Economia

Il Romanzo Criminale delle Coop rosse

Alessandro D'Amato 30/03/2015

Oltre alla vicenda di Ischia che ha portato all’arresto del sindaco PD, le vicende giudiziarie degli ultimi anni svelano intrecci sempre più stretti tra le cooperative e la politica. Nel mirino sempre le opere pubbliche, grandi o piccole. E i legami sono sempre gli stessi

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L’ultima arrivata è quella di Ischia. Al centro dell’inchiesta della Procura di Napoli sono finiti gli appalti della storica coop modenese Cpl Concordia. In particolare i lavori per la metanizzazione dell’Isola e più in generale per la realizzazione di impianti energetici anche nel territorio della provincia di Napoli e della Campania. Complessivamente sono otto le persone arrestate, tra cui il sindaco di Ischia Giosi Ferrandino e alcuni dirigenti del colosso delle cooperative Cpl Concordia. Un’altra persona è finita ai domiciliari, si tratta di Silvano Arcamone, 45 anni, dirigente dell’Ufficio tecnico di Ischia. Mentre altri due indagati sono stati raggiunti da un provvedimento di obbligo di residenza. Secondo i pm, che indagano dalla primavera del 2013, la coop Cpl Concordia avrebbe costituito fondi neri in Tunisia, utilizzati per pagare tangenti ai pubblici ufficiali per aggiudicarsi appalti pubblici.
 
TUTTE LE COOP ROSSE NEI GUAI PER TANGENTI
La CPL Concordia, con sede a Concordia sulla Secchia, nel Modenese – al centro dell’inchiesta della procura di Napoli sulle presunte tangenti per la metanizzazione dell’isola d’Ischia – è una cooperativa storica, nata nel 1899. Negli atti dell’inchiesta viene definita una tra le più antiche cosiddette ‘cooperative rosse’. Opera a livello internazionale, con 1.800 addetti e 70 società controllate e collegate in tutto il mondo e un fatturato consolidato di 461 milioni nel 2014. Si tratta di un gruppo cooperativo cosiddetto ‘multiutility’ che si occupa di energia in tutti i suoi aspetti: dall’approvvigionamento e distribuzione alla vendita e contabilizzazione di gas ed elettricità, alla produzione mediante sistemi tradizionali o impianti rinnovabili. L’attuale presidente è Mario Guarnieri. Il precedente, Roberto Casari, arrestato stamani, era andato in pensione il 30 gennaio scorso. Ed è soltanto l’ultima a finire implicata nel cosiddetto intreccio perverso con la politica che ha visto i destini giudiziari di tanti dirigenti accusati di corruzione e concussione incrociati con quello di tanti uomini del Partito Democratico. L’ultima a finire nell’immaginario collettivo è la Cooperativa 29 giugno che faceva capo a Salvatore Buzzi, finita nell’inchiesta di Mafia Capitale, in uno scandalo che venne sintetizzato nella foto che vedete qui sotto. Tra gli ospiti c’è Gianni Alemanno (girato di spalle), Franco Panzironi, ex capo dell’AMA e l’assessore alla Casa della giunta Marino Daniele Ozzimo, oltre a Umberto Marroni, che oggi è onorevole PD; seduto a un tavolo sullo sfondo si vede un uomo con una felpa azzurra e la scritta “Italia”: è un affiliato al clan Casamonica, all’epoca in semilibertà. E soprattutto c’è l’attuale ministro del Lavoro Raffaele Poletti, che all’epoca era presidente della Legacoop, la lega delle cooperative di sinistra a cui aderiva la 29 giugno. Diceva lo stesso Buzzi: «La cooperativa campa di politica, perché il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena,pago manifesti, lunedì c’ho una cena da ventimila euro pensa…questo è il momento che paghi di più perché stanno le elezioni comunali,poi per cinque anni… poi paghi soltanto… mentre i miei poi non li paghi più poi quell’altri li paghi sempre a percentuale su quello che te fanno. Questo è il momento che pago di più… le comunali, noi spendiamo un sacco di soldi sul Comune». Un sacco di soldi, già.

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La foto di Poletti e Buzzi a cena alla Cooperativa 29 giugno pubblicata da L’Espresso


Buzzi è uomo di sinistra con tante relazioni e conoscenze tra PD e SEL. Per questo aveva molto da fare subito dopo il voto.

