Ilaria Cecot: colpevole di aiutare i richiedenti asilo, condannata a stalking e violenze

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-02-28

Nel 2014 era l’assessore al Welfare della giunta di centrosinistra e si era interessata ai problemi dei richiedenti asilo. Siccome è una donna è diventata la vittima preferita di chi ritiene che tutte le donne di sinistra lo facciano per un motivo solo: il sesso. Ma dopo essere finita in ospedale a causa delle pressioni psicologiche ha deciso di rialzare la testa e affrontare chi l’ha perseguitata

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«Mi chiamo Ilaria, ho 44 anni. Sono stata assessore provinciale e mi sono occupata molto di accoglienza. Nel settembre del 2014 ho allestito e gestito la prima tendopoli del Fvg. Bene da quel 13 settembre 2014 la mia vita non è più stata la stessa». Inizia così un post pubblicato su Facebook da Ilaria Cecot, ex assessore al Welfare e al Volontariato della Provincia di Gorizia con Sinistra e Libertà, che ha deciso di denunciare pubblicamente le vessazioni, le minacce, le offese e gli insulti che sta subendo da ormai oltre quattro anni.

Quelli che insultano la “pasionaria profughista”

Tutto è iniziato  nel 2014 – spiega in un’intervista a Repubblica – quando ha deciso di recarsi in visita nell’accampamento di fortuna sorto sulle rive del fiume Isonzo dove si erano accampati circa sessanta di richiedenti asilo provenienti da Pakistan e Afghanistan. Come già per altre donne attive nella vita politica che si sono schierate a difesa dei migranti e dei richiedenti asilo la Cecot è stata bersaglio non solo di critiche (legittime) ma anche di insulti e insinuazioni. La maggior parte delle quali di carattere sessista. Allusioni al fatto che l’assessore, così come altre volontarie, in realtà fosse alla ricerca d’altro. «Sputi, minacce, sassi, petardi ed offese, tante offese. Dalla più scontata : noi donne impegnate nel campo stavamo cercando ” cazzi “» racconta su Facebook.

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Verrebbe da dire “le solite cose”. Insulti sessisti che abbiamo letto rivolti a Laura Boldrini quando era presidente della Camera. Perché se una donna, magari piacente, si occupa di diritti umani lo fa sempre per  un secondo fine. Non i soldi, o il potere ma la libido sessuale. È la riduzione della donna da soggetto politico ad un mero oggetto “preda” di istinti sessuali e null’altro. Ma quelle “solite cose” non sono normali, e la vita di Ilaria Cecot (che dal 2017 non è più assessore dopo l’abolizione delle provincie) è diventata un vero inferno. Le soffre in silenzio, incassa, per non dare corda a chi la insulta e magari si nasconde dietro un malinteso “diritto di critica” che non può e non deve mai scadere nell’insulto.

La normalizzazione delle molestie che diventano “satira”

A febbraio del 2017 le cose peggiorano ancora. Dopo un tentativo fallito di correre per la carica di sindaco a Gorizia torna alla vita privata e al lavoro di maestra, precaria. A fine anno si innamora di un uomo, politicamente distante da lei visto che è il sindaco leghista di Fogliano Redipuglia. Racconta a Repubblica

In quel periodo, fine 2017, si avvicina al sindaco leghista di Fogliano Redipuglia.
“Antonio Calligaris. Capello spettinato, ironico, un anno più di me. Mi innamoro. C’erano le elezioni regionali. Io faccio un passo indietro, lui viene eletto. La fine”.

Perché?
“Il dileggio è diventato senza freno, cattiveria pura mista a pornografia. La profughista con il leghista, tanta manna per questi sciacalli.
Scrivevano: ‘Dall’ultra sinistra a Salvini…'”.

A quel punto iniziano gli insulti sessisti più espliciti. Cose come  “l’ex assessor provincial comunista e profughista in cerca di afgani lungamente dotati”, “psicopatica”, “CIMice Rossa”, “relitto tossico da zolof”. Lei lo Zoloft però lo ha dovuto prendere davvero perché è finita due mesi in ospedale, al centro di salute mentale per curare l’anoressia nervosa provocata – spiega – dal fatto di essere continuamente attaccata da chi sapeva che già in passato aveva sofferto di depressione.

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Gli insulti non viaggiano solo sui social network ma vengono addirittura stampati e diffusi nei bar di Gorizia, che non è certo una metropoli anzi è una città piccola, con tutte le dinamiche sociali del caso. Soprattutto quando girano post e pubblicazioni dove vieni dipinta come una “zecca ninfomane”. In seguito alla sua relazione con il sindaco – e poi consigliere regionale – della Lega escono vignette dove una caricatura della Cecot passa dal manganello afgano dello Ius Soli a quello verde della Lega. E la vignetta mette bene in chiaro cosa sia il manganello. In altre vignette si allude chiaramente al suo stato di salute, con una bella siringona piantata nel fondoschiena, un po’ dildo un po’ medicina.

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Anche la fine della sua relazione con Antonio Calligaris non ha messo fine agli attacchi di quelli che definisce “haters”. Nell’occasione un giornalista satirico locale dedicò alla notizia di dubbio interesse pubblico un post dal titolo “il salto della passera” dove l’ex assessore provinciale viene definita “psicoCecot” raccontando che la Cecot «si sentiva già per amor immolata sull’altare matrimoniale leghista con la Reversibilità dei ca.10.000 € regionali». Insomma se prima lo faceva per i piaceri della carne dopo il movente sono i denari. Lei le cose le racconta in maniera diversa: «Piangevo a dirotto, mi sentivo braccata, osservata, giudicata, derisa. Insomma un massacro psicologico durato mesi, poi, poi sono crollata , sono crollata quanto anche il mio compagno mi ha girato le spalle». Ora però ha deciso di reagire e denunciare per stalking coloro che in questi anni hanno alimentato il fuoco dell’odio e degli insulti.

Leggi sull’argomento: Così la Lega di Salvini sta per perdere la maggioranza in Molise

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