Il clamoroso dissenso interno del PD sull'Italicum

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-05-04

Alla fine la legge viene approvata. Renzi incassa una vittoria importante. E la minoranza del partito rimane con la sconfitta più bruciante. La Ditta è fallita, meglio rendersene conto

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Alla fine il clamoroso dissenso interno nel Partito Democratico sull’Italicum non sfonda, e la legge elettorale voluta da Matteo Renzi incassa il sì della Camera ed esulta legittimamente su Twitter:  «Impegno mantenuto, promessa rispettata. L’Italia ha bisogno di chi non dice sempre no. Avanti, con umiltà e coraggio#lavoltabuona». Gli fa eco Maria Elena Boschi: «Abbiamo mantenuto l’impegno di una legge elettorale che dava la sera stessa del voto la certezza di chi ha vinto. La legge elettorale è il simbolo di un governo che fa sul serio le riforme». E della battaglia politica della minoranza PD rimangono soltanto macerie. Nemmeno lo scrutinio segreto ha cambiato qualcosa nell’area limitata del dissenso interno del partito. Che esce a pezzi, è vero, da questo vero, ma i pezzi che valgono li ha in mano Renzi. Il voto si chiude con 334 sì, 61 contrari e 4 astenuti
 
IL CLAMOROSO DISSENSO INTERNO DEL PD SULL’ITALICUM
“Se in 38 arrivano a non votare la fiducia, è chiaro che l’area del dissenso sull’Italicum è molto significativa”, dice l’ex capogruppo del Pd Roberto Speranza che però insiste sul “punto politico” emerso dalle votazioni sulla legge elettorale, e cioè che “stiamo cambiando l’architettura del Paese su un terreno molto stretto, con meno voti della sola maggioranza: è dall’inizio che lo dico a Renzi e su questo non ho ancora avuto risposta”.  Sandra Zampa e Franco Monaco, deputati del Partito Democratico, spiegano perché sono rimasti fuori nel voto finale: “Per dissenso sul merito: il premio alla lista e non alla coalizione puo’ fare comodo al Pd ma mette a rischio il bipolarismo senza risolvere il problema della stabilità. Ne sortiranno listoni precari o ‘partiti pigliatutti’ che solo occultano le differenze nel passaggio elettorale. E per dissenso sul metodo: lo strappo del voto di fiducia su materia eminentemente parlamentare. Un azzardo, un grave precedente. Sul principio scolpito nella tesi n. 1 dell’Ulivo secondo il quale ‘le regole si scrivono insieme’ noi non abbiamo cambiato opinione”.  Oltre ai 60 voti contrari (i no sono stati 61 ma 1 è Saverio Romano di Fi), espressi nelle fila della maggioranza, nel Pd, a quanto emerge dai tabulati, alcuni esponenti hanno deciso di astenersi e altri della minoranza non hanno partecipato al voto. Si sono astenuti Marilena Fabbri, che era scoppiata in lacrime dopo aver votato la fiducia, Antonella Incerti e Donata Lenzi. Non hanno invece partecipato al voto, oltre ai due prodiani Sandra Zampa e Franco Monaco e i bersaniani Michela Marzano, Giacomo Portas, Davide Zoggia.

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Come funziona l’Italicum (Corriere della Sera, 17 aprile 2015)

I VOTI CONTRARI
“I 60 voti contrari non sono tutti del Pd e comunque non è un elemento che allarma. Oggi abbiamo portato a casa uno dei passaggi più difficili della legislatura e si dimostra la volontà forte di andare avanti”, dice invece il vicesegretario dem Lorenzo Guerini analizza il voto, ribadendo che nel Partito “c’è da lavorare ancora perché da tutti ci sia un atteggiamento di responsabilità” In ogni caso, sostiene Guerini riferendosi ai numeri al Senato, “escludo che qualcuno voglia mettere in difficoltà il governo”. Esulta invece Scelta Civica: “l voto di oggi dimostra che se la minoranza PD si mette di traverso, senza Scelta Civica la maggioranza alla Camera non c’è. E’ un dato politico di assoluta rilevanza in vista dei futuri interventi di politica economica e di rinnovamento della nostra Pubblica Amministrazione”.
 

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