«Me li sto a compra’tutti», dal presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti all’assessore alla Casa Daniele Ozzimo, entrambi indagati per corruzione (e ieri dimessi). Pronto a parlare d’appalti con Mattia Stella, capo segreteria dell’attuale sindaco, e col vice vendoliano Luigi Nieri, tramite il quale «prendere le misure a Marino». Persino di condizionare le nomine nei posti chiave della macchina comunale: a cominciare da quella di Italo Walter Politano al segretariato generale, responsabile dell’anticorruzione. È il 14 giugno 2013, cinque giorni dopo il cambio della guardia in Campidoglio,quando Buzzi chiama Carminati per aggiornarlo sui suoi rapporti con i nuovi inquilini del palazzo: «Sono in giro per i dipartimenti a saluta’ le persone», dice. «Devi vendere il prodotto amico mio, eh. Bisogna fare come le puttane adesso, mettiti la minigonna e vai batte co’ questi», lo incalza l’ex Nar.

La preoccupazione è di trovarsi fra i piedi gente poco disponibile:

«Noi i nostri desideratili abbiamo espressi, poi se saremo accontentati…», sospira Buzzi, millantando di avere già arruolato «sei» assessori compiacenti: «La scuderia è pronta», afferma,«e poi si cavalcherà», replica Carminati. Un autentico teorico della contaminazione tra il mondo di mezzo (loro )e il sopramondo (politici e funzionari): nella conversazione intercettata il 20 giugno con il conduttore radio Mario Corsi, il “guercio” spiega come occorresse andare a «bussacchiare» agli uffici del Comune per accreditarsi con i neoeletti e garantirsi gli appalti: «Gli si dice adesso che cazzo… ora che abbiamo fatto questa cosa, che progetti c’avete? Teneteci presenti per i progetti che c’avete, che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare, che te serve il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo… ecco, te lo faccio io perché se poi vengo a sape’ che te lo fa un altro, capito? Allora è una cosa sgradevole…». (La Repubblica, 3 dicembre 2014)

E non finisce qui. Tra le persone utili Buzzi pesca anche Franco Figurelli, caposegreteria di Mirko Coratti, stipendiato con mille euro al mese. Lo stesso Coratti è accusato di aver intascato una tangente da 150mila euro.
 

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Coop rosse, coop bianche: i numeri di Legacoop (La Repubblica, 12 dicembre 2014)


LA STORIA CRIMINALE DELLE COOP
Ma la storia criminale delle cooperative affonda le sue radici in Mani Pulite. Tra 1992 e 1994 i magistrati del pool che lavorano sulle entrature del PCI a Milano trovano collegamenti con l’ala migliorista alleata con il PSI di Craxi, ma per gli appalti dell’ENEL finisce condannato in via definitiva Primo Greganti. Ed è proprio lui l’anello di collegamento con un’altra indagine sulle cooperative: quella sull’Expo di Milano, quando le microspie della procura indagano e trovano l’ex compagno G in associazione con Gianstefano Frigerio e con Enrico Maltauro, che confessa di essersi associato alla Manutencoop o alla Cefla di Imola per coprirsi a sinistra. Le inchieste in questo caso non accertano regali o regalini al Partito Democratico, né ad altri. Anche la CMC di Ravenna finisce nell’inchiesta del porto di Molfetta insieme all’ex sindaco Antonio Azzolini: un voto in parlamento nega l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni, anche il PD vota contro. La procura di Monza ha invece messo sotto inchiesta il Consorzio Cooperative Costruzioni (CCC) un colosso di 240 imprese con 20mila dipendenti e sede a Bologna, per l’area dell’ex Falck. Il processo per Filippo Penati finisce con la prescizione. Infine c’è Venezia, che racconta Paolo Biondani su L’Espresso:
 

Anche a Venezia spuntano nuove piste investigative sul malaffare di sinistra. Piergiorgio Baita, l’ex manager della Mantovani spa, ne ha parlato per primo negli interrogatori-fiume in cui si giocava la scarcerazione e il futuro dell’azienda di cui era anche azionista. Il punto da chiarire era molto delicato: nel Consorzio Venezia Nuova (Cvn), la cabina di regia del Mose, hanno trovato posto le cooperative rosse venete, riunite nel Coveco, ma anche il colosso emiliano Ccc, rappresentato dal solito Omer Degli Esposti. Eppure a gestire tutti i traffici di fondi neri e tangenti, con soci del calibro di Mantovani, Condotte, Mazzi-Fincosit e altri signori degli appalti, sembrano essere solo i cooperatori veneti. Baita risponde ai pm rivelando che sul Mose sarebbe esistito «un accordo». ovviamente riservato, «tra le cooperative venete e quelle emiliane». Il verbale integrale sembra una lezione: «I consorzi di cooperative sono entità che dovrebbero coordinare tutte le cooperative associate», spiega Baita. «La prima finalità è di squisita matrice imprenditoriale: consentire a una cooperativa di utilizzare i requisiti di un’altra associata per partecipare a bandi di gara… Per questo ci sono consorzi di tipo nazionale o locale: il più grosso dei nazionali è il Ccc di Bologna, quelli locali sono il Coveco nel Veneto, l’Etruria in Toscana…».
Ed eccoci a Venezia: «Chi dovesse rappresentare le cooperative nel Cvn è stato oggetto di un aspro scontro tra il consorzio nazionale di Bologna e i locali del Coveco», dichiara Baita. Che precisa: «Il Coveco è storicamente un associato di Venezia Nuova, mentre il Ccc è entrato più recentemente». Quando? «Quando c’era Bargone ministro dei Lavori pubblici, che ne chiese l’inserimento nella compagine del Mose». Per l’esattezza Antonio Bargone è stato sottosegretario ai Lavori Pubblici nei governi Prodi, D’Alema e Amato dal 1996 al 2001; poi è diventato presidente di una società autostradale. Dopo il suo intervento, sempre secondo Baita, «all’interno del Cvn non si capiva più chi dovesse rappresentare le cooperative: se il rappresentante del Ccc di Bologna, Degli Esposti, o quello del Coveco: la mediazione fu favorita da Giovanni Mazzacurati». Il presidente-padrone del Cvn, conclude Baita, decise di lasciare un veneto, Pio Savioli, in grado di «fare da equilibrio tra i due consorzi e le varie parti politiche che rappresentano, perchè il Coveco faceva riferimento a una certa sfera di sinistra e il Ccc a un’altra». Un gran bel patto tra affari e politica: per una sinistra serenissima.

Mentre nelle indagini ancora non concluse del sistema Incalza spuntano interessi anche sulla Metro C. Una storia criminale che sembra infinita, mentre gli intrecci con la politica sono sempre più visibili. Oggi dalle investigazioni su Ischia è emerso che Cpl Concordia, per poter realizzare i lavori utili per portare il metano sull’isola di Ischia, aveva provveduto a dare al sindaco Giuseppe Ferrandino e ai suoi familiari una serie di utilità. Tra queste la stipula di due fittizie convenzioni, per gli anni 2013 e 2014, con l’hotel Le Querce di Ischia, albergo di proprietà della famiglia del primo cittadino. Accordi sottoscritti dal presidente della Cpl Roberto Casari e da Giovanni Giuseppe Ferrandino, padre del sindaco. Convenzioni che prevedevano l’impegno da parte della cooperativa ad erogare circa 165mila euro per ciascun anno, alla società alberghiera in cambio dell’impegno di “mantenere a disposizione” dei dipendenti della Cpl che avessero voluto usufruirne, sette camere di albergo per il periodo estivo e per il Capodanno. L’accordo, secondo quanto rende noto la Procura, prevedeva anche l’assunzione, da parte della Cpl Concordia, di Massimo Ferrandino, fratello del sindaco di Ischia, quale consulente della società nonché l’assunzione di numerose altre persone presso la stessa Cpl e «l’espressa indicazione ai dirigenti della cooperativa di un giornale locale sul quale avrebbe dovuto fare la pubblicità». Al centro delle indagini anche il pagamento di un viaggio in Tunisia, spesato dalla Cpl per conto del sindaco Ferrandino. «Non direi che le cooperative sono in tutti gli scandali», sostiene invece il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti, ai cronisti che gli chiedono un commento sull’arresto, per corruzione, del sindaco di Ischia Giosi Ferrandino, in quota al Pd, insieme ai dirigenti della Cpl Concordia, gruppo cooperativo multiutility. «Io ho appena avuto notizia di questa situazione», continua il ministro, a margine di un convegno: «Credo che si debba ribadire che le responsabilità che ci sono vanno valutate dalla magistratura», sottolinea Poletti «e se ci sono delle persone che hanno fatto delle cose sbagliate e’ giusto che paghino, secondo la legge del nostro Paese», conclude.

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