Il piano Capricorn e le privatizzazioni per 18 miliardi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-09

Il trasferimento alla stessa Cassa delle restanti partecipazioni detenute dal ministero dell’Economia: operazione strategica, capace di ricostruire qualcosa di simile alle vecchie partecipazioni statali, più che finanziaria

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Una volta andava di moda l’era dell’Aquarius. Adesso è la volta del piano Capricorn. L’anno scorso il governo Lega-M5S aveva promesso a Bruxelles privatizzazioni per 20 miliardi di euro per far tornare i conti della Legge di Bilancio: andavano incassati entro il 2019.  A oggi, 9 settembre, non è stato incassato neppure un euro, né si ha notizia di un collocamento sul mercato di qualche impresa pubblica. Come si risolve la questione? Lo spiega oggi Sergio Rizzo su Repubblica:

La via d’uscita? Lo schema messo a punto dall’amministratore delegato della Cassa Depositi e Prestiti Fabrizio Palermo, conosciuto come “Piano Capricorn”. Ossia il trasferimento alla stessa Cassa delle restanti partecipazioni detenute dal ministero dell’Economia: operazione strategica, capace di ricostruire qualcosa di simile alle vecchie partecipazioni statali, più che finanziaria. Dunque controversa. Ma le esigenze del momento potrebbero far passare in secondo piano anche le più grosse perplessità. Perfino quelle, prevedibili, della Commissione europea. La Cassa è controllata dallo Stato, ma al suo capitale partecipano pure le fondazioni bancarie, enti privatistici: ma è piuttosto ardito sostenere per questo semplice dettaglio che la cessione di un’azienda pubblica alla Cassa sia una privatizzazione con tutti i crismi.

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Le privatizzazioni e il piano Capricorn (La Repubblica, 9 settembre 2019)

Vero è che il clima dei rapporti fra l’Ue e il governo italiano è ora profondamente cambiato, ed è un dettaglio che potrebbe cambiare tutto. Le incognite circa la benevolenza europea, tuttavia, sono forse il problema minore. Parla chiaro la lista delle partecipazioni in società quotate che il Tesoro ha tuttora in pancia in rapporto alla loro capitalizzazione di Borsa. Fra Eni, Leonardo, Poste italiane, Enav e Montepaschi si arriva a malapena a una dozzina di miliardi. Non bastano. Ci sarebbe sempre il 23,59% dell’Enel, che vale ai prezzi di venerdì scorso una quindicina di miliardi. Ma già diversi anni fa l’Antitrust impose alla Cassa di liberarsi del 10% della società elettrica giudicando incompatibile la partecipazione nell’Enel e in Terna.

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