Il sequestro di cellulari e pc di Tiziano Renzi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-10-09

Nuova inchiesta per traffico di influenze: la tesi accusatoria è che il padre dell’ex premier facesse il lobbista approfittando della posizione del figlio

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Oggi La Verità di Maurizio Belpietro annuncia festosa in un articolo di Giacomo Amadori che sono stati sequestrati personal computer e cellulare di Tiziano Renzi nell’ambito di una nuova inchiesta per traffico di influenze illecite. La tesi accusatoria è che il padre dell’ex premier facesse il lobbista approfittando della posizione del figlio:

Il procuratore aggiunto Luca Turco e la pm Christine von Borries (la stessa che ha rappresentato l’accusa nel processo di due giorni fa) il 3 ottobre scorso hanno spedito la guardia di finanza a Rignano sull’Arno, in frazione Torri, a sequestrare il computer, i cellulari (più di uno) e diverse pen drive nella villa di Tiziano Renzi nell’ambito del procedimento 3103/19, svelato da Panorama la scorsa primavera, per traffico di influenze illecite, «delitto» che sarebbe stato commesso «in Firenze dal 2015 ad oggi» e per cui il babbo è indagato insieme con Dagostino.

Ieri pomeriggio la Procura ha incaricato il consulente Vincenzo D’Abbundo dell’accertamento tecnico non ripetibile (consistente nell’effettuazione della copia informatica dei beni sequestrata a casa Renzi). Presenti anche i difensori di Renzi senior, Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini, i quali erano stati avvisati dell’inizio delle operazioni e della facoltà di nominare propri consulenti. Nel decreto di nomina la pm von Borries aveva sottolineato «l’urgenza di provvedere attesa la possibilità di modificazione dello stato di fatto e la necessità di restituire i beni all’indagato».

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Sembra che sui cellulari non siano state cancellate molte chat effettuate con applicazioni che garantiscono comunicazioni al riparo da intercettazioni come Telegram, Signal, ma anche Whatsapp, e in cui, sentendosi al sicuro, gli utenti affrontano anche argomenti sensibili:

Tra i difensori nei giorni scorsi serpeggiava l’agitazione, anche perché sembra che per la scarsa dimestichezza con la tecnologia il babbo abbia lasciato sui suoi apparati elettronici traccia di diverse comunicazioni riservate, di lavoro e private, comprese quelle riguardanti le sue vicissitudini giudiziarie. L’iniziativa ha preso alla sprovvista Renzi senior e i suoi legali, visto che né la Procura di Roma (inchiesta Consip), né quella di Firenze sino a oggi avevano avuto l’ardire di sottoporre il babbo dell’ex premier a un’attività tanto invasiva.

Neppure lo scorso 18 febbraio quando Tiziano e signora vennero arrestati con l’accusa di concorso in bancarotta. I magistrati capitolini avevano sempre giustificato la mancata perquisizione (richiesta dai carabinieri del Noe) con il fatto che sarebbe stata inutile, a causa di precedenti fughe di notizie sull’indagine. l colleghi di Firenze hanno fatto una valutazione diversa, forse considerando che le attuali tecnologie consentono il recupero di chat e file eliminati. La perquisizione del 3 ottobre è arrivata alla vigilia della sentenza nel processo per false fatturazioni. Il collegamento tra i due procedimenti è stato evocato dalla pm in aula due giorni fa ed era stato anticipato da un articolo della Verità del gennaio scorso che metteva in relazione una delle fatture pagate dall’imprenditore Luigi Dagostino (quella da 24.400 euro) alla Party Srl e alla Eventi 6 con l’incontro a Palazzo Chigi tra l’allora sottosegretario Luca Lotti e il pm Antonio Savasta, arrestato a gennaio per corruzione in atti giudiziari e in attesa di giudizio (con rito abbreviato) anche per quell’episodio.

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