, cosa più inaccettabile, negli strumenti che ordinariamente servono agli agricoltori per produrre. Il tutto, per di più, va maturando quando siamo alle porte dell’Expo e certo questo non è il migliore biglietto da visita per l’approccio istituzionale all’agroalimentare made in Italy».

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