Fact checking
Ilaria Loquenzi, Silvia Virgulti e la rissa sulla comunicazione nel MoVimento 5 Stelle
neXtQuotidiano 25/06/2015
La sfiducia di ieri sera, i contrasti all’origine della disputa e la domanda più importante: chi decide la comunicazione e la linea? Grillo e Casaleggio oppure i parlamentari?
Ilaria Loquenzi e Silvia Virgulti su Facebook hanno la stessa foto profilo. E forse non è un caso che sia stata cambiata proprio il 21 maggio, ovvero il giorno in cui un articolo a firma di Iacopo Jacoboni sulla Stampa raccontava del presunto scontro tra Gianroberto Casaleggio, il direttorio e Luigi Di Maio, Al centro della disputa c’erano proprio loro due. La prima è la responsabile della comunicazione del MoVimento 5 Stelle, la seconda – secondo l’articolo, che per primo raccontò dei problemi sul rinnovo della Loquenzi – era candidata a sostituirla.
Il capo della comunicazione doveva essere un super-super capogruppo parlamentare, una figura di fatto molto politica che tenesse i rapporti tra Roma e Milano, tra una base parlamentare spesso (con alcune, minoritarie e lodevoli eccezioni) impreparata e vogliosa solo di visibilità, e i capi. Che decidesse chi mandare in tv, cosa riferire o non riferire a Casaleggio. Ecco: La Loquenzi, ex collaboratrice di Roberta Lombardi, non è mai piaciuta alla maggioranza dell’assemblea. Le è sempre stato fatto un contratto di tre mesi in tre mesi. Come mai, ora, Di Maio e il direttivo accettano di andare a porre il problema a Casaleggio?
In pole per sostituirla c’è Silvia Virgulti, una professionista che tenne alla Casaleggio i corsi per i dieci deputati selezionati per andare in tv. Virgulti è una parmense molto vicina politicamente a Di Maio, fu presentata a Casaleggio dai fratelli Pittarello (uno dei quali, Filippo, lavora in azienda, ebbe un ruolo importante nella fase aurorale del Movimento, è amico di Davide, il figlio del cofondatore). Morale: Casaleggio ha detto no, ma è sempre più solo.
IL VOTO SU ILARIA LOQUENZI E SILVIA VIRGULTI
Stamattina Repubblica ha raccontato che la Loquenzi è stata sfiduciata con 26 voti contro 17 all’assemblea dei deputati del MoVimento 5 Stelle. Un’assemblea con molti assenti, e che evidentemente non sarebbe stata molto attenta a quanto scritto da Grillo e Casaleggio sul blog il 10 giugno:
“Per il lavoro svolto in questi mesi nell’ambito della comunicazione esprimiamo le nostre congratulazioni a Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi con l’augurio di continuare la strada iniziata a partire dalle prossime sfide.” Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio
A favore di Loquenzi, il direttorio M5S. Ma il voto di Di Maio e gli altri non è bastato a salvarla. Contro di lei, tra gli altri, l’ex capogruppo Fabiana Dadone, la neo Francesca Businarolo e il futuro capogruppo Giorgio Sorial. Per molti, ora, il licenziamento dell’ex collaboratrice di Paola Taverna (e non della Lombardi) rischia di generare un vero e proprio terremoto interno. Visto che, di fatto, con lo stop a Loquenzi i parlamentari hanno sfidato i vertici. Alla base dei dissapori la scarsa visibilità concessa ad alcuni e la troppa concessa ad altri? In ogni caso dopo l’altolà del blog una riunione tra i parlamentari, lo staff della Camera e lo stesso Casaleggio aveva riportato la pace, secondo i racconti. Ma evidentemente non è durata. Nel codice di comportamento degli eletti, c’è però scritto che la nomina del responsabile della comunicazione spetta a Grillo: “La costituzione di due “gruppi di comunicazione”, uno per la Camera e uno per il Senato, sarà definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e di scelta dei membri, al duplice fine di garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione, nonché di evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili”. Questo basta a considerare non valido il voto sulla Loquenzi, alla quale nel frattempo era stato rinnovato il contratto e in un settore che ha già dovuto fare a meno di Nicola Biondo, che ha raggiunto un accordo per chiudere anzitempo il contratto che lo legava ai 5 Stelle, e Claudio Messora, prima emigrato in Europa e poi cacciato dopo i dissidi con gli europarlamentari? Evidentemente no, visto che la norma si può semplicemente interpretare nel senso che adesso Grillo (e, nel caso, Casaleggio) è libero di scegliere un’altra persona che prenda il posto della Loquenzi, mentre la sfiducia nei suoi confronti da parte dei suoi “datori di lavoro” ultimi dovrebbe contare molto.
CHI DECIDE LA COMUNICAZIONE (E LA LINEA)
Ma c’è chi dice che la questione della comunicazione sia soltanto la spia di un problema più grande, e che sarebbe collegata alla questione della leadership del MoVimento 5 Stelle. Non è sfuggito a molti che quando qualche tempo fa Grillo annullò gran parte del suo tour mondiale da “autorevoli fonti parlamentari M5S” venne fuori la giustificazione della campagna elettorale per le amministrative alla quale il leader avrebbe dovuto partecipare. Era una balla, evidentemente, visto che nell’ultima campagna elettorale Grillo ha piuttosto brillato per assenza, fatta salva la marcia per il reddito di cittadinanza poi finita in secondo piano a causa delle sue dichiarazioni su Veronesi. Sempre nell’articolo sulla Stampa si raccontava che la storia della comunicazione si intrecciava con la battaglia per la leadership dopo il passo indietro dello “stanchino” Grillo:
Cosa può succedere adesso? Di Maio è sempre più attrezzato per trattare col Pd e Renzi, ha anche una sua ministruttura, dotata di suoi uomini. Lo ha fatto sulla legge sugli ecoreati (suscitando malumori, perché molti nel M5S la giudicano troppo annacquata), lo farà sul reddito di cittadinanza. E nel Movimento non sono in pochi a dire che in fondo la legge elettorale renziana piace: ritagliata su chi arriva primo, ma anche su chi arriva secondo. Ma prima serve un parricidio.
Ma sembra piuttosto strano che qualcuno, chiunque tra gli eletti dei 5 Stelle, abbia il coraggio di mettersi in polemica diretta con Grillo e Casaleggio dopo aver visto la fine che ha fatto chi ha avuto l’ardire di provarci. Soprattutto se l’alternativa, come linea politica, è “trattare col Pd e Renzi” quando in questi anni questa proposta è stata ampiamente bocciata in lungo e in largo e in questo modo si smentirebbe anche quanto detto in questi anni a proposito della maggioranza e del governo. Con i sondaggi che finalmente li raccontano in salita e un governo in difficoltà sia con le riforme che al voto, una spaccatura tra i 5 Stelle sarebbe un autogoal clamoroso, di quelli che eravamo abituati a vedere da altri